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Ecco le stime del Fmi: la crescita globale frena, l’Italia si ferma a +0,7% | L’analisi

Mentre la Cina è impantanata nella crisi immobiliare e gli Stati Uniti, al contrario, mettono a segno una crescita superiore al previsto, l’economia del mondo frena quest’anno e nel 2024 con un rallentamento più marcato per i Paesi europei, fra cui l’Italia. Le stime del Fmi vedono così una crescita globale scendere dal 3,5% del 2022 al 3% e quindi limare al 2,9% il prossimo. Occhi puntati anche sulle banche che potrebbero subire i contraccolpi di tassi elevati a lungo e sulle quali la vigilanza va rafforzata.

Alla riunione annuale a Marrakech del Fondo Monetario, il clima è quello di un cauto timore sull’andamento dell’economia che dovrebbe però riuscire nel “soft landing” di un rallentamento senza recessione. Le incertezze però restano tante, l’ultima delle quali è rappresentata dal conflitto in Israele e nella striscia di Gaza che ha impatti economici «ancora difficili da prevedere». Nel meeting, tornato in Africa dopo 50 anni, i Paesi in via di sviluppo chiedono un impegno maggiore del Fondo nei finanziamenti e la rimozione di misure protezionistiche che potrebbero causare problemi nella produzione e approvvigionamento agricolo, settore chiave specie per i paesi più poveri.

Nel frattempo, appunto il Fondo torna indietro nelle previsioni sul nostro paese rispetto a quelle più ottimistiche di luglio. Allora aveva ritoccato al rialzo le previsioni di crescita causando la soddisfazione del governo Meloni mentre ora prevede che il Pil si fermerà a +0,7% quest’anno (con un taglio dello 0,4 rispetto a luglio). Per il 2024 la limatura è dello 0,2 con una crescita dell’economia a +0,7%.

A cambiare il clima in Italia, hanno sottolineato i responsabili del dipartimento ricerche del Fmi in conferenza, è stata la contrazione del secondo trimestre dopo un primo di forte crescita. La debolezza dell’industria, la fine del costoso superbonus per le casse pubbliche che ha causato «il collasso degli investimenti in edilizia» e difficoltà anche per i servizi hanno indotto alla revisione al ribasso che sconta il generale clima di rallentamento e prestiti più difficili e onerosi a causa della stretta monetaria della Bce.

L’Europa, infatti, è una delle aree più interessate dalla frenata dell’economia e l’eurozona salirà solo dello 0,7% zavorrata dal -0,5% della Germania. Timori vengono poi dalla Cina dove la crisi immobiliare si aggrava e la fiducia dei consumatori segna il passo. Pechino ha perso il momento del rimbalzo post Covid e il suo Pil è tagliato dello 0,2 al 5% quest’anno e dello 0,3% al 4,2% nel 2024.

C’è poi il comparto bancario. I benefici dei tassi alti, dopo un decennio di quelli a zero, potrebbero presto finire se la stretta si manterrà a lungo. Gli istituti potrebbero accusare “perdite sui crediti” dovute alla difficoltà per famiglie e imprese a pagare le rate e al rallentamento dell’economia. Nel suo stress test condotto su un campione allargato a 900 banche (visto che la recente esperienza dimostra come istituti più piccoli possono essere causa di rischi sistemici) l’Fmi evidenzia un aumento dei crediti deteriorati e del capitale nelle banche dei paesi avanzati. Uno scenario più severo di stagflazione poi porterebbe a “perdite severe” in grandi gruppi di Europa, Cina e Stati Uniti. A fronte di questo il Fondo indica la strada di una vigilanza più severa e intrusiva. Un monito che appare rivolto specialmente agli Stati Uniti e alle sue banche regionali.

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