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La sanità e l’illusione contabile | L’analisi di Nino Cartabellotta

L’apparente crescita delle risorse nella manovra economica per la sanitànasconde in realtà un definanziamento”.

A sostenerlo, durante l’audizione davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Senato e Camera, la Fondazione Gimbe, secondo la quale tra il Fondo sanitario nazionale (Fsn) effettivo e quello che si sarebbe ottenuto mantenendo il livello di finanziamento stabile al 6,3% del Pil nel 2022 si registra un gap di 17,5 miliardi nel periodo 2023-2026.

In altre parole, a fronte di miliardi sbandierati in valore assoluto, la sanità pubblica ha perso in 4 anni l’equivalente di una legge di Bilancio, mentre per cittadini e Regioni crescono liste di attesa, spesa privata e diseguaglianze di accesso”, evidenzia Gimbe.

Se le cifre assolute riescono ad abbagliare l’opinione pubblica, cambiando prospettiva emergono i tagli invisibili nel quadriennio 2023-2026”, ha detto il presidente Nino Cartabellotta.

La Manovra 2026 “è molto lontano dalle necessità della sanità pubblica: le risorse stanziate non bastano a risollevare un Servizio sanitario nazionale (Ssn) in grave affanno, sono insufficienti per coprire tutte le misure previste e mancano all’appello priorità cruciali per la tenuta della sanità pubblica”, evidenzia Cartabellotta, che ha invitato a “non trasformare la sanità in terreno di scontro politico” e ha avanzato proposte concrete per il rifinanziamento del Fsn.

Innanzitutto – ha spiegato – il titolo dell’art. 63 ‘Rifinanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard’ è fuorviante perché non riporta gli importi del Fsn rideterminati a seguito dello stanziamento di nuove risorse”.

Per questo motivo la Fondazione Gimbe ha proposto di rinominarlo “Fabbisogno sanitario nazionale standard” e di indicare, per ciascun anno, l’importo rideterminato del Fsn.

Il boom di risorse – osserva – riguarda esclusivamente il 2026, quando il Fsn crescerà di 6,6 miliardi (+4,8%) rispetto al 2025, grazie a 2,4 miliardi previsti dalla Manovra 2026 e, soprattutto, a 4,2 miliardi già stanziati con le precedenti manovre, in gran parte già allocati per i rinnovi contrattuali del personale sanitario.

Nel biennio successivo, invece, la crescita del Fsn in termini assoluti è irrisoria: 995 milioni (+0,7%) nel 2027 e 867 milioni (+0,6%) nel 2028.

In rapporto al Pil, la quota destinata al Fsn passa dal 6,04% del 2025 al 6,16% del 2026, per poi scendere nuovamente al 6,05% nel 2027 e precipitare al 5,93% nel 2028, delineando una tendenza in calo progressivo.

Questo trend – ha osservato Cartabellotta – riflette il continuo disinvestimento dalla sanità pubblica, avviato nel 2010 e perpetrato da tutti i governi. L’aumento del Fsn in valore assoluto, spesso sbandierato come un grande traguardo, non è che un’illusione contabile: la quota di Pil destinata alla sanità cala infatti inesorabilmente, fatta eccezione per gli anni della pandemia quando i finanziamenti straordinari per la gestione dell’emergenza e il calo del Pil nel 2020 hanno mascherato il problema. E con la Manovra 2026 si scende addirittura sotto la soglia del 6%, toccando nel 2028 il minimo storico del 5,93%”.

Aumenta il divario tra l’entità del Fsn e le previsioni di spesa sanitaria indicate nel Documento programmatico di Finanza pubblica, rileva ancora Gimbe: 6,4% del Pil nel 2025, 6,5% nel 2026 e nuovamente 6,4% nel 2027 e nel 2028.

In valore assoluto, il gap tra spesa attesa e risorse assegnate è di 6,8 miliardi nel 2026, 7,6 miliardi nel 2027 e 10,7 miliardi nel 2028.

