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[L’Analisi esclusiva] Governare senza i fumogeni della propaganda. Civiltà Cattolica ha fiducia nel governo Draghi. E lo mette nero su bianco

Accanto alla partita doppia del governo Draghi di vincere nei confronti del Covid 19 e spendere fruttuosamente i fondi del Next Generation EU con l’occhio al futuro dell’Italia, c’è in corso una partita più sottile, non dichiarata tra due stili di fare politica e di governare.

Lo stile di Draghi che nel corso delle consultazioni è rimasto in ascolto, muto come un pesce e lo stile esuberante dei partiti, sempre più in balia dei social anziché della fattiva risposta alle emergenze e alla quotidianità nazionali.

La comunicazione in funzione del compiacere la gente senza la capacità di indirizzo, senza la verifica delle promesse. Una maniera adolescenziale di affrontare la responsabilità richiesta dalla cura del bene comune, contenti di sgomitare per la visibilità egolatrica momentanea anziché la progettualità paziente, competente e pertanto affidabile. Che stia diventando dirimente la questione tra il fare e il far apparire di fare  è ormai tale da costituire un possibile inciampo anche al migliore dei governi possibili.

Non è per caso che una parte dei sostenitori di Draghi – subito dopo aver sottoscritto il patto e nonostante avessero contribuito in termini onorevoli alla sfida inedita della pandemia – siano precipitati in una crisi interna, d’inopinata gravità tale da rivedere identità e strategia.

E un’altra parte – dopo aver accettato regole sempre avversate nella precedente gestione della pandemia – rivestita con le penne del pavone, da miles gloriosus, spera di gabbare gli italiani annettendosi ogni eventuale merito del governo Draghi.

Le polemiche appartengono al dizionario politico, ma non sono una soluzione ai problemi. Tanto è vero che da tre decenni ormai poco si costruisce e tanto si chiacchiera sul possibile presente e futuro del Paese e su come attuarlo.

Il ricorso del presidente della Repubblica a un governo peculiare quale è il Governo Draghi oltre al mandato contingente ma importantissimo, ne adombra uno non detto: sollecitare la politica a preparare una classe dirigente all’altezza dei bisogni e dei sogni degli italiani. Una classe politica capace di dire dei sì e dei no, non in base alle proprie convenienze, ma in base alla verità e alla giustizia.

Si tratta di un traguardo che richiede una rigenerazione della politica senza la quale l’Italia tirerà a campare tra eroismi singoli e delusioni collettive. Se l’Italia è stata unificata, resta tuttora da fare gli italiani, un popolo che abbia un’autocoscienza condivisa, democratica e solidale come recita la Costituzione Repubblicana.

Le forze politiche sono più allenate a gestire la seconda parte della Carta dove può starci competizione, ma senza dimenticare l’unità di valori richiesta dalla prima parte. Nel Governo Draghi – a prescindere dai suoi componenti –  è stata investita ogni riserva della politica che, mentre opera per il bene comune, deve cambiare se stessa.

Il pensiero capace di animare la serietà dell’agire politico è sempre accompagnato dal dubbio che sia sempre possibile fare meglio  in risposta ai problemi. Forse la segreta speranza di gran parte degli italiani, davanti alle chiacchiere spudorate di un certo modo di fare politica sia proprio che, alla fine, Draghi abbia la meglio, dando così una mano a rigenerare la politica stessa che sembra diventata una prateria dove ha ragione chi urla di più o recita meglio.

E’ in questa diffusa inquietudine che rischia di alimentare qualunquismo e pessimismo nazionale che, forse, scommette l’ultimo editoriale de La Civiltà Cattolica, la rivista di attualità culturale e religiosa non estranea a Draghi, non solo per la riuscita immediata del Governo, ma per una rigenerazione politica dell’Italia che può avvenire solo mantenendo la memoria del passato ma progettando efficacemente il futuro prossimo e remoto. 

Gli editoriali firmati dall’intero corpo degli scrittori della rivista accadono in circostanze di rilievo.

Si tratta dell’esito di un dibattito collettivo, poi vagliato – come l’intera rivista – anche in Vaticano. E pertanto è di buon auspicio se si guardasse al contributo che può venirne al Paese considerando la disposizione non più interdittiva come nel passato, ma dialogica nella pluralità delle culture e dei saperi che caratterizza la Chiesa cattolica sempre più disegnata sul concilio Vaticano II.

