L’informatizzazione della giustizia ha ridotto ben poco la durata dei processi. Per accelerare i procedimenti lumaca, più che l’informatica, servirebbero gli accordi extragiudiziali. Non lo dicono gli avvocati stavolta.
Lo afferma la Corte dei Conti, in una relazione sui risultati ottenuti dal processo civile telematico nel quinquennio 2016-2020.
“Il rispetto del noto principio della ragionevole durata dei processi appare ottenibile solo in parte con la digitalizzazione dei processi”, scrive la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato.
Per i giudici della Corte dei Conti, l’obiettivo di una giustizia rapida, ribadito più volