Nell’ambito della transizione energetica verso emissioni zero di CO2, il teleriscaldamento può svolgere un ruolo importante nella decarbonizzazione di settori particolarmente energivori come quello del residenziale e del terziario.
Il teleriscaldamento consente infatti livelli più elevati di efficienza energetica, un utilizzo sinergico tra i vettori energetici e permette soprattutto l’utilizzo di calore di recupero dei processi produttivi, altrimenti disperso.
In Italia, secondo uno studio del Politecnico di Milano, la quota di calore di scarto utilizzabile ammonterebbe a ben 135 TWh, pari a circa il 24 per cento dell’energia primaria consumata a livello nazionale.
RSE, nell’ambito della Ricerca di Sistema, ha sviluppato uno strumento per le valutazioni economiche e finanziarie degli interventi di recupero del calore che permette il calcolo dei principali indicatori prestazionali.
Una sintesi dello studio è presentata sulle pagine di Nuova Energia.
“Per determinare la convenienza economico-sociale oltre che finanziaria di un intervento di recupero di calore di scarto – scrivono Ada Del Corno e Andrea Rossetti, ricercatori del Dipartimento Tecnologie di Generazione e Materiali di RSE – occorre tenere conto dei costi delle tecnologie adeguate al recupero del calore e il costo del serbatoio di accumulo, dato che la regolazione dell’impianto è essenzialmente determinata dalla domanda sulla rete di teleriscaldamento”.
Sebbene il recupero di calore sia un’azione virtuosa, non è comunque possibile dare una ricetta univoca di convenienza economica, dovendo tener conto del matching dell’offerta con la domanda di calore, che è tipicamente locale.