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Fallimento o accordo storico? La Cop26 di Glasgow non allontana le paure per il futuro del pianeta

Trattiene a stento le lacrime, si commuove il presidente di Cop26 quando deve accettare la posizione ‘annacquata’ sul carbone proposta dall’India. “Capisco la delusione, ma è vitale proteggere questo pacchetto”, dice il presidente di Cop26. Resta l’orgoglio per l’accordo al vertice “La storia è stata fatta qui a Glasgow”. La Ong per i diritti umani Amnesty International ha fortemente criticato i risultati della Cop26 di Galsgow, definendoli “un fallimento catastrofico”.

“I leader hanno tradito in modo catastrofico l’umanità tutta, fallendo nel proteggere le persone più colpite dalla crisi climatica e cedendo invece agli interessi dei combustibili fossili e di altre potenti corporazioni”, si legge in un comunicato dell’organizzazione dopo che il summit Onu sul clima ha concluso i lavori ieri. “Il loro catastrofico fallimento nel raggiungere risultati per la protezione del Pianeta e della sua popolazione dimostra che i leader hanno dimenticato chi devono proteggere e servire: l’umanità in generale”, denuncia Amnesty. 

Le due settimane convulse di difficili negoziati appena conclusi alla COP26 possono essere riassunte in quattro parole: finanza, combustibili fossili, compensazione e ambizione. Quattro parole che hanno concentrato l’attenzione e la tensione a Glasgow. 

I COMBUSTIBILI FOSSILI

L’accordo di Parigi del 2015 che mira a limitare il surriscaldamento globale “ben al di sotto” di +2 gradi Celsius rispetto all’era industriale, se possibile +1,5 gradi, non contiene le parole “carbone”, “petrolio”, “gas” e neanche “combustibili fossili”, che sono le principali cause del cambiamento climatico. Quindi la menzione di queste energie inquinanti nel documento finale firmato da quasi 200 Paesi è stata salutata come “storica”.

Anche se via via annacquata mano mano che il testo girava per le mani delle diverse delegazioni. Una prima bozza del documento invitava i Paesi ad “accelerare l’eliminazione graduale dei sussidi al carbone e ai combustibili fossili”. Ma sotto la pressione di India, Cina e Arabia Saudita, l’intesa si è gradualmente indebolita. Fino all’ultimo minuto, quando sotto gli occhi delle telecamere – ma senza audio – il presidente della Cop26, Alok Sharma, ha dovuto fare avanti e indietro tra i vari gruppi per far accettare un testo finale di compromesso alle delegazioni indiana e cinese. La versione finale chiede infine “di intensificare gli sforzi per ridurre il carbone senza sistemi di cattura (CO2) e per porre fine ai sussidi inefficienti ai combustibili fossili”.

PERDITA E DANNO

La Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992 si basa su due pilastri: ridurre le emissioni di gas serra e agire, in particolare, per ridurre i futuri impatti sulle persone più vulnerabili. Ma da quella data, le conseguenze devastanti del surriscaldamento globale sono diventate una realtà nel presente e il danno ammonta a miliardi di dollari. Di fronte a questa realtà è emerso il concetto di ‘perdita e danno’, riferito a disastri che non possono più essere evitati.

“Quando le emissioni non sono sufficientemente ridotte, si entra nel territorio dell’adattamento, e quando l’adattamento non e’ sufficiente, si devono affrontare perdite e danni”, ha sintetizzato il ministro dell’Economia e dei cambiamenti climatici delle Figi, Aiyaz Sayed-Khaiyum. Ma il meccanismo messo in atto nel 2013 per tenere conto di questo problema è rimasto poco chiaro.

Così a Glasgow, i Paesi in via di sviluppo hanno cercato di far sentire la loro voce. Ma invano. La loro proposta di creare un nuovo sistema di finanziamento operativo e’ stata bloccata, in particolare dagli Stati Uniti che hanno temuto per le implicazioni legali di un tale impegno. Il compromesso adottato prevede un “dialogo” annuale fino al 2024 per “discutere le modalità di finanziamento delle attività”.

AMBIZIONE

L’accordo di Parigi prevede che i Paesi firmatari rivedano la loro ambizione di ridurre le emissioni di CO2 ogni cinque anni. Il primo ciclo di revisione doveva concludersi alla fine del 2020, ma e’ stato rinviato a causa della pandemia di Covid, che ha posticipato la COP26 di un anno. Ma le emissioni continuano ad aumentare e gli scienziati avvertono che mancano meno di dieci anni per limitare il riscaldamento a +1,5 gradi Celsius. Quindi si sono moltiplicati gli appelli per accelerare il ritmo di questi aggiornamenti prima del prossimo ciclo, previsto per il 2025.

L’accordo di Glasgow “chiede alle parti di rivisitare e rafforzare” i propri obiettivi 2030 (…) quanto necessario per allinearli agli obiettivi di temperatura dell’accordo di Parigi, entro la fine del 2022″. Nel gergo delle Nazioni Unite, il testo usa il termine “richiesta”, parola che diversi Paesi tra cui Cina, India e Arabia Saudita hanno ritenuto troppo forte.

IL MERCATO DEI CREDITI DI CARBONIO

L'”articolo 6″ dell’accordo di Parigi, che riguarda il funzionamento del mercato dei crediti di carbonio, aveva avvelenato per tre anni i negoziati sul clima, impedendo la conclusione del “manuale d’uso” dell’accordo di Parigi. Dopo un fallimento alla COP24 nel 2018, poi alla COP25 nel 2019, a Glasgow è stato finalmente trovato un accordo su queste regole del mercato del carbonio volte a contribuire a ridurre le emissioni di CO2.

Ma molte ong hanno sottolineato che era meglio non essere d’accordo con un’intesa che mettesse in discussione l’integrità ambientale del patto di Parigi. Il testo adottato consente di “chiudere alcune scappatoie scandalose, come il doppio conteggio”, che permetterebbe di contabilizzare una tonnellata di CO2 sia dall’acquirente che dal venditore, ha commentato Laurence Tubiana, una degli artefici dell’accordo da Parigi. “Ma questo – ha aggiunto – non è sufficiente per impedire alle aziende e agli Stati in malafede di aggirare il sistema”, chiedendo un organismo per monitorare l’attuazione di questi mercati. 

BORIS JOHNSON

“C’è ancora molto da fare negli anni a venire”, ha dichiarato il premier britannico Boris Johnson, capo del Paese che ha ospitato la conferenza. “Ma l’accordo di oggi è un grande passo avanti”, ha commentato. “E ciò che è importante è che abbiamo il primo accordo internazionale in assoluto per ridurre l’uso del carbone e un piano per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi” in più rispetto all’era preindustriale.

GRETA THUNBERG

La Cop26 si è ridotta a “bla, bla, bla”, ha accusato la giovane attivista svedese Greta Thunberg. “Il vero lavoro continua al di fuori di queste stanze. E non ci arrenderemo mai e poi mai”, ha twittato l’iconica figura del movimento ‘Fridays for Future’.

URSULA VON DER LEYEN

La Cop26 “ha mantenuto vivi gli obiettivi dell’accordo di Parigi, dandoci la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius”, ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Abbiamo compiuto progressi nel raggiungimento dei tre obiettivi che ci siamo prefissati all’inizio della Cop26” e “questo ci rende fiduciosi di poter fornire all’umanità uno spazio sicuro e prospero su questo pianeta. Ma non è così – ha aggiunto – non ci sarà tempo da perdere: ci aspetta ancora un duro lavoro”.

SVENJA SCHULZE

“Stiamo vivendo un momento davvero storico”, ha sottolineato il ministro dell’Ambiente del governo tedesco uscente, la socialdemocratica Svenja Schulze. “L’eliminazione graduale del carbone è stata ora lanciata in tutto il mondo” ed è emerso un “nuovo modello economico”, ha aggiunto il ministro che avrebbe voluto che la formulazione sul carbone fosse comunque “un po’ più chiara”. Il testo finale è stato “un po’ attenuato, ma è rimasto tale” ed è stato “molto, molto difficile fino all’ultimo secondo”. E la Germania e l’Ue hanno dovuto “costruire molti ponti” per arrivarci.

FRANK BAINIMARAMA

Per il primo ministro delle Fiji, Frank Bainimarama, “l’obiettivo di 1,5 gradi lascia Glasgow malconcio e contuso, ma vivo. Vinaka (grazie) ai nostri negoziatori del Pacifico per i loro sforzi eroici alla Cop26 per garantire che un percorso privo di carbone e combustibili fossili sia incluso nell’accordo finale”, ha twittato. E ha avvertito: “Il compromesso che abbiamo trovato avrà importanza solo se i paesi agiranno ora”.

IVAN DUQUE

Il presidente colombiano, Ivan Duque, su Twitter ha descritto l’accordo come “un importante passo avanti nella lotta alla crisi climatica, ma non sufficiente per raggiungere gli obiettivi. Ha assicurato che il suo Paese intende lavorare con gli altri” per raggiungere ciò che “la scienza richiede”.

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