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Il trumpismo in Europa non ha presa | L’analisi di Claudio Cerasa

Il trumpismo in America va ancora forte, nonostante tutto, osserva sul Foglio Claudio Cerasa, ma il trumpismo in Europa sta conquistando o no i cuori degli elettori che esattamente un anno fa avevano osservato con grande speranza la nuova ascesa al potere di Donald Trump.

Sono passati dodici mesi da quel giorno di novembre, il 5, che ha incoronato Trump per la seconda volta presidente degli Stati Uniti.

E un anno dopo il trionfo trumpiano, si può dire, senza paura di essere smentiti, che il contagio europeo, almeno per il momento, semplicemente non vi è stato.

Dal novembre del 2024 a oggi in Europa vi sono state elezioni importanti.

E nella stragrande maggioranza dei casi il vecchio europeismo ha mostrato una vitalità infinitamente superiore al trumpismo di ritorno.

Gideon Rachman, commentatore del Financial Times, ieri ha ricordato che i risultati delle elezioni degli ultimi mesi in Europa suggeriscono che la “marcia inarrestabile” dei populisti è un mito.

Spesso perdono, lo abbiamo visto, a volte vincono senza riuscire ad arrivare al governo e quando vincono, se non cambiano, faticano a governare.

Quel che dunque abbiamo visto nel primo anno di trumpismo, in Europa, almeno a livello politico, ci mostra un quadro chiaro: l’effetto dell’ondata trumpiana è stato l’opposto di quello che i trumpiani un anno fa potevano immaginare in Europa.

I partiti più vicini a Trump (AfD) non sono arrivati al governo.

I primi ministri in teoria più vicini a Trump (Meloni) hanno dovuto trovare metodi creativi per essere sostenitori di Trump senza essere euroscettici.

I capi di governo più allineati a Trump (Orbán) sono isolati in Europa.

E i politici che in teoria potrebbero incarnare più degli altri la spinta del trumpismo nei propri Paesi (come il lepenismo in Francia, con tutte le sue diramazioni) stanno cercando di non legarsi al carro del trumpismo per provare a dimostrare di essere diversi dal populismo.

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