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Sul clima la Bce sferza le banche | Lo scenario

Le banche europee dovranno allinearsi alle aspettative sui rischi climatici della Bce entro fine 2024 altrimenti ci saranno penalizzazioni di capitale.

Francoforte, scrive MF-Milano Finanza, sta facendo pressione sugli istituti di credito sulla materia, proprio mentre in Italia l’alluvione in Romagna ha riportato al centro dell’attenzione la questione ambientale e le banche iniziano a fare i conti delle perdite legate ai danni subiti da imprese e famiglie.

Il lavoro della Bce è comunque iniziato da tempo.

Già nel 2020 Francoforte ha pubblicato una guida nella quale ha precisato le richieste in termini di livelli di rischio sul clima (risk appetite framework), le responsabilità da definire nel board, i requisiti su trasparenza e capacità di fare stress test.

“Le banche hanno ammesso con onestà che sono piuttosto distanti dalle aspettative che abbiamo fissato”, ha detto il presidente della Vigilanza Bce Andrea Enria al Festival dell’Economia.

“Quindi con ogni banca abbiamo determinato un percorso per arrivare a essere totalmente in linea con le aspettative entro la fine del 2024, e questo è quello che sta succedendo.

Se le banche non saranno in grado di farlo, ci saranno delle penalizzazioni dal punto di vista della vigilanza”.

Enria ha comunque sottolineato che sui rischi climatici le banche europee sono più avanti di quelle di altre giurisdizioni e che al momento “c’è un po’ di ritardo ma, anche con un pochino di spinta da parte nostra, credo che alla fine dell’anno prossimo saremo già in un altro pianeta da questo punto di vista”.

Dal 2025 ci sarà però un cambiamento significativo nell’approccio della Vigilanza, che inizierà a imporre requisiti di capitale agli istituti non allineati alle prassi indicate.

Finora la Bce si è limitata di fatto a raccomandazioni.

Anche gli stress test specifici sul clima, i cui risultati sono stati pubblicati nel luglio del 2022, sono stati considerati “un esercizio di apprendimento” per le banche e per gli stessi supervisori, non esami in base ai quali definire i requisiti di patrimoniali.

Le banche hanno spesso evidenziato l’assenza di dati nelle imprese (soprattutto quelle medio-piccole, molto diffuse in Italia) sull’esposizione al rischio climatico.

Spesso mancano anche le classificazioni energetiche degli edifici dati in garanzia agli istituti a fronte dei prestiti.

Secondo la Bce, tuttavia, per le banche è fondamentale avere queste informazioni quando si fanno finanziamenti.

Perciò c’è una pressione dei supervisori perché gli istituti raccolgano il più possibile dati sul clima e spingano le aziende ad ottenerli.

Inoltre secondo la Vigilanza, anche in assenza di dati, alcuni gruppi sono stati più capaci di altri nella gestione dei rischi.

Il pericolo che arriva dal clima è uno dei “nuovi rischi” individuati dalla Bce, cioè quelli in ambiti dove non esistono dati storici su cui basare modelli di accantonamento delle perdite attese.

Altri rischi di questo tipo sono quelli relativi alle forniture di energia, alle catene di approvvigionamento, all’inflazione e alle tensioni geopolitiche.

Per questi pericoli la Bce ha raccomandato, in un blog post del membro del board di Vigilanza Elizabeth McCaul, l’utilizzo di overlays, cioè di accantonamenti generici in modo che i bilanci siano più preparati ad affrontare eventuali perdite.

Secondo l’ultimo stress test della Bce, le banche europee possono perdere oltre 70 miliardi a causa del clima.

Il dato, relativo a 41 delle 104 banche analizzate nell’esame, si riferisce a quanto accadrebbe in uno scenario di transizione disordinata a breve termine che considera anche rischi fisici come alluvioni e siccità.

In ogni caso la Bce ha osservato che le perdite indicate sottostimano alquanto il rischio effettivo, in quanto riflettono solo una frazione del pericolo reale a causa di alcuni fattori: la scarsità di dati disponibili, i modelli delle banche che catturano solo in modo rudimentale i fattori climatici, l’esclusione dagli scenari delle recessioni e le limitate esposizioni incluse nell’analisi (solo un terzo di quelle totali delle 41 banche).

Inoltre, data la natura di apprendimento dell’esercizio, i calcoli proposti dalle banche non sono stati modificati dalla Vigilanza.

Circa il 60% delle banche, secondo l’esame, non dispone di un quadro di riferimento per gli stress test sul clima.

La maggior parte delle banche non include la materia nei modelli per il rischio di credito e solo il 20% ne tiene conto come variabile ai fini dell’erogazione di finanziamenti.

Inoltre quasi due terzi delle entrate delle banche derivanti da aziende provengono da settori ad alta intensità di gas a effetto serra.

In molti casi le “emissioni finanziate” dalle banche derivano da un numero esiguo di controparti di grandi dimensioni.

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