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[Il documento] Ecco cos’è il Piano di adattamento al clima

Alla fine dell’anno sarà approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, il Pnacc. Lo ha annunciato il Consiglio dei ministri. Il documento è fermo al Ministero dell’Ambiente dal giugno 2018, quando ministro era Gian Luca Galletti. Da allora, se ne erano perse le tracce.

Dopo la tragedia di Casamicciola, il governo ha deciso di tirarlo fuori e di approvarlo. La lotta al dissesto idrogeologico è uno dei principali interventi di adattamento al riscaldamento globale. Ed avere un Piano, è un presupposto indispensabile per intervenire con efficacia in questo campo. Il Pnacc ha detto il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, «deve essermi presentato a giorni. Io sono arrivato al Ministero un mese fa, ho chiesto subito cosa fosse pendente. Il Piano risulta in definizione».

Tuttavia, ha aggiunto, «non avrebbe evitato il disastro di Ischia». Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici aspetta da 4 anni la Valutazione ambientale strategica (Vas), cioè la valutazione dell’impatto ambientale che si applica ai piani e ai programmi. La bozza, un malloppo di ben 336 pagine, è consultabile sul sito del Ministero dell’Ambiente. L’Italia oggi ha solo una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, entrata in vigore nel giugno 2015. La Strategia riporta le conoscenze disponibili sui cambiamenti climatici, le azioni da adottare e gli attori che devono adottarle.

Il Piano invece stabilisce la governance per l’attuazione degli interventi, l’allocazione dei fondi e il monitoraggio e la valutazione delle azioni. Ma cos’è l’adattamento al cambiamento climatico? È l’insieme delle azioni per prevenire o ridurre i danni causati dall’innalzamento delle temperature, dovuto all’effetto serra. Ad esempio, coltivazioni resistenti al calore e in grado di fermare la desertificazione, specialmente nei paesi più caldi. Poi sistemi idrici efficienti contro la siccità: in Italia l’associazione dei consorzi di bacino, l’Anbi, propone da anni un “piano laghetti” per costruire nuovi invasi. E ancora, protezioni contro gli eventi meteo estremi: dagli argini per i fiumi a case più resistenti ai cicloni.

L’adattamento richiede anche strutture di protezione civile più efficienti: l’Onu alla Cop27 di Sharm el-Sheikh ha lanciato un programma per dotare tutti i paesi del mondo in cinque anni di sistemi di primo allarme per gli eventi meteo estremi. I sistemi sanitari devono essere in grado di affrontare ondate di calore e malattie favorite dal caldo. E ridurre il dissesto idrogeologico, vuol dire anche ridurre gli effetti di piogge eccezionali, alluvioni e uragani (oggi arrivati anche nel Mediterraneo, e battezzati “Medicane”). L’adattamento al cambiamento climatico si distingue dalla “mitigazione”, che è la riduzione delle emissioni di gas serra, e dai “loss and damage”, cioè i ristori delle perdite umane e dei danni materiali, dopo che i disastri si sono verificati.

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