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Con il calo demografico crollerà il Pil | Lo scenario

In un futuro non troppo lontano l’invecchiamento della popolazione italiana potrebbe costare al Paese il 5,2% del prodotto interno lordo.

Una proiezione allarmante, formulata già nel 2021 dalla Commissione Europea, che è stata ora analizzata nel dettaglio da un rapporto della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, firmato dall’economista Luca Mezzomo e consultato in anteprima da MF-Milano Finanza.

La tesi del rapporto è quanto mai eloquente: “L’invecchiamento della popolazione italiana porterà all’aumento delle spese delle famiglie in salute e assistenza, frenando gli altri consumi”, si legge già nelle prime righe.

Le premesse non sono rosee: nei prossimi due decenni la popolazione in età lavorativa dovrebbe scendere di 4 milioni di unità.

L’allungamento dell’età lavorativa e il calo strutturale della disoccupazione, d’altro canto, permetteranno all’occupazione di ridursi di meno di un milione; al contempo, la popolazione anziana e molto anziana crescerà di 3,5 milioni, “con maggiore diffusione di disabilità e malattie gravi”, segnala la ricerca.

Una popolazione più anziana, prosegue lo studio, dovrebbe ridurre la crescita potenziale del Paese, per due ragioni.

Da un lato, visto che l’aumento della partecipazione al lavoro riguarderà soprattutto gli anziani, è ipotizzabile che si vada a perdere qualcosa in termini di propensione all’innovazione.

Dall’altro, lo spostamento della domanda verso servizi sanitari e assistenza a lungo termine dovrebbe avere effetti negativi sulla produttività, impattata anche dalla scarsa copertura del sistema pubblico agli anziani non autosufficienti.

Le ripercussioni sul sistema economico nazionale nel suo complesso potrebbero essere ancora peggiori.

Mettendo nel calderone aumento della spesa previdenziale – che dovrebbe toccare il suo massimo nel 2040, quasi il 18% del pil –, spesa sanitaria e costi dell’assistenza a lungo termine (in altre parole, il prezzo dell’invecchiamento), lo Stato dovrà trovare spazio in bilancio per maggiori spese che si muovono tra il 2,5% del pil al già citato 5,2%, anche tenendo conto del calo della spesa per istruzione.

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