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[Lo scenario] Pechino e Mosca compattano il fronte anti-Usa

La questione più dibattuta tra i diplomatici stranieri a Pechino è se il presidente Xi Jinping, nel 39esimo faccia a faccia atteso giovedì a Samarcanda con l’omologo russo Vladimir Putin, si spingerà a fornire aiuti all’amico “senza confini”. Oppure se, malgrado l’arretramento nella cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina e il peso dalle sanzioni occidentali, si limiterà a esprimere solidarietà e a lavorare d’intesa con il capo del Cremlino ad un ordine internazionale verso una “direzione più giusta e razionale”.

Nella città di Tamerlano, in Uzbekistan, il vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) del 15-16 settembre, preceduto dalla tappa di mercoledì in Kazakhstan, è per Xi l’occasione di rompere i quasi mille giorni di autoisolamento scattati a inizio 2020 dopo il rientro dalla visita in Myanmar con lo scoppio della crisi pandemica del Covid-19 e il lockdown della città di Wuhan.

“Sia Putin sia Xi hanno bisogno di mandare un segnale che il fronte anti-Usa è forte”, ha notato con l’ANSA un diplomatico europeo a Pechino, ricordando che il bilaterale non è stato ancora confermato dalla Cina. La presenza di Xi al forum multilaterale eurasiatico è l’impegno più importante in vista del XX Congresso del Partito comunista che si aprirà il 16 ottobre e che dovrebbe affidargli un inedito terzo mandato alla guida del Pcc. “Di sicuro – ha aggiunto il diplomatico – c’è la volontà di dimostrare la vicinanza dopo che Xi e Putin hanno propagandato una partnership ‘senza limiti’ dopo il loro ultimo incontro, avvenuto a Pechino appena 20 giorni prima dell’invasione”.

La Cina, infatti, è disposta a lavorare con la Russia a un ordine internazionale verso una “direzione più giusta e razionale”, ha assicurato il capo della diplomazia del Pcc Yang Jiechi incontrando lunedì l’ambasciatore russo Andrey Denisov in partenza dopo quasi 10 anni a capo della missione diplomatica. Sotto la “guida strategica” di Xi e Putin, i legami “tra i due Paesi sono sempre andati sulla strada giusta”, ha aggiunto Yang, nel resoconto del ministero degli Esteri cinese.

Appena la scorsa settimana, Li Zhanshu, numero tre della gerarchia rossa, è diventato il politico cinese di più alto rango ad essersi recato in Russia dall’invasione dell’Ucraina.

Nella lettura cinese Li, ritenuto colui che ha avvicinato Xi e Putin, ha lodato il “livello senza precedenti” di fiducia e cooperazione. Mentre nella versione di Mosca avrebbe dato il più forte sostegno mai manifestato da Pechino all’azione militare russa dicendo che “la Cina comprende e sostiene la necessità di tutte le misure prese a tutela dei suoi interessi nazionali”, parlando di “fornitura di assistenza”. Se fosse vero, Pechino abbandonerebbe l’ambiguità strategica.

Nel frattempo, Yun Sun, direttrice del programma cinese del think tank Stimson Center di Washington, si è detta convinta che il viaggio di Xi in Asia centrale abbia lo scopo di rimarcare le partnership internazionali della Cina che “non è isolata e ha ancora solidi partner. E significa che Xi guarda al suo secondo decennio di leadership globale”. La Sco, per questo, è un “solido” punto di partenza anti-Usa: oltre a Cina e Russia, ne fanno parte India (alleata di Washington contro Pechino), Pakistan, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan, mentre Iran e Afghanistan sono osservatori. A Samarcanda è stato invitato il presidente Ebrahim Raisi che firmerà l’adesione di Teheran. 

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