La crisi generata dalla pandemia ha messo in difficoltà molte imprese. Secondi i dati rilevati dalla Cgia, tra 176.400 aziende in crisi, una su tre ha sede al Sud. Tra le realtà territoriali in maggiore difficoltà ci sono Roma, Milano, Napoli e Torino. Queste società prese in considerazione, lo specifica la Cgia, società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Una “bollinatura” che, per legge, non consente a queste aziende di accedere ad alcun prestito erogato dal canale finanziario legale.
Pertanto, sottolinea la Cgia, non potendo beneficiare di liquidità, rischiano, molto più delle altre, di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai. Per evitare che la platea di queste aziende in difficoltà aumenti, la Cgia auspica che il Governo Draghi potenzi le risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura” e aiuti le banche a sostenere le imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione. Grazie all’attivazione di queste due misure, lo stock complessivo delle aziende in sofferenza non dovrebbe crescere. A Roma, Milano, Napoli e Torino le situazioni più critiche, rileva ancora la Cgia.
Al 31 marzo scorso, Roma era al primo posto con 13.310 aziende: subito dopo scorgiamo Milano con 9.931, Napoli con 8.159, Torino con 6.297, Firenze con 4.278 e Brescia con 3.444. Le province meno interessate da questo fenomeno, invece, sono quelle che, in linea di massima, sono le meno popolate: come Belluno (con 360 aziende segnalate alla Centrale Rischi), Isernia (333), Verbano-Cusio-Ossola (332) e Aosta (239).
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