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Teo Luzi (Comandante Carabinieri): «Troppo disagio sociale, così nascono le Baby gang»

«La pandemia ha creato disparità economiche, ha amplificato il disagio giovanile, ha cambiato i luoghi e il modo di aggregarsi dei ragazzi, anche per la situazione in cui si è trovata la scuola. E ha portato alla nascita di bande che stanno diventando un problema pressante, soprattutto in alcune grandi città. Noi, ogni giorno, operiamo sul territorio sapendo che dobbiamo far sentire forte la nostra presenza e dare risposte ai cittadini». Lo afferma il comandante dei carabinieri, ai vertici dell’Arma da un anno, Teo Luzi, intervistato da Massimo Righi per La Stampa.

Comandante, se parliamo di questo fenomeno vengono in mente subito la maxi rissa del Pincio a Roma, i fatti di Capodanno a Milano, i 150 ragazzini che nei giorni scorsi si sono fronteggiati alle porte di Torino armati di spranghe e bastoni. Come si intercetta e si affronta questo problema? «Le bande giovanili sono composte prevalentemente da minorenni, alcuni italiani di seconda generazione, che si danno appuntamento sui social network. Durante la scorsa estate abbiamo registrato episodi significativi anche lungo il litorale romagnolo e in Versilia. Per questo stiamo approntando un piano specifico di controlli. In ogni caso, laddove i casi si sono verificati, le forze di polizia sono intervenute con tempestività, individuando i responsabili in tempi brevi. In tutto questo, c’è poi sempre qualcuno disposto a sfruttare il disagio. Mi preoccupa, in particolare, l’avvicinamento precoce dei ragazzi al consumo di sostanze alcoliche, spesso non affrontato con sufficiente attenzione».

Come si fanno capire ai ragazzi i rischi che corrono? «Ho parlato di interventi tempestivi ed efficaci. Ma con altrettanta attenzione ci rivolgiamo alla prevenzione. I ragazzi devono crescere consapevolmente e assorbire i valori della convivenza sociale. Per questo siamo molto presenti nelle scuole. Il cardinale Martini amava dire che educare è come seminare: il frutto non è garantito, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto».

Le regole vanno rispettate. Ma qualcuno, come i No Vax, è refrattario a farlo. E c’è chi soffia sul fuoco, fino al caso dell’assalto alla Cgil. Non c’è il rischio che la pandemia diventi un terreno fertile per nuovi movimenti eversivi? «In questa stagione di restrizioni e regole il dissenso ha volti e storie diverse, ma le espressioni di violenza non sono in nessun modo accettabili e devono essere represse con fermezza. Ad incitare non sono gli imprenditori, né i lavoratori colpiti dalla pandemia che, anzi, hanno dimostrato grande spirito di sacrificio.

C’è una destra radicale che rivendica un ruolo trainante nella mobilitazione e c’è un fronte anti sistema alla continua ricerca di visibilità. Entrambe sono minoranze che intendono devastare e non protestare. Per questo, rivolgiamo la massima attenzione alla strumentalizzazione del disagio sociale – che c’è e va compreso – e lavoriamo per disinnescare sul nascere ogni situazione di possibile rischio, evitando il coinvolgimento di chi chiede legittimamente considerazione per i propri problemi. Dopo i fatti che hanno riguardato la sede romana della Cgil, la risposta operativa delle forze di polizia è stata determinata: 27 dei responsabili sono già stati deferiti all’autorità giudiziaria».

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