Quanto sta accadendo nel Mar Rosso – commenta sul Corriere della Sera il vice direttore Daniele Manca – deve suonare come un doppio campanello d’allarme per il nostro Paese. Da una parte dovrebbe essere ormai chiaro che non si difendono gli interessi nazionali rinchiudendosi all’interno dei propri confini. Anzi, proprio l’Italia, che dipende per la sua crescita e creazione di ricchezza in misura rilevante da quante merci vende all’estero, dovrebbe essere uno dei principali attori nella cooperazione internazionale.
Dall’altra parte, tutto questo può avvenire solo se si fa strada la convinzione che agli sforzi dello Stato devono aggiungersi quelli dei privati. Degli attori economici. Delle imprese. Mettendo a frutto quel bene, il risparmio, che rende unico il nostro Paese. Ma affinché ciò accada sono necessari segnali chiari, strategie trasparenti e comprensibili che alimentino la fiducia, vero motore degli investimenti e dei consumi. Succede invece che la quota di attenzione da parte del governo, della maggioranza e dell’opposizione, è riservata alle candidature di presidenti di Regioni e alle liste per le elezioni europee. Ed è imparagonabile a quella indirizzata alle conseguenze delle tensioni internazionali.
La lezione dell’Ucraina sembra già dimenticata. Ma come possiamo pensare a una qualsivoglia autonomia se poi devono essere sempre americani (e inglesi), secondo uno schema logoro, a difendere i commerci internazionali? Ogni volta che si parla di difesa europea, che sia Macron a farlo o altri leader, la nostra è una reazione piccata da junior partner, non da Paese che contribuisce fattivamente a un processo inevitabile quanto virtuoso.
Questa – ricorda Manca – è stata definita l’era delle policrisi. Edgar Morin ne parlò negli anni Novanta. Ma il termine è stato ripreso in un celebre articolo dell’ottobre del 2022 sul Financial Times, da Adam Tooze. Lo storico ed economista, scriveva che nelle policrisi si «tendeva a perdere il senso di realtà». È tempo che in Italia lo si recuperi velocemente.