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Il ruolo dell’ex premier Draghi e i progetti per l’Unione (ignorati da tutti) | L’analisi di Angelo De Mattia

L’incontro svoltosi a Milano tra l’ex premier Mario Draghi e gli esponenti di principali imprese e organizzazioni riconducibili all’European Round Table of Industry, di cui ha scritto il giorno prima Roberto Sommella anticipando una radiografia delle ragioni espresse e forse inespresse dell’incontro, farà ancora scrivere e parlare.

La motivazione immediata è la preparazione in corso del Rapporto sulla competitività dell’industria europea, come da incarico conferitogli dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Ma nel caso specifico si tratta di Draghi per cui può non apparire sufficiente questa sola motivazione.

Ora comincia a diffondersi, e ne ha scritto pure Sommella, l’ipotesi che, profilandosi le probabili dimissioni del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel (che si candiderebbe alle prossime elezioni nell’area) e intendendosi evitare che il successore, come prevedono le vigenti norme, sia il presidente ungherese Viktor Orban – che in tale carica rappresenterebbe quasi la personificazione di un ossimoro – sia opportuna una revisione normativa e, in tale quadro, emergerebbe la candidatura Draghi.

Essa fin qui si potrebbe ritenere, almeno così appare, inaudita altera parte o, meglio, secondo alcuni, come una proposta nel disinteresse o, addirittura, nella contrarietà del presunto candidato.

Naturalmente, si sa come poi vicende del genere si sviluppano.

Questo tipo di studi europei è comunque promettente di passaggi a cariche istituzionali.

Ricordo che Carlo Azeglio Ciampi, in quel tempo governatore onorario della Banca d’Italia trasferitosi all’Ente Einaudi di cui era vice presidente, ebbe dalla Commissione Ue un incarico, pure esso sulla competitività con la stesura di un Rapporto, che assolse con il contributo di alcuni economisti molto stimati, fa i quali Fabrizio Onida.

Ciò avvenne senza alcun clamore e senza enfatizzazione alcuna dell’incarico.

Pochissimi ne seppero.

Quando volgeva al termine la redazione dello studio, a Ciampi fu chiesto di partecipare al primo Governo Prodi – la cui maggioranza si era affermata nelle elezioni del 1996 – quale Ministro del Tesoro, carica che accolse, verosimilmente con la condivisione, pur nella sua ferma autonomia di pensiero e decisionale, del programma che si era affermato.

Ricordo che ebbi modo di incontrarlo all’Ente Einaudi; era completamente concentrato nella stesura del Rapporto mentre mancavano pochissimi giorni alla formazione dell’elenco dei ministri che sarebbe stato sottoposto al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Ciampi non era stato ancora coinvolto con una esplicita proposta per la carica.

Il fuge rumores, introiettato nei 45 anni circa di Banca d’Italia, era una sua precisa linea di condotta insieme con la distanza da ogni sopravvalutazione del proprio lavoro.

Bisogna evitare, egli diceva da laureato alla Normale anche in lettere classiche, l’invidia degli dei.

Quanto all’attualità, è ovvio che le prossime elezioni europee non possono considerarsi un procedimento il cui risultato può essere in parte accantonato in occasione della successiva formazione degli organi, in particolare per le cariche apicali.

Nessuno potrebbe mettere in discussione il valore di Draghi e la sua sicura, diffusa credibilità.

Dall’altro lato, però, vi è un passaggio elettorale che non può essere trascurato.

Già si registrano preparazioni al voto tutte in chiave nazionale.

Finora non si è ascoltata una sola parola di un abbozzo di programma per quel che dovrà essere l’Unione nei prossimi anni.

Le votazioni, almeno per ora, appaiono sempre più come concepite per misurare il consenso interno, così esplicitato dalla stessa presidente Giorgia Meloni.

Alla fin fine, di questo passo si rischia di essere chiamati a votare per un’elezione bis di quella italiana del 2022.

Se a ciò si aggiungesse che anche la formazione delle principali cariche potrà prescindere da impegni diretti nella battaglia elettorale, o comunque da una condivisione di questo o quel programma elettorale, allora ci si incamminerebbe verso votazioni con riserva mentale.

Salvo, poi, pochi giorni dopo i risultati, cominciare ad elencare tutto ciò che non va nell’Unione e nell’Eurozona.

immaginabile che possa senz’altro esservi un aggiustamento di linea.

Ma ciò richiederà atti concreti e scelte lungimiranti proposte per i contenuti prima ancora che per le persone, non esistendo uomini della provvidenza.

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