L’editoriale suggerisce in qualche misura lo sforzo a fare un passo avanti nella comprensione del presente: dal capire chi è Draghi al capire il che fare di Draghi. Passare dal guardare il dito di Draghi, alla luna che intende indicare. Pur nella coscienza che il suo dito – come del resto l’intera politica – non va confuso con il dito michelangiolesco della creazione di Adamo. Il dito per quanto autorevole non può fare miracoli, ma salto di qualità certamente.

Ci si va accorgendo che parlare con il silenzio è una comunicazione a volte più efficace e coinvolgente della parola fatta strepito. Anzi si conferma che la comunicazione più efficace si muove in contemporanea con parole e silenzi. La parola esprime i pensieri, il silenzio li sedimenta nell’anima.

“Draghi – afferma l’editoriale di Civiltà Cattolica – ha l’ambizione di coniugare risposta all’emergenza e disegno del futuro. È da notare l’inusuale ricorrere, nel suo intervento, di due parole che non si sentivano più da tempo nei discorsi di premier, ministri e leader politici: giovani e futuro. Per realizzare una «nuova ricostruzione» non sarà sufficiente dunque affrontare la pandemia e pianificare le vaccinazioni, ma occorrerà avviare una riforma sanitaria che rafforzi la rete territoriale fino all’assistenza medica domiciliare.

Gli studenti dovranno recuperare il tempo dello studio perso, però sarà basilare aggiornare i percorsi e le metodologie, oltre che riorganizzare alcuni indirizzi, come quello degli Istituti tecnici, perché le nuove generazioni dovranno avere le competenze per affrontare una società in continuo mutamento. Il sostegno al mondo della produzione e all’economia non potrà esaurirsi in mero assistenzialismo, ma dovrà essere orientato a un nuovo modello di sviluppo, un modello di ecologia integrale, che coniughi in modo indissolubile la custodia dell’ambiente, l’attenzione ai nuovi saperi e l’investimento per il benessere sociale”.

Questo percorso non significa poterlo fare in carrozza: si richiederanno dei sacrifici più o meno pesanti per le diverse categorie. E’ realismo con il quale occorre fare “una fase dolorosa di transizione”. Non tutte le attività potranno sopravvivere. Dove sta il nuovo? La rivista lo individua nell’impegno di Draghi: “Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”. Tutelare i lavoratori significherà, allora, rafforzare l’assegno di ricollocamento e investire in politiche attive, in formazione, nei centri per l’impiego. Un’occasione per la democrazia: “semplicemente governare”. E’ richiesto dalla crisi che attraversiamo e richiede un impegno straordinario.

“Ci piace pensare – si legge nell’editoriale –  che «semplicemente» sia un avverbio capace di richiamare tutte le forze politiche coinvolte all’assunzione della comune responsabilità, per realizzare gli obiettivi senza cadere nella tentazione di una campagna elettorale permanente, a cui l’Italia purtroppo è ormai abituata. Semplicemente governare. Senza lasciarsi distrarre da altro e senza alzare i fumogeni della propaganda per sopperire alle proprie mancanze. In questo senso il governo è «politico», perché la scelta di sospendere il conflitto è, in definitiva, politica”.

L’inedita coalizione di governo può diventare una grande occasione di maturazione per i partiti, se essi sapranno evidenziare con i risultati le loro capacità. I partiti sono, dunque, chiamati a riflettere su se stessi. È un momento di laboratorio, e questo spazio consente una decantazione delle tensioni e una riflessione su cosa queste forze vogliono essere e come si definiscono nelle dinamiche del Paese”.  In ogni caso, con l’offerta di una prospettiva, ”la politica ha ora l’occasione di innestare germogli di speranza, perché «una terra sarà feconda, un popolo darà frutti e sarà in grado di generare futuro solo nella misura in cui dà vita a relazioni di appartenenza tra i suoi membri, nella misura in cui crea legami di integrazione tra le generazioni e le diverse comunità che lo compongono”.

Richiesto di un suo personale parere su dove andrà e come finirà il Governo Draghi già nelle strettoie asfittiche dei partiti, il direttore Antonio Spadaro ha lasciato intendere che non è un compito facile, ma probabilmente si prepara il terreno per qualcosa di diverso. “In ogni caso mi sembra, se non altro, di poter spezzare una lancia in favore di questo tentativo e comunque di una certa lungimiranza che è propria di Draghi. Speriamo bene. Ci racconteremo come andrà a finire”.

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