Non solo gas naturale.
Con la transizione verso le rinnovabili, l’Italia raddoppia il suo ruolo come hub dell’energia al centro del Mediterraneo.
Perché ai tubi che portano il metano in arrivo dall’Africa e dall’Asia per soddisfare la domanda dell’industria europea, ora si aggiungono i cavi destinati a esportare l’elettricità prodotta dalle rinnovabili.
Dai Paesi arabi, destinati a giocare un ruolo di primo piano nella produzione fotovoltaica, ma anche dai Balcani, tra idroelettrico e impianti eolici.
La vice-premier albanese Belinda Belluku – che è anche ministro delle Infrastrutture – ha avuto recentemente un incontro con l’amministratrice delegata di Terna, Giuseppina di Foggia, scrive Repubblica.
Il governo di Tirana vorrebbe rilanciare il progetto di un elettrodotto tra le due sponde dell’Adriatico, con un vantaggio per entrambe le parti.
L’Italia potrebbe importare energia verde, ma anche esportare la sua produzione rinnovabile in eccesso.
L’Albania diventerebbe, invece, una piattaforma di scambio di energia con tutti i Paesi dell’area visti i suoi collegamenti con Serbia, Bosnia, Romania, Bulgaria.
Il progetto è ancora in una fase interlocutoria, ma se il nuovo cavo venisse realizzato rafforzerebbe la rete tra i Balcani e il resto d’Europa, visto che sono già in servizio il cavo sottomarino di oltre 400 chilometri tra Abruzzo e Montenegro, inaugurato a fine 2019 dal presidente Mattarella, nonché lo storico elettrodotto tra Salento e la costa greca davanti a Corfù, in fase di “ristrutturazione” per raddoppiarne la capacità.
Ancora più ambiziosi i progetti che legheranno il sud Italia all’Africa.
Anche in questo caso c’è una novità degli ultimi giorni.
Sempre la numero uno di Terna si è vista a Roma con Osama Al-Darrat, consigliere del primo ministro libico per l’energia: sul tavolo la possibilità di portare in Sicilia la produzione rinnovabile.
Di fatto un progetto ‘gemello’ a quello già avviato, sempre da Terna, tra Italia e Tunisia.
In questo caso, si aspetta solo l’ultima autorizzazione da parte della Regione Sicilia per dare il via ai lavori, con un investimento attorno agli 850 milioni.
Se tutte queste iniziative guardano al futuro, dove saranno soprattutto le rinnovabili a garantire il fabbisogno energetico, la rete dei gasdotti esistenti ha giocato un ruolo da protagonista nel superare la fase più critica dell’emergenza causata dalla guerra in Ucraina.
In particolare, il gas in arrivo sulla costa del Salento proveniente dall’Azerbaijan – grazie al gasdotto sottomarino Tap – nonché l’aumento delle importazioni dall’Algeria hanno potuto ovviare al calo delle forniture dalla Russia.
Gas che ha soddisfatto la domanda italiana, ma anche in parte ha preso la via del nord ed est Europa.
Ma ancora più clamoroso quanto appena avvenuto nel settore, con il contratto sottoscritto tra l’azienda tedesca Vng e la società di Stato algerina Sonatrach, per una fornitura di gas di alcuni anni (i termini commerciali non sono stati comunicati).
Il gas acquistato, ovviamente, per arrivare in territorio tedesco dovrà passare nel tubo che approda, attraverso la Tunisia, in Sicilia e da qui risalire la penisola attraverso la rete gestita da Snam.
Il che dimostra ancora una volta la centralità delle infrastrutture italiane e gli investimenti realizzati per il cosiddetto ‘reverse flow’: la capacità della rete di ‘spingere’ il gas verso nord, favorendo l’export.
Rete dove oggi corre il gas ma domani passerà l’idrogeno prodotto dalle rinnovabili in Nord Africa: il progetto esiste già e si chiama South H2 Corridor, 3.300 chilometri dall’Africa al cuore della Germania.
Sempre attraverso il nostro Paese.