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[Colloquio esclusivo] Manlio Di Stefano (Sottosegretario Ministero Affari Esteri): «Investiremo i fondi del PNRR per l’internazionalizzazione delle Piccole e Medie imprese. La Cina è un mercato target, anche se complesso. Per tutelare il Made in Italy, il diritto di proprietà intellettuale è un investimento»

Manlio Di Stefano, sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri e della Collaborazione Internazionale, ha intrattenuto un colloquio esclusivo con il Presidente dell’Osservatorio Luigi Balestra sulle strategie e le azioni che il Ministero sta mettendo in campo per rilanciare le Imprese attraverso l’export e l’internazionalizzazione.

Sottosegretario Di Stefano l’export è indicato da più parti come una delle leve principali su cui si baserà la ripartenza del nostro Paese. I dati dei primi quattro mesi dell’anno sono davvero incoraggianti, registrando un record anche rispetto al 2019, anno d’oro dell’export. Il PNRR stanzia 1,2 miliardi per le aziende che intendono esportare. Ci sono già progetti concreti per questi investimenti e che iniziative possiamo aspettarci su questo fronte da parte del Governo?

“Sì, le confermo che sono in cantiere numerosi progetti tesi a sostenere i processi di internazionalizzazione delle imprese ed uno, in particolare, che intendiamo finanziarie attraverso le risorse del PNRR.

Alle difficoltà dell’export del primo semestre del 2020, si sono contrapposti i primi timidi segnali di ripresa della successiva estate, il robusto rafforzamento registrato in autunno e l’avvio di un percorso di progressiva e sostenuta crescita, che ha fatto segnare nel I quadrimestre 2021 il +19,8% tendenziale delle esportazioni ma, soprattutto, il +4,2% sullo stesso periodo 2019, dunque prima dell’emergenza pandemica.

Proprio con l’obiettivo di continuare nel percorso tracciato, ci apprestiamo a gestire le risorse del PNRR destinate all’internazionalizzazione delle nostre imprese e, in particolare, delle MPMI. Per non disperdere le risorse tra mille rivoli e massimizzare l’efficacia del loro impiego, la Farnesina ha presentato un solo progetto nell’ambito del PNRR italiano, destinato al “Rifinanziamento e ridefinizione del Fondo SIMEST 394/81”, proposta approvata dalla Commissione Europea e dal Consiglio ECOFIN.

Disporremo presto, dunque, di risorse pari a 1,2 miliardi di euro – 800 milioni per prestiti agevolati e 400 milioni per contribuzioni a fondo perduto – che, probabilmente già a partire dalla fine del prossimo mese di ottobre, impiegheremo per l’internazionalizzazione di almeno 4.000 PMI nel quadro degli obiettivi di sostenibilità e digitalizzazione del piano Next Generation EU”.

Da contraltare a questi dati positivi fa una ricerca europea pubblicata da Alibaba, dove si sottolinea che solo il 52% delle PMI europee esporta la propria merce. Le richieste che vengono da tali imprese per agevolare il loro export consistono essenzialmente nella riduzione delle pratiche burocratiche e della documentazione transfrontaliera; inoltre, la fornitura di assistenza finanziaria per la creazione di negozi online, nonché pagamenti transfrontalieri più facili e accessibili. Si sta lavorando in questo senso?

“Purtroppo, gli esiti emersi dalla recente ricerca di Alibaba e YouGov sono criticità note, che caratterizzano anche il nostro tessuto produttivo e ne frenano l’affermazione nei mercati esteri. Migliorare questi paramentri rappresenta, dunque, una delle leve della nostra azione e non solo per gli evidenti impatti economici dell’export. Le imprese che si misurano con la dimensione internazionale sviluppano, infatti, una maggiore capacità di reagire a crisi inattese e cambiamenti repentini di scenario, di arginare la contrazione del fatturato e di promuovere l’innovazione. Capacità essenziali per favorire lo sviluppo dell’intero sistema economico.

