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Esplode il “caso Germania”, l’Europa mette i tedeschi nel mirino e vi spiego perché

In apparenza la Germania è sempre la prima della classe. Con la consueta disciplina teutonica la locomotiva tedesca è ripartita, con la ripresa persino del campionato di calcio, sia pure a stadi vuoti e con un rigido protocollo di sicurezza da rispettare: i contagi da coronavirus, nonostante il tempestivo intervento della cancelliera Angela Merkel, sono stati comunque 173mila, con oltre 7,880 vittime.

Ma soprattutto il tempismo della Merkel si è esibito nel più poderoso ed efficace intervento economico d’emergenza di tutta la zona euro.

La Germania del resto è il paese più ricco: da solo produce un quarto del Pil europeo e ha ampio spazio per indebitarsi.

Già a marzo Berlino aveva destinato ad aiuti immediati (contributi a fondo perduto alle imprese e agli autonomi, sostegno ai lavoratori, spese per il sistema sanitario, esenzioni fiscali, ricapitalizzazioni) oltre il 10% del suo Pil, circa 340 miliardi di euro, e in totale, se ci si aggiungono la sospensione delle tasse e le garanzie per i prestiti alle imprese si arriva a una cifra gigantesca di oltre 1500 miliardi.

Oltre alla quantità di soldi ci sono anche differenze sui modi e i tempi di erogazione. Se si fa il confronto con i decreti italiani del governo Conte, impigliati nella farraginosa burocrazia italiana, il paragone è impietoso.

Basta un esempio: gli aiuti a fondo perduto per le microimprese.

In Germania sono stati concessi prima ancora che la curva dei contagi si impennasse e possono arrivare fino a 15mila euro in tre mesi.

Ma – e questo è l’aspetto fondamentale – sono stati accreditati in pochi giorni, senza presentare documentazione.

Ma anche più grande economia d’Europa, un convoglio che sembrava non fermarsi mai e frantumava di tutti i record di surplus commerciale, è entrata ufficialmente in recessione.

L’economia tedesca cade del 2,2% su base congiunturale e del 2,3% tendenziale nel primo trimestre, per l’impatto del coronavirus, secondo la stima pubblicata dall’Ufficio federale di statistica. Una flessione maggiore delle attese ma nettamente inferiore alla media europea. Si tratta comunque del peggiore risultato dalla crisi finanziaria del 2008, ma nei prossimi mesi le cose andranno ancora peggio perché i lockdown sono stati introdotti soltanto a metà marzo e cioè appena due settimane prima della fine del trimestre.

Il Pil della Germania è dunque destinato a ridursi in modo molto più pronunciato nel secondo trimestre e gli esperti prevedono per questo periodo una contrazione del 10% e del  6,3% su base annua. “Si tratta della riduzione più grande dalla crisi economica e finanziaria mondiale del 2008 e la seconda dalla riunificazione tedesca”.

Certo la Germania vince sempre il confronto con i partner europei. I 19 Paesi dell’area dell’euro hanno subito una contrazione complessiva del 3,8% nel primo trimestre, la Francia ha registrato una flessione del 5,8%, la Spagna del 5,2% e il Pil dell’Italia è sceso del 4,7 per cento.

Eppure in Germania forse in questo momento non è il dato economico a preoccupare di più ma quello politico, sia sul piano interno, con la vicenda della successione alla Merkel, che su quello esterno dove i rapporti tra Berlino e l’Unione europea appaiono sempre più tesi.

E’ nato un “caso Germania” che minaccia la tenuta stessa dell’Unione esploso con la sentenza della Corte costituzionale federale di Karlsruhe sul programma di acquisto di titoli pubblici (Pspp) della Banca centrale europea (Bce)

La decisione dei giudici di ignorare la sentenza della Corte europea di Giustizia in merito agli acquisti di debito da parte della Banca centrale europea _ il famoso Quantitative Easing di Maro Draghi che tiene galla per esempio i titoli del tesoro italiano _ ha scatenato un terremoto nel cuore dell’Europa.

Se fino a poche settimane fa Berlino era considerata un modello da seguire per via delle imponenti misure di sostegno alla crisi economica da pandemia, oggi Bruxelles ha messo nel mirino il governo tedesco.

La Germania rischia di fare i conti con una procedura di infrazione, uno strumento con il quale la Commissione Ue può sanzionare quegli Stati membri dell’Unione che abbiano violato gli obblighi derivanti dal diritto comunitario. In altre parole questo procedimento garantisce il rispetto e l’effettività del diritto Ue.

Quante probabilità ci sono di avviare una procedura d’infrazione? Molto dipende dalla presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula Von der Leyen: avrà il coraggio di sferrare un colpo così pesante contro Berlino? Certo la Germania ha messo in discussione l’indipendenza della Bce ma la presidente della Commissione è due fuochi. Deve da un lato tutelare la Banca centrale europea ma dall’altro rischia di lanciare un siluro contro la Merkel, che poi è quella che la messa alla guida della Commissione.

Poi ci sono i riflessi interni, pesantissimi pure quelli. Le scosse del terremoto politico venuto dalla sentenza della Corte costituzionale hanno raggiunto l’Unione cristiano-democratica (Cdu) e stanno i incidendo la stessa lotta per la successione alla Merkel. Due dei candidati alla presidenza del partito, Friedrich Merz e Norbert Roettgen, hanno infatti assunto posizioni radicalmente opposte sul verdetto. Merz, noto oppositore della cancelliera, ha difeso la Corte Costituzionale. Al contrario, Roettgen, presidente della commissione Affari esteri del Bundestag, ha definito “fatale” la decisione, che mette la Germania in rotta di collisione con la Bce e la stessa Unione europea.

La successione alla Merkel, cui partecipa anche primo ministro della Renania settentrionale-Vestfalia, Armin Laschet, esponente della nomenklatura cristiano-democratica, è ancora in altro mare. Questa volta in gioco non solo il destino della Germania ma dell’Europa intera.

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