Un differenziale – ha precisato Cartabellotta – che non può essere colmato dalle risorse proprie delle Regioni, che saranno costrette a ridurre i servizi o ad aumentare le imposte locali. In questo modo lo Stato viene meno alla propria competenza esclusiva di garantire i Livelli essenziali di assistenza, continuando a ignorare i più recenti orientamenti della Corte costituzionale sulla tutela della salute: dal principio del ‘diritto finanziariamente condizionato’ alla ‘spesa costituzionalmente necessaria’”.

L’analisi Gimbe delle misure contenute nell’art. 63 evidenzia inoltre un’anomalia: oltre 430 milioni destinati a finanziare interventi del 2026 attingono a risorse già stanziate con la legge di Bilancio 2025 per obiettivi di interesse nazionale.

È insolito – commenta Cartabellotta che una quota così rilevante delle risorse per assunzioni e prestazioni aggiuntive derivi da fondi già impegnati: un segnale che il rilancio delle politiche del personale resta, di fatto, sulla carta. Più in generale, la frammentazione di misure e investimenti sembra pensata per non scontentare nessuno, senza una visione strategica di rilancio del Ssn”.

Se vogliamo davvero rilanciare il Ssn, ha continuato, “è indispensabile avviare un rifinanziamento progressivo accompagnato da coraggiose riforme strutturali di sistema. Perché aggiungere fondi senza riforme riduce il valore della spesa sanitaria, mentre varare riforme senza maggiori oneri per la finanza pubblica crea solo scatole vuote, così come è accaduto per il Decreto anziani e soprattutto per il Decreto liste di attesa”.

Nonostante la stagnante crescita economica, gli enormi interessi sul debito pubblico e l’entità dell’evasione fiscale, per l’esperto, “se c’è la volontà politica, è possibile pianificare con approccio scientifico un incremento percentuale annuo del Fsn al di sotto del quale non scendere, a prescindere dagli avvicendamenti dei governi”.

Per questo, in linea con le indicazioni politiche suggerite dal report Ocse sulla sostenibilità fiscale dei servizi sanitari, la Fondazione Gimbe ha presentato in audizione proposte concrete per rifinanziare il Ssn.

In particolare: “Tassa di scopo su prodotti nocivi alla salute (sin taxes: tabacco, alcol, gioco, bevande zuccherate), oltre a imposte su extraprofitti e redditi molto elevati; rivalutazione dei confini tra spesa pubblica e privata: revisione del perimetro Lea accompagnata da una ‘sana’ riforma della sanità integrativa per aumentare la spesa intermediata su prestazioni extra-Lea e da una revisione mirata delle compartecipazioni alla spesa sanitaria (ticket); piano nazionale di disinvestimento da sprechi e inefficienze, con riallocazione di risorse su servizi e prestazioni sotto-utilizzate”.

Il tempo di rimboccarsi le maniche è quasi scaduto – ha concluso Cartabellotta – e bisogna agire abbandonando sia i proclami populisti del Governo sia le proposte irrealistiche di rifinanziamento delle opposizioni. È indispensabile ripensare le politiche allocative del Paese per contrastare la progressiva demotivazione e fuga del personale sanitario dal Ssn, le difficoltà di accesso alle innovazioni farmacologiche e tecnologiche, le diseguaglianze nell’accesso a servizi e prestazioni sanitarie, l’aumento della spesa privata e la rinuncia alle cure. La realtà è che oggi alla sanità pubblica non viene destinato quello che serve, ma solo ciò che avanza. Senza un vero potenziamento del Ssn sostenuto da adeguate risorse e da coraggiose riforme strutturali, non resterà che assistere impotenti al suo declino: oggi la crisi del Ssn non intacca solo l’inalienabile diritto costituzionale alla tutela della salute, ma mina la coesione sociale e la tenuta democratica del Paese. Perché se la sanità pubblica arretra, l’Italia intera rischia di affondare”.

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