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Nathalie Tocci (La Stampa): «Putin parla all’Occidente e minaccia l’escalation»

Sulla Stampa Nathalie Tocci analizza le reazioni dei russi alla mobilitazione parziale decisa da Putin. “Se la mobilitazione è così impopolare perché allora questa mossa azzardata da parte di Putin? Se è vero che l’esercito russo ha perso solamente 6mila unità delle 200mila al fronte, che bisogno c’è di addestrarne e mobilitarne immediatamente altre 300mila?

I conti non tornano. E non tornano perché le perdite di soldati e di armamenti sono in realtà enormi: la Russia sta perdendo la guerra. Putin sa che la sconfitta significa, prima o poi, la sua caduta; e la caduta di un dittatore è raramente aggraziata.

Da qui deriva un’altra domanda: una mobilitazione può cambiare l’esito della guerra? Militarmente la risposta è probabilmente no, o perlomeno non subito. Ci vorranno mesi finché i riservisti vengano addestrati e mandati al fronte, ma la liberazione dei territori ucraini è in atto ora.

È proprio perché la mobilitazione è tanto impopolare politicamente quanto militarmente dubbia che Putin ha resistito fino a ieri. La sua è una mossa di disperazione”.

Secondo Tocci il senso della mobilitazione “è dunque politico ed ha a che fare con noi, con le democrazie che sostengono l’Ucraina. Putin, disperato, parla a noi. Ci sta dicendo che ha scelto l’escalation e che dovremmo temerla e lasciare l’Ucraina alla sua sorte.

Un’escalation che prevede l’uso di ogni strumento per difendere la madre patria, anche dell’arma nucleare. Per rimarcare, pateticamente, che questa volta fa sul serio, Putin ammonisce che non sta bluffando, una sottolineatura che forse serve a convincere non solo noi e tutti quei finti alleati che iniziano a voltargli le spalle, ma anche sé stesso. Ma poco importa.

Quel che conta è che non ci abbindoli. È proprio ora che la liberazione procede e che la mobilitazione russa tarderà a materializzarsi che bisogna premere sull’acceleratore di una strategia europea e occidentale che sta dimostrando tutta la sua efficacia”.

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