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Il risparmio accumulato nella pandemia sostiene consumi e investimenti | L’analisi di Sergio De Nardis

“Lo shock energetico avrebbe avuto effetti recessivi ben più forti di quelli verificatisi se non fosse stato preceduto dalla pandemia. Questa si è accompagnata alla formazione di un ampio buffer di liquidità presso le imprese e le famiglie che ha consentito di tamponare gli impatti dei rincari sui redditi reali, sostenendo più dell’atteso sia investimenti che consumi”.

Lo sostiene l’economista Sergio De Nardis.

“L’ingente riserva di disponibilità liquide accumulate dall’inizio del 2020 ha così finito col costituire l’iceberg contro cui sono andati a sbattere lo scorso anno i previsori, che stimavano – dopo l’impennata del gas e sulla base delle esperienze degli shock energetici pregressi – andamenti peggiori di quelli osservati, soprattutto per quanto riguarda l’Italia. Un’economia che, grazie alla specializzazione turistica, ha potuto beneficiare anche del sostegno derivante dalle riserve liquide messe da parte negli altri paesi. Il punto interrogativo per il 2023 è se questo iceberg possa considerarsi disciolto” spiega in una analisi per il magazine digitale Inpiu.net.

“L’Istat segnala che la propensione al risparmio delle famiglie è diminuita marcatamente nel IV trimestre del 2022 (al 5,3% del reddito disponibile), collocandosi ancora sotto il livello pre-pandemia (8%). I consumi sono infatti scesi nell’ultima parte dell’anno, ma meno del potere d’acquisto. Il minor flusso di risparmio ha, però, solo marginalmente intaccato lo stock di risorse accantonate dai consumatori che a fine 2022 è stimabile nel 7-8% del Pil. L’iceberg è quindi ancora lì e occorre chiedersi, per non farsi sorprendere come nel 2022, cosa ne avverrà. In una piccola parte continuerà a essere eroso dall’inflazione: si tratta tuttavia di un effetto modesto.

Per una parte potrà trasformarsi in ricchezza illiquida. Ma, anche così, continuerà a sostenere i consumi, dovendo le famiglie destinare meno risorse alla costituzione del patrimonio desiderato. Per una parte probabilmente maggiore sarà ancora il bacino a cui attingere per finanziare le spese in servizi (tornati non a caso a espandersi nel I trimestre), fronteggiare gli effetti dei passati rincari energetici e finanche attutire l’impatto della stretta monetaria. La previsione sul 2023 è quindi incerta, ma, facendo tesoro di quel che è avvenuto lo scorso anno, occorre tener conto che i rischi, rispetto alle cifre attualmente in circolazione (0,4-0,7%), sono anche al rialzo. Grazie, si può dire, alla pandemia”.

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