Da qui, dunque, la scelta di varare una serie di misure ad hoc per sostenere i processi di internazionalizzazione e favorire la crescita del capitale umano e della preparazione digitale delle nostre imprese. Richiamo il progetto pilota “Smart Export – L‘accademia digitale per l’internazionalizzazione”, sei percorsi di alta formazione accademica on-line e completamente gratuiti su export e digitale destinati a MPMI e professionisti. Uno dei percorsi formativi, in particolare, è dedicato proprio alle pratiche e tecniche di esportazione, tra gli aspetti più ostici segnalati dalle imprese. I percorsi sono arricchiti da momenti live con i docenti ed i testimonial aziendali e per partecipare basta iscriversi alla piattaforma www.smartexportacademy.it.

Sempre in tema, ricordo i recenti bandi TEM (Temporary Export Manager) e DEM (Digital Export Manager) per l’inserimento in azienda di figure altamente specializzate, in grado di affiancare le MPMI nel pianificare i percorsi di internazionalizzazione e di sviluppo tecnologico. Colgo l’opportunità per segnalare che il bando TEM è ancora aperto e che, ad oggi, abbiamo accolto oltre 1.800 domande per un volume complessivo di risorse erogate di oltre 41 milioni di euro.

Sul fronte dell’e-commerce e dei negozi on-line, ricordo l’accordo perfezionato, su impulso del MAECI, tra l’Agenzia ICE e Alibaba, principale marketplace cinese con oltre 150 milioni di utenti registrati, di cui 26 milioni di buyer. Un accordo del valore di 1,2 milioni di dollari, che consente alle PMI italiane operanti nei settori tecnologia industriale, agroalimentare e vini, beni di consumo di accedere ad una delle principali vetrine virtuali mondiali. Grazie a questa intesa, ICE e Alibaba hanno dato vita a un padiglione on-line dedicato al Made in Italy, lanciato campagne pubblicitarie mirate, basate su strumenti di Intelligenza Artificiale (algoritmi di profilazione), e consentito a 900 imprese italiane di accedere gratuitamente alla piattaforma, offrendo alle restanti condizioni di ingresso agevolato.

Questi interventi rappresentano solo alcune delle azioni condotte dalla Farnesina a supporto dell’internazionalizzazione delle imprese e si affiancano all’attività diplomatica-consolare tradizionalmente svolta nelle sedi istituzionali per rimuovere quegli ostacoli amministrativi e burocratici che pregiudicano il commercio mondiale, come segnalati dalle stesse aziende”.

Sempre dalla ricerca Alibaba risulta che il 60% delle PMI italiane ha esportato in uno dei 27 paesi membri dell’UE, il 32% negli USA e il 21% in Cina. Può il mercato cinese essere la chiave del rilancio?

“Indubbiamente, la Cina è un mercato target per le nostre imprese, come conferma l’indagine richiamata. Perfino lo scorso anno l’interscambio ha segnato una crescita dello 0,9%, attestandosi a 45 miliardi di euro. Ed i primi cinque mesi dell’anno in corso evidenziano un trend positivo del 26%. La Cina costituisce, dunque, il nostro 9° mercato di sbocco a livello globale, dato quest’ultimo che esprime l’evidente apprezzamento di cui il Made in Italy gode localmente, da sempre percepito come sinonimo di eleganza, ricercatezza, status quo.

Si tratta, però, di un mercato complesso, che impone alle nostre imprese una preparazione specifica perché i modelli di produzione e consumo vigenti sono molto diversi dai nostri. Tra i tanti aspetti peculiari, credo opportuno, in particolare, evidenziare l’elevata propensione tecnologica e digitale dei consumatori cinesi, che influenza i comportamenti di acquisto e le strategie competitive delle imprese.

Per operare nel mercato cinese le nostre imprese devono, dunque, rivisitare la loro offerta in ottica digitale e tecnologica, anticipando le future richieste del mercato: per questo abbiamo avviato numerosi interventi trasversali, tesi a colmare il divario tecnologico delle nostre imprese rispetto alle omologhe estere, ma anche intrapreso azioni ad hoc per il mercato cinese”.

Il Made in Italy è una delle principali eccellenze su cui possiamo impostare la ripartenza dell’Italia, ma spesso ha bisogno di maggiori tutele, soprattutto all’estero. Ci sono indicazioni su questo fronte?

