Si è aperta ieri la “MF Italian Legal Week 2021”, organizzata da Class Editori, una serie di dibattiti che proseguirà fino a domani con esperti del diritto di livello e con figure del mondo dell’economia e delle imprese. Un evento che nasce proprio dallo scontro ideologico sul tema, che in Italia ha provocato la crisi di governo, così come sottolineato da Paolo Panerai: «Sulla giustizia è maturato il maggior attrito per l’ultimo governo. Noi non possiamo non occuparcene, perché il rapporto tra giustizia ed economia è imprescindibile».
Stesso concetto ribadito anche da Giovanni Pitruzzella, avvocato generale della Corte di Giustizia europea, che ha però evidenziato un altro punto: «Dobbiamo renderci conto che il sistema giuridico è al centro del Next Generation Eu, perché la riforma della giustizia è un nodo chiave del Recovery Fund. Ma in realtà parlo di riforma del sistema giuridico, perché sono tre le componenti: la riforma dell’amministrazione, la riforma delle modalità con cui si produce il diritto e la riforma della giustizia in sé. Ci sono i tempi di una giustizia troppo lenta ovviamente, ma c’è anche un problema di qualità della giustizia: oggi mancano la prevedibilità e la certezza del diritto, un problema cruciale per la crescita dell’economia, perché scoraggia gli investimenti soprattutto esteri».
A confermarlo è anche Denis Delespaul, presidente della Camera di commercio francese in Italia. «Lo dico con amore verso il Paese, ma la giustizia in Italia non funziona. Le imprese che vengono da fuori chiedono solo una cosa: poche regole, semplici e chiare».
Jörg Buck, consigliere delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica, invece è ancora più esplicito. «C’è un vero e proprio danno al sistema Paese: la lunghezza dei processi fa perdere all’Italia circa 2,5 punti pil, pari a circa 40 miliardi di euro. Tutto prodotto interno lordo in più se solo l’Italia riuscisse ad allinearsi ai tempi della giustizia di altri Paesi europei. Alcuni studi calcolano anche un aumento dell’occupazione del 3% con una giustizia più veloce. In sostanza, si tratta di usare l’occasione del Recovery Plan per accelerare la riforma della giustizia, affrontando problemi che sono endemici del sistema italiano. Questo non solo per migliorare il funzionamento del sistema giudiziario, ma anche la situazione economica».
I problemi che la riforma eventuale dovrebbe affrontare, secondo Pitruzzella, non possono essere trascurati. «Sono due i nodi da affrontare per riformare la giustizia: l’eccesso di contenziosi da una parte e la qualità della produzione normativa dall’altra. Non si può pensare di migliorare il sistema senza affrontare il problema dell’eccesso di contenziosi che c’è in Italia, ma bisogna farlo evitando di ideologizzare il dibattito, come invece si è fatto su un tema importante come quello della prescrizione. Bisogna rispettare lo spazio della discrezionalità amministrativa e la libertà economica dei privati, piuttosto che avere la presunzione di dover regolamentare qualsiasi aspetto della vita amministrativa ed economica».
D’accordo anche per Antonio Matonti, direttore Affari Legislativi di Confindustria, per cui «il problema in ambito civile sono i tempi e la qualità della giustizia e bisognerà concentrarsi bene su due ambiti: quello fiscale e quello concorsuale. Nel penale, invece, il tema principale sono le garanzie, perché abbiamo del tutto smarrito il senso della sanzione penale come extrema ratio, con effetti molto negativi nell’ambito della certezza del diritto». Senza trascurare gli aspetti normativi da riformare anche per quanto riguarda il penale. «Assistiamo a un inasprimento della risposta sanzionatoria, anche in fase cautelare, e restando al tema legato alle dinamiche di impresa, il rischio è quello di paralizzare o ledere in modo irreparabile l’attività di imprese magari oneste, alla prova dei fatti, sulla base di elementi probatori spesso precari o che si rivelano inconsistenti», ha concluso il direttore Affari Legislativi di Confindustria.








