Cominciano ad emergere anche le sfaccettature giuridiche di questo periodo di emergenza sanitaria. La domanda che più ci si pone è: se alla riapertura una persona si ammala sul posto di lavoro? La risposta arriva in prima battuta dall’Inail. “L’imprenditore che applica alla lettera i protocolli di sicurezza non deve rischiare un processo penale se il proprio dipendente è stato contagiato dal Covid-19 sul luogo di lavoro”.
Ora, Maurizio Stirpe, ivicepresidente con delega per il lavoro e le relazioni industriali di Confindustria, ha anche ricevuto un segnale di apertura in questo senso da parte della ministra Nunzia Catalfo, che nei prossimi giorni ha annunciato un confronto con le parti sociali per delineare lle varie interpretazioni delle linee guida per la Fase 2.
Tornando a Inail, “il datore di lavoro risponde penalmente e civilmente delle infezioni di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa. È utile precisare – afferma l’Inail – che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro. Le responsabilità, dunque, devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail – conclude l’istituto – quindi il riconoscimento dell’infortunio “non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, neanche in sede civile tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa per aver causato l’evento dannoso”.
Cgil ha commentato la posizione dell’Inail. “Riteniamo utile il chiarimento che riprende e riafferma i corretti profili di responsabilità nel contesto dell’epidemia da Covid-19, ma che erano già presenti e ben consolidati nel nostro ordinamento civile e penale e nel Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – ha dichiarato il segretario confederale Rossana Dettori – vogliamo però ribadire come per quanto riguarda le tutele e le prestazioni previste per i lavoratori siamo ancora di fronte a rilievi problematici molto preoccupanti. Abbiamo letto con qualche sorpresa l’intervista rilasciata nelle scorse ore dal presidente Franco Bettoni, nella quale affermava come per riconoscere l’infortunio in caso di contagio del virus l’Inail richiedesse una documentazione molto precisa dell’occasione e della modalità del contagio”.
Una contraddizione, secondo la Cgil, di una precedente circolare che “assegnava il meccanismo di presunzione semplice, cioè un riconoscimento pressochè automatico – conclude Dettori – a lavoratori dei settori cosiddetti essenziali che hanno continuato a fare il loro dovere e che nulla diceva in merito a tutti i contagi nelle aziende derogate dai prefetti e nei settori non esplicitamente citati in quel documento”.
Ha detto la sua anche il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra. “La comunicazione Inail sgombra il campo da ogni ambiguità rispetto alle comprensibili preoccupazioni di Confindustria sulle eventuali responsabilità connesse al contagio Covid-19. La legge prevede che il datore di lavoro risponda civilmente o penalmente solo in caso di dolo o colpa dimostrati. L’indennizzo o il procedimento scattano solo in caso venga comprovato il nesso con l’eventuale negligenza dell’impresa rispetto alla concreta applicazione della norma e dei protocolli su salute e sicurezza. Un principio sacrosanto, che tutela le aziende in linea con le regole e che sono oggi la quasi totalità. Parliamo – continua – di aziende che potrebbero subire la concorrenza sleale delle poche imprese, che invece non rispettano le norme, mettendo a rischio la salute delle persone. Le parti sociali hanno dato prova di assoluta responsabilità concertando misure importanti per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro con i protocolli per il contenimento della pandemia. I contenuti delle intese sottoscritte – ha concluso – vanno rigorosamente attuate e applicate nelle aziende per fare dei luoghi di lavoro le realtà più sicure”.
Parola anche alla UIL. “La precisazione dell’Inail è “importante – ha detto il segretario confederale Silvana Roseto – perché dissipa i dubbi e smorza le polemiche: l’indennizzo non ha affatto un intento persecutorio del datore di lavoro, quanto piuttosto di garanzia e di tutela del lavoratore. Lo spirito deve essere quello della collaborazione e della responsabilità. Le aziende devono adottare tutte le misure di sicurezza previste. Peraltro – ha concluso – il protocollo di marzo, integrato ad aprile, prevede che la mancata attuazione di quelle misure comporti la sospensione dell’attività, proprio per consentire il necessario adeguamento”.








