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La geopolitica sta cambiando il mondo e anche l’Europa può trarne vantaggio | L’analisi di Anna Rosenberg, head of geopolitics Amundi

In tempi in cui i rischi geopolitici sono in aumento, la tentazione di cedere al pessimismo è forte per gli investitori.

I rischi politici sono elevati e la posta in gioco è alta.

Tuttavia gli sviluppi geopolitici non devono essere presi in considerazione solo in un’ottica di mitigazione del rischio.

Ci sono anche delle opportunità da individuare.

La riconfigurazione delle dinamiche globali rafforza anche le prospettive di alcune nazioni e settori.

Tale dinamica non è circoscritta ad alcuni Paesi del cosiddetto Sud globale, ma riguarda anche l’Occidente.

Se da un lato prevediamo che il 2024 sarà un anno di maggiori tensioni tra gli Stati e di crescente protezionismo, dall’altro i Paesi al centro delle nuove rotte di approvvigionamento ne trarranno vantaggio, al pari di quelli ricchi di risorse naturali.

Sebbene sia chiaro che dovrà affrontare molti venti contrari dovuti ai cambiamenti geopolitici, l’Europa beneficerà anche del fatto di trovarsi nel crocevia delle tensioni tra Stati Uniti e Cina.

Nonostante la retorica falco, potremmo assistere a un aumento degli investimenti cinesi in Europa perché offre a Pechino un contesto per gli investimenti relativamente migliore rispetto agli Stati Uniti.

Inoltre l’Ue non sarà completamente allineata con la posizione degli Stati Uniti sulla Cina.

La posta in gioco per la sua economia è troppo elevata.

L’Inflation Reduction Act ha aumentato anche la concorrenza commerciale tra Usa e Ue in vari settori.

Dal 2016 i dati mostrano con chiarezza il percorso della Cina per allentare il legame con gli Stati Uniti.

Sebbene non si sia ancora assistito a un aumento significativo degli investimenti cinesi in Europa, soprattutto a causa degli effetti prolungati della politica zero Covid cinese, il quadro sta iniziando a cambiare.

Gli investimenti cinesi in Europa stanno crescendo, in particolare in settori strategici come la produzione di batterie e di veicoli elettrici.

Gli investimenti cinesi cosiddetti greenfield in Europa hanno superato le operazioni di m&a per la prima volta in 20 anni, raggiungendo i 4,5 miliardi di euro (che rappresentano oltre la metà dei suoi investimenti totali).

Le aziende cinesi, anche a causa delle crescenti pressioni politiche rivolte alle importazioni di veicoli elettrici cinesi, stanno iniziando a investire nella localizzazione della produzione in Europa per beneficiare della rapida crescita di mercati ancora agli albori e per evitare che i politici rendano più difficile l’accesso ai mercati europei.

Sebbene le motivazioni della Cina siano certamente di natura economica, in ultima analisi, ciò conduce alla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore manifatturiero in Europa e consentirà all’Ue di accelerare la transizione ecologica fornendo batterie e veicoli elettrici più economici e in maniera più rapida.

La presenza di una parte della catena di produzione in loco offre inoltre ai Paesi europei un maggiore controllo.

Per quanto riguarda il Sud globale, sta emergendo un ampio gruppo di vincitori grazie ai cambiamenti geopolitici in corso.

Ci sono i Paesi che traggono vantaggio della necessità di diversificare dalla Cina e dalla Russia, ma anche paesi che beneficiano del fatto che la Cina deve diversificare dagli Stati Uniti.

Si tratta di Paesi al centro delle nuove rotte delle catene di approvvigionamento, ma anche di paesi ricchi di risorse naturali.

Malesia e Vietnam stanno emergendo come importanti scali per il reindirizzamento dei trasporti marittimi, mentre il settore automobilistico del Marocco ha tratto vantaggio dalla diversificazione legata alla guerra in Ucraina.

La Cina sta investendo in Marocco e Messico per servire meglio i mercati occidentali.

Anche il Giappone e la Corea del Sud, grazie alla loro vicinanza geografica alla Cina e ai loro settori tecnologici avanzati, stanno ottenendo beneficio da alcuni disinvestimenti dalla Cina.

I Paesi ricchi di risorse naturali stanno sfruttando al meglio la situazione, non solo cercando di aumentare le esportazioni e di trovare nuove destinazioni per l’export, ma anche accrescendo la loro posizione nella catena del valore, passando dall’essere prevalentemente esportatori di materie prime a produttori di beni intermedi.

Per esempio, l’Indonesia ha vietato le esportazioni di nichel grezzo, invitando gli acquirenti stranieri a investire in fonderie locali per lavorare i materiali prima dell’esportazione.

Misure simili sono allo studio per la bauxite e il cobalto.

L’obiettivo è posizionare il Paese un paio di gradini più in alto nella catena del valore.

Poi ci sono i Paesi che aumentano la propria influenza a livello globale, affermandosi come nuovi poli in un mondo sempre più multipolare.

Per esempio, l’India sta beneficiando di una grande quantità di nuovi accordi con gli Stati Uniti nei settori della tecnologia e dell’energia verde, ben sapendo che come nuovo partner prioritario degli Stati Uniti in Asia può chiedere molto.

In sintesi, il riallineamento geopolitico comporta sì dei rischi, ma non è del tutto negativo.

In qualità di investitori, dobbiamo individuare e saper cogliere gli aspetti positivi della geopolitica.

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