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Esiste un modo di dire sì, che in realtà significa no. Così gli esperti di virus non aiutano il Paese a ripartire

Nel tempo feroce del Covid, che tutto plasma, rimescola, o porta a detonazione, esiste un nuovo modo di dire No, che diventa Si-Ma.

Nel tempo del Covid, esiste un nuovo modo di esprimere l’antica anima di azzeccagarbugli, che affiora nel conflitto fratricida fra gli apparati dello Stato: regioni contro governo, in apparenza. Ma in realtà comitato Tecnico scientifico contro governo. E quindi , per spiegare l’ultimo retroscena, il ministro Boccia che lavora da quattro giorni all’intesa con le regioni su mandato del presidente del Consiglio, la trova, e poi scopre che l’intesa viene “stralciata” dal ministro della Sanità. Che poi, particolare grottesco, se ne va a dormire. Alle tre del mattino, nelle stanze del governo, va in scena la commedia dell’assurdo, con il premier che cerca il suo ministro che ha il telefono staccato, e il comitato scientifico che dorme beato.

Esiste un modo di dire si, che in realtà significa no. E quindi un medico, il professor Zangrillo, dice del comitato tecnico scientifico: “Se tu dici ai bar che possono riaprire se tengono quattro metri di distanza di sicurezza, tu cosa stai dicendo in realtà ai bar? Stai dicendo: rimanete chiusi!”.

Esiste un modo di dire si, che in realtà significa no. Prendo un altro caso clamoroso raccontato dal sottosegretario Sileri: “Io al ministero della Sanità ho la responsabilità della ricerca. E tengo i rapporti – per esempio – con i medici di Bergamo che devono fare le autopsie. Pensiamo e studiamo un protocollo perché questo accada, con le vittime del Covid, nelle massime condizioni possibili di sicurezza. Sono un medico, sono un politico, è il mio ruolo istituzionale”. Ma poi cosa accade, che fa imbestialire Sileri? Scopre che il suo ministero, per via di un ufficio amministrativo che si coordina con il Comitato tecnico scientifico per mezzo del segretario generale del suo ministero, emana una circolare sulle autopsie. Prima domanda che si fa il sottosegretario “le pare possibile che io una delibera o una circolare la scarichi dal corriere della sera e non la riceva dagli uffici che l’hanno diffusa?”. Ovviamente pensi: no, non è possibile. E Sileri continua: “Le pare possibile che poi, quando leggo dico: ‘Ma che cazzo stanno a dí?’”.

Ed ecco il punto: Sileri, con l’occhio allenato si rende conto che anche quella circolare è scritta per vietare autorizzando. Di nuovo l’ossimoro – nel paese delle “convergenze parallele” – si nasconde nella lingua di azzeccagarbugli. Spiega ancora Sileri: “Se io da medico leggo quel testo non capisco nulla. Se la rileggo, capisco che non si può fare. Se un collega se la legge per tre volte e poi decide di farla da solo si prende un rischio”. E Sileri non parla del rischio medico. Parla del rischio di commettere un reato o di violare una legge.  Fra l’altro secondo il sottosegretario, la possibilità di fare autopsie era “In piena linea con quello che prescrive l’istituto sanitario. Penso -aggiunge Sileri – che possa essere decisivo fare una autopsia, soprattutto  se è necessaria per la ricerca patogenetica. Il ricercatore deve poter indagare la malattia!”.

Ma qui la burocrazia degli ottimati sta squadernando la sua arma letale contro l’Italia dei produttori che si batte contro il Covid. È una pistola puntata contro il barista, contro il medico anatomopatologo, contro l’industriale, anche contro il responsabile di un ufficio di architetti. E questa pistola da azzeccagarbugli è una canna puntata alla tempia che parla e dice: vuole farlo anche contro il mio parere? Vuoi esplorare le possibilità della mia circolare che vieta permettendo? Bene, sappi a tuo rischio e pericolo, che domani potrai ritrovarti in tribunale, e un altro interprete dovrà giudicare se potevi o non potevi. Vuoi correre davvero questo rischio?

Ecco perché la guerra del Covid spacca il paese: non più fra destra e sinistra, governo e regioni, nord e sud. Ma lungo la linea di faglia di un nuovo asse: produttori e rendite, garantiti e non garantiti. Quindi se rischi o sei non garantito, o rischi di diventarlo. Se fai l’appalto, o sei non garantito o rischi di diventare non garantito. Se apri il bar non sei garantito o diventi non garantito. Se apri il tuo albergo devi sapere che domani potrai essere denunciato. E che qualcuno agiterà il papiro di azzeccagarbugli dicendo: ma avevi sanificato la chiave? Avevi i quattro metri? C’era la barrierina di plexiglass? O che dirà al bagnino: “Hai salvato la bambina a mare, ma sapevi che non potevi fare la respirazione bocca a bocca?”. Si, lo sapeva. E sapeva anche che poteva contagiarsi. Ma preferiva una bambina contagiata a una bambina morta.

Ecco, l’Italia oggi è questa bambina naufragata, sulla spiaggia della pandemia, che è stretta fra il Covid e gli azzeccagarbugli. Ma tutti noi sappiamo che il male, in questo caso, non è il virus, ma il mostro antico della burocrazia italiana, che l’epidemia si trascina dietro come un effetto collaterale, e come un supplemento di pena.

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