Su Avvenire anche Andrea Lavazza commenta la vittoria di Zohran Mamdani, sottolineando come la cosa più facile da fare, a poche ore dal voto, sia sopravvalutarne il significato e la portata politica.
Certo, il nuovo primo cittadino della Grande Mela, con i suoi 34 anni appena compiuti, sarà il più giovane da fine Ottocento, nonché il primo musulmano e il primo nato in Africa, ammesso alla cittadinanza americana solo dal 2018.
Tutti elementi che colpiscono l’immaginario e ne fanno il personaggio ideale se si è in cerca di un anti-Trump, tanto più che ha trionfato nella città del tycoon con un programma “socialista democratico”, lontano dalla falce e martello che gli ha messo in mano il New York Post sulla sua prima pagina.
Mamdani, in realtà, conferma una tendenza attuale nella base del Partito democratico, quella di premiare figure più o meno radicali – di qui la sconfitta dell’ex governatore e collega di schieramento Andrew Cuomo, erede di una dinastia super finanziata e sostenuta dall’establishment – e ribadisce l’ampio e storico orientamento liberal di New York.
Questo non vuol dire che tutto fosse già scritto. Il 50% dei voti ottenuti è spiegato in buona misura dalla mobilitazione dei giovani, che hanno visto in lui una possibile svolta nell’amministrazione, oltre che un coetaneo simpatico e brillante, ex rapper, figlio di un mix di culture (origine mista indiano-ugandese-statunitense).
Non irrilevante pure la sua posizione fortemente pro-Palestina in un momento cruciale della vicenda mediorientale (un elemento ideologico, insieme alla sua fede islamica, che potrebbe pesare in futuro).
Ma non è tutto. Mamdani ha posto la questione economica (casa, trasporti e infanzia) al centro della sua campagna.
Alcuni precedenti, come quello di Bill de Blasio, altro sindaco partito con obiettivi di riforme profonde, indicano che non sarà semplice portare un po’ di socialdemocrazia sulla East Coast.
Dal primo gennaio (data di insediamento), assisteremo tuttavia a un laboratorio politico interessante, forse più per le due anime in conflitto del Partito democratico (in cui radicali e moderati si combattono) e noi spettatori europei che per la maggioranza dei cittadini statunitensi.








