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Ecco le quattro categorie di rischi-chiave per l’Europa sul clima | L’analisi

“L’Ipcc identifica quattro categorie di rischi-chiave per l’Europa, il cui livello aumenta con l’aumentare del livello di riscaldamento globale: rischi prodotti dalle ondate di calore su popolazioni e ecosistemi, per la produzione agricola, di scarsità di risorse idriche e rischi prodotti da maggiore frequenza e intensità di inondazioni”.

Così Piero Lionello, Leading Author del capitolo 13 ‘Europe’ e del cross-chapter paper 4 ‘Mediterraneo’ del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’Ipcc ‘Climate Change 2022: Impatti, adattamento e vulnerabilità’, commentando il Rapporto di Sintesi, volume conclusivo del Sesto Rapporto di Valutazione dell’Ipcc.

Per quanto riguarda le ondate di calore “ci si attende che il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore aumenti con il riscaldamento globale, raddoppiando o triplicando per un innalzamento della temperatura pari a 3°C, rispetto a 1,5°C.

Il riscaldamento ridurrà gli habitat adatti agli attuali ecosistemi terrestri e marini e cambierà irreversibilmente la loro composizione, con effetti la cui gravità aumenta al di sopra del livello di riscaldamento globale di 2°C.

Le misure di adattamento allo stress termico della popolazione e il contenimento dei rischi da ondate di calore necessitano di molteplici interventi su edifici e spazi urbani”.

Quanto ai rischi per la produzione agricola, “a causa di una combinazione di caldo e siccità, si prevedono nel XXI secolo perdite sostanziali in termini di produzione agricola per la maggior parte delle aree europee”.

Capitolo risorse idriche. “Nell’Europa centro-occidentale – spiega il professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento – questo rischio diventa molto alto nel caso di un innalzamento di temperatura di 3°C, ma nell’Europa meridionale il rischio è già elevato per un livello di riscaldamento globale di 1,5°C.

Già con un livello di riscaldamento medio, le strategie di adattamento che riducono il fabbisogno idrico devono essere combinate con trasformazioni quali la diversificazione delle sorgenti e modifiche dell’uso del territorio”.

Parlando di inondazioni, “a causa dell’aumento delle precipitazioni estreme in molte aree Europee e dell’innalzamento del livello del mare lungo praticamente tutte le coste (un’eccezione è la penisola Scandinava), i rischi per le persone e le infrastrutture derivanti dalle inondazioni costiere, fluviali e pluviali aumenteranno in molte regioni d’Europa”.

In questo contesto “l’Italia è soggetta ai rischi tipici dell’Europa Mediterranea, alcuni dovuti a peculiarità del cambiamento climatico, altri alla particolare vulnerabilità di ecosistemi e settori produttivi.

Le peculiarità del cambiamento climatico sono legate all’attesa diminuzione della precipitazione (con conseguenze sulla disponibilità di risorse idriche), in contrasto con la tendenza all’aumento a scala globale e nel nord Europa, e alla particolare intensità del riscaldamento estivo (superiore di circa il 50% di quello medio globale).

Altri rischi sono legati alla vulnerabilità delle coste (dove insediamenti e strutture sono frequentemente collocati poco al di sopra del livello medio del mare), all’importanza economica del settore turistico (che è posto direttamente a rischio dal cambiamento climatico e indirettamente dall’implementazione di politiche di mitigazione) e alla vulnerabilità degli ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da altri fattori antropici (sovrasfruttamento e inquinamento)”.

“Per la riduzione di questi rischi valgono i requisiti generali comuni a tutte le azioni di adattamento: continuità dell’impegno politico, implementazione di strutture istituzionali adeguate, mobilizzazione di risorse, procedure e decisioni inclusive in collaborazione con cittadini, parti sociali, settori produttivi, riferimento alle conoscenze scientifiche” conclude Lionello.

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