La diffusione su scala globale dei nostri prodotti e servizi deve essere non solo stimolata, ma anche e soprattutto adeguatamente tutelata. Una produttiva promozione del Made in Italy non può che poggiarsi su un sistema di tutela chiaro e condiviso, che dia certezza delle conseguenze che possono derivare dall’uso illegittimo della creatività e dell’originalità di un’impresa e senza il quale verrebbe a mancare una essenziale spinta all’innovazione. 

A questo proposito è innanzitutto importante che le aziende italiane, che fanno della capacità di coniugare tradizione, creatività, ingegno e innovazione la propria carta vincente, non affrontino il tema della protezione delle risorse investite nella creazione di valore e vantaggio competitivo solo o principalmente in chiave difensiva, cioè quando si pone un problema specifico, reale e attuale di contraffazione o di concorrenza sleale, ma anche e soprattutto in chiave offensiva, cioè come parte integrante della propria strategia aziendale, prima di affacciarsi sui mercati esteri, a prescindere dalla loro dimensione.

Da questo punto di vista, utilizzare in chiave strategica il sistema internazionale che fa da scudo alle imitazioni attraverso l’uso dei diritti di proprietà intellettuale non va visto tanto come un costo, quanto come un investimento. Anche noi, per quanto ci riguarda, oltre a seguire e supervisionare tutte le dinamiche collegate agli accordi commerciali internazionali, offriamo un’ampia gamma di strumenti utili a guidare le nostre imprese e proteggere i loro asset. Posso ricordare, ad esempio:

  • l’istituzione, presso la Rappresentanza Permanente a Bruxelles, di una posizione di esperto specificamente dedicata ai temi di proprietà intellettuale, che verrà ricoperta nei prossimi mesi nella prospettiva dell’istituzione di un’analoga posizione in un’altra Sede multilaterale;
  • il rifinanziamento, in collaborazione con l’Agenzia ICE, dei desk proprietà intellettuale e ostacoli al commercio presso gli Uffici ICE di Istanbul, Mosca, New York e Pechino, con la prossima aggiunta di nuove sedi in altri Paesi che presentano criticità per la tutela del Made in Italy;
  • la decisione, con il MIPAAF, di inserire, negli organici di alcune Ambasciate, esperti del settore agroalimentare che si occuperanno di promozione e tutela dei prodotti italiani e questioni relative a dogane, dazi e barriere non tariffarie. Sei esperti saranno destinati rispettivamente alle Ambasciate a Londra, Washington, Pechino, Tokyo, New Delhi e Brasilia;
  • il potenziamento delle competenze in materia di proprietà intellettuale nelle nostre rappresentanze diplomatiche nel mondo attraverso l’organizzazione di un corso di formazione specifico sulla proprietà intellettuale per il personale della Farnesina.

Vorrei infine ricordare che nell’ambito del Patto per l’Export, strategia messa in atto dal Ministero degli Esteri per rilanciare l’export italiano a seguito dell’emergenza epidemiologica che ha colpito così duramente l’economia del Paese e quella globale, sono stati destinati fondi per la tutela dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine come anche per il contrasto dell’Italian sounding, nonché per il rilancio dell’immagine dell’Italia nel mondo a tutto campo attraverso una grande campagna di “nation branding” del Paese che valorizzi le eccellenze italiane”.

Argomento strettamente connesso con l’export digitale è quello della Cybersecurity, per tutelare al meglio le operazioni che avvengono online. Come Ministero vi state muovendo anche in questa direzione?

Il tema della cybersecurity è sicuramente all’attenzione della Farnesina. Oltre a contribuire per quanto possibile al potenziamento delle capacità digitali e di cybersicurezza del nostro tessuto economico, l’impegno è quello di promuovere la nostra impresa specializzata attraverso missioni e presentazioni tematiche.

Dopo aver sostenuto le aziende nell’individuazione di possibili occasioni di business all’estero, agevoliamo il loro contatto con le controparti straniere, creando un contesto istituzionale favorevole, e le sosteniamo fino alla conclusione ed esecuzione del contratto”.

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