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Michele Ainis (Costituzionalista): «Gli interrogativi sulla proroga dell’emergenza»

La possibile proroga dello stato d’emergenza, secondo Michele Ainis, si porta dietro diversi interrogativi. «Quali norme, quali procedure durante un’emergenza? Chi ha il potere di deciderle? E quanto a lungo può protrarsi il regime d’eccezione, senza rovesciare l’eccezione in regola?».

«Ma dopotutto tocca il fulcro dello Stato di diritto, la sua ambizione di prevedere gli eventi imprevedibili, sottoponendoli a una regola suprema. La Costituzione italiana affida il timone delle crisi al Parlamento, consegnandogli il potere di deliberare la massima emergenza: Sennonché la pandemia ha rovesciato questo canovaccio. L’anno scorso il virus incrudeliva, e al contempo il Parlamento finiva sotto un cono d’ombra, oscurato dal governo. Anzi: nemmeno dal governo, bensì dalla figura solitaria del presidente del Consiglio», scrive su Repubblica.

«L’accentramento del potere, ieri per un elemento formale (i dpcm di Conte), oggi per uno sostanziale (l’auctoritas di Draghi). Nonché la distorsione delle regole che disciplinano lo stato d’emergenza. Colpa d’un malanno (la crisi delle assemblee legislative) già da tempo in circolo nel nostro ordinamento. Ma colpa, talvolta, pure delle regole. Specie quando dettano prescrizioni troppo specifiche, puntuali, notarili. Giacché allora i fatti le travolgono, come uno tsunami. La proroga dello stato di emergenza s’iscrive in quest’ultimo registro».

«Il codice della protezione civile la consente, ma entro un determinato lasso temporale (12 mesi con eventuale proroga di altri 12 mesi). Morale della favola: nessuna emergenza può protrarsi all’infinito, però l’emergenza non tollera alcun tempo finito. Dipende dagli eventi, dalla loro evoluzione. E infatti la regola del biennio è saltata già, come un birillo, in altre circostanze. Tuttavia, la pretesa resta assurda, benché ispirata al nobile principio d’impedire un’eccezione permanente. Il legislatore non può dire a un vulcano: all’alba del terzo anno smetterai d’eruttare. O se lo fa, poi non deve protestare quando la lava lo sommerge».

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