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Contro la povertà energetica serve produrla sul territorio | Lo scenario

In occasione del convegno, organizzato insieme al Centro Studi Ircaf, sulla Povertà Energetica– termine che indica l’impossibilità, da parte di famiglie o individui, di accedere a servizi energetici primari, come il riscaldamento, l’illuminazione o il gas – è intervenuto Luca Barberis, responsabile della Direzione Efficienza Energetica del Gse. «Non si può pensare di contrastare la povertà energetica se non si attiva prima una valorizzazione energetica del territorio: per utilizzare bene l’energia, prima dobbiamo produrla e dobbiamo farlo con le risorse energetiche del territorio».

È per questo che, secondo Barberis, «i meccanismi di agevolazione, seppur aiutando e accelerando il percorso, non bastano. Bisogna capire che gli investimenti in efficienza energetica e in fonti rinnovabili sono investimenti inevitabili», e che per contrastare questa condizione di povertà «servono politiche nazionali di più ampio respiro».

14,3 mln di italiani a rischio povertà

Solo nel 2022 sono stati spesi 20 miliardi tra oneri di sistema e bonus energia. Tuttavia, in Europa un cittadino su cinque è sulla soglia della povertà e dell’esclusione sociale, con 95,3 milioni di persone a rischio povertà. I più colpiti sono le donne, i giovani adulti e le persone con un basso livello di istruzione. L’Italia è sopra la media europea, con il 24,4% di cittadini a rischio povertà: circa 14,3 milioni di persone. Questi i dati principali del secondo report Ircaf, presentato da Mauro Marani, che ha evidenziato come su 9 milioni di abitanti, nel nostro Paese, sono 4 i milioni di cittadini considerati “vulnerabili” e dunque idonei beneficiari delle politiche nazionali a contrasto della povertà energetica.

La dinamica della povertà energetica

Gli aspetti che concorrono alla crescita della povertà energetica, secondo Marani, sono principalmente due: «Da un lato l’erosione del potere d’acquisto – secondo gli ultimi dati Istat in Italia i salari medi annui restano tra i più bassi d’Europa – e dall’altro l’inflazione che, nel nostro territorio, è ancora abbastanza elevata rispetto agli altri Paesi». Poi ci sono gli elevati prezzi d’energia, la bolletta elettrica per la famiglia-tipo nel 2022, secondo dati Arera, è stata di 1.322 euro rispetto ai 632 euro del 2021 (+110% sul 2021, +173% sul 2020). «Inoltre bisogna considerare che non è assolutamente finito il periodo dei rincari in bolletta, recenti osservatori stimano che sia in estate, sia nel prossimo autunno, i prezzi dell’energia aumenteranno in maniera notevole: non come a inizio crisi ma saliranno», ha aggiunto Marani.

Incidenza povertà più alta nel Mezzogiorno

L’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica (Oipe) quest’anno ha realizzato un approfondimento per delineare meglio la povertà energetica in Italia, sia a livello regionale, sia a livello di soggetti interessati. Secondo quanto esposto da Luciano Lavecchia, senior economist di Banca d’Italia, «Dal punto di vista geografico è emerso che il Mezzogiorno ha l’incidenza più alta, confermando dunque un divario Nord-Sud che diventa sempre più evidente. Dal punto di vista demografico, invece, abbiamo scoperto che circa il 10% dei minori in Italia vive in famiglie che soffrono di povertà energetica; di questi nuclei, di solito, l’adulto di riferimento è straniero. Questi dati possono essere un forte indirizzo per il governo, affinché definisca meglio e più chiaramente dove indirizzare le risorse».

Delineare categoria vulnerabili altrimenti si sprecano risorse

In Italia su 9 milioni di abitanti, 4 milioni vengono considerati vulnerabili e quindi beneficiari delle politiche nazionali a contrasto della povertà energetica. Tuttavia, come ha spiegato Michele Pizzolato, head regulatory affairs di Eni Plenitude, «dentro questi 4 milioni, però, ci sono anche e purtroppo categorie ibride, come gli over 75, che in diversi casi possono non versare automaticamente in una condizione di povertà energetica. Anzi, sappiamo che le fasce più problematiche sono quelle in cui rientrano i giovani. Risulta quindi necessario realizzare una definizione più precisa di “vulnerabili” perché più correttamente è delineato l’ambito, più le risorse pubbliche saranno in grado di offrire una vera protezione. È rassicurante dire che la fascia di vulnerabilità è ampia», ha aggiunto Pizzolato, «ma inserire al suo interno soggetti che non hanno i requisiti vuol dire annacquare le risorse per chi invece davvero si trova in una condizione di povertà energetica».

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