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[L’intervento] Giancarlo Penza (Relazioni Istituzionali Comunità di Sant’Egidio): «La pace in Ucraina si può costruire partendo dall’universalismo irriducibile citato da Macron»

«Quando si costruisce la pace, bisogna eliminare qualsiasi forma di umiliazione del vinto, altrimenti la pace stessa può diventare il germe di una nuova guerra». Comincia con un riferimento storico ben preciso l’intervento del dr. Giancarlo Penza, Responsabile della Sezione Corno d’Africa dell’Ufficio Relazioni Internazionali della Comunità di Sant’Egidio, rilasciato a Monterotondo lo scorso venerdì durante il Corso di Formazione all’Impegno Politico e Sociale organizzato dall’Ufficio Diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro.

Il riferimento alla guerra in Ucraina è ben chiaro, e passa anche attraverso la drammaticità del racconto di un’esperienza personale: «Ho un’amica in Ucraina che ho sentito nei primi giorni dopo l’inizio della guerra, e mi ha raccontato come in due giorni sia cambiato tutto. Due giorni prima viveva una vita normale, come la nostra, due giorni dopo si è ritrovata senza più casa, senza più uscire, rinchiusa in un rifugio sotto le bombe. Quando arriva la guerra, c’è solo distruzione», ribadisce Penza.

Il conflitto in Ucraina ha delle radici storiche ben precise: «Dopo il 1989, con il crollo del muro di Berlino, – ricorda Penza – sembrava potesse cominciare una nuova era di pace, ma gli anni dopo il 1989 sono stati anni sprecati dal punto di vista della pace. Non si è tesa la mano allo sconfitto per integrarlo in un clima di coabitazione possibile, ma si è umiliato il vinto. Basti pensare che nel 1991 la Russia ha dovuto arretrare il suo confine occidentale di oltre 1.000 chilometri rispetto all’Unione Sovietica».

Non basta però solo indagare l’origine di un conflitto, è necessario anche capire quale strada percorrere per arrivare ad una pace stabile e duratura nel tempo: «Noi come Europa, come Occidente, dobbiamo fare tutti gli sforzi possibili non solo per svelenire il clima tra Russia e Ucraina, ma per trovare il modo in cui i popoli coinvolti nella guerra si parlino tra di loro, comincino a mettere intorno a un tavolo le ragioni degli uni e le ragioni degli altri». Il cessate il fuoco è quindi una priorità imprescindibile.

L’incontro per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma la scorsa settimana, può essere un primo passo in questa direzione: «Quello che è emerso dal Convegno di Roma – continua Penza – è che la pace è “impura”, ossia la pace si costruisce attraverso un lungo ma concreto, fattivo negoziato in cui la purezza delle ragioni dell’uno viene stemperata e squilibrata dall’accettazione delle ragioni dell’altro. È un processo lungo, ma è un processo necessario, che noi speriamo possa partire presto nelle tante situazioni in cui il mondo è in guerra e che fanno parlare di una terza guerra mondiale a pezzi che noi speriamo finisca al più presto».

In questo senso, il contributo arrivato dal Presidente francese Emmanuel Macron in tale convegno ha una sua importanza: «Il discorso del presidente Macron è partito da un concetto di universalismo che non è imporsi sull’altro, imporre una egemonia come è avvenuto durante la globalizzazione, ma è cercare l’irriducibile parte di universalismo che è dentro ciascuno di noi, dentro ogni cultura ed ogni popolo. Questo universalismo è quello che permette di evitare l’umiliazione dei vinti e quindi il risentimento che rende una pace non duratura nel tempo», conclude Penza.

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