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Michele Brambilla (il Giorno): «Le chiusure e il senso di disparità di trattamento di buona parte del popolo italiano»

Sul Giorno, il direttore Michele Brambilla commenta una foto di prima pagina: una fila davanti a un supermercato in Brianza.

«Tutto regolare – scrive – sia chiaro: mascherine, distanziamento eccetera. Ma che cosa devono pensare tutti coloro che da un anno sono costretti a stare chiusi? Ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri? Che cosa devono pensare se non un “perché loro possono e noi no”? Quella foto introduce un tema di cui non si parla quasi mai: il senso di disparità di trattamento percepito da una buona parte del popolo italiano».

«Infatti, si pensa sempre che la rabbia (vedi ora la foto sotto) sia provocata dal fatto che certe categorie sono esasperate da un anno di crisi. Invece no, non è solo quello il motivo di tanta rabbia. C’è anche la percezione – ma meglio sarebbe dire la constatazione – che il conto del Covid l’abbia pagato solo una parte degli italiani. E cioè quegli italiani che non possono riaprire e vedono altri che non devono chiudere».

«Molti ristoratori, baristi, gestori di cinema teatri e palestre dicono: anche noi possiamo garantire misure di sicurezza, perché non vi fidate? Perché loro possono e noi no? È un senso di ingiustizia che si somma a un altro fatto oggettivo: e cioè che i commercianti e le partite Iva hanno visto crollare i loro redditi, mentre i lavoratori dipendenti, specie nel settore pubblico, hanno continuato a prendere lo stipendio, magari lavorando da casa».

«E si fa fatica a far capire che questi che ora protestano sono la parte più debole del Paese. Contro di loro c’è un vecchio pregiudizio, coltivato soprattutto a sinistra: si dice che sono tutti evasori fiscali. Lo si dice perché magari si guarda al loro 730, senza pensare che chi ha una attività in proprio paga, oltre a quella sul reddito, un’infinità di altre tasse».

«Racconto sempre del mio gommista, che mi disse un giorno di pagare 18.000 euro all’anno di tassa per i rifiuti. “Per forza – gli obiettai – con tutti i pneumatici che gettate…”. “Eh no, mi rispose: quelli vengono smaltiti da un consorzio privato, che paghiamo noi. I rifiuti che io produco consistono in un sacchetto di bicchierini di plastica del caffè a settimana. Cambiando gomme, non si producono rifiuti. Ma pago 18.000 euro all’anno perché la tassa è calcolata a metratura”. Un’assurdità fra le tante, che poi magari ti porta a non fare qualche fattura».

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