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Carlo Pelanda (economista): «Ecco come salvare la piccola impresa in Italia»

Due espressioni recenti di Mario Draghi e Ignazio Visco inducono riflessioni in materia di piccola impresa. Il primo ha segnalato che in questa categoria si addensano i rischi di “imprese zombie”.

Lo scrive Carlo Pelanda, economista, su Milano Finanza.

“Il secondo che se le aziende italiane fossero più grandi il loro probabile incremento di produttività potrebbe arrivare al 20%. Chi scrive trova in queste annotazioni il tema sia di un latente approccio selettivo sia di un’implicita correlazione tra scala aziendale e produttività. Da un lato, concorda che “piccolo non è bello”. Dall’altro, registra che il modello italiano è fatto da milioni di piccole imprese manifatturiere e di servizi e poche grandi e medie aziende”.

“Una politica selettiva che porti alla chiusura delle aziende a rischio di zombismo potrebbe includere un perimetro che eccede la capacità di riassorbimento della forza lavoro espulsa” prosegue Pelanda.

“Tale valutazione di sostenibilità di un processo di efficienza sistemica deve intrecciarsi con quella delle garanzie economiche. In America la garanzia tende a essere indiretta: se perdi il lavoro hai un’elevata probabilità di trovarne uno nuovo entro qualche mese perché la configurazione del mercato è liberalizzata, la politica monetaria ha come obiettivo non solo il controllo dell’inflazione, ma anche il contrasto alla disoccupazione e sia la destra che la sinistra hanno una cultura pro-crescita.

“I dati – prosegue l’economista – mostrano che tale garanzia indiretta tende a mantenere bassa la disoccupazione, ma anche elevata la sotto-occupazione”.    

“Nel modello continentale europeo, e particolarmente in Italia, è in vigore la garanzia diretta: il licenziamento è quasi vietato da norme penalizzanti per l’impresa e se accade il costo per lo Stato è molto elevato. Poiché l’Italia finanzia fin dai primi anni ’90 le garanzie con debito e non con gettito da crescita, è evidente che una politica selettiva non attentamente calibrata porterebbe a un indebitamento insostenibile”.

“Come calibrare? Certamente il favorire la trasformazione della piccola impresa in un’entità più grande, modificando le norme ostative, è un modo per bilanciare una politica selettiva via una trasformativa. Per esempio, questo è un tipico obiettivo delle operazioni di private equity e delle quotazioni su Aim, ambedue da “superfacilitare”. 

“Inoltre, non è detto che la microimpresa con modello artigianale abbia un  gap intrinseco di produttività. Le nuove tecnologie stanno mostrando che  anche una piccolissima azienda può fare grandi affari e globalizzarsi.  Pertanto la riflessione dovrebbe concentrarsi su come una policy possa  rafforzare una piccola impresa e non su come abolirla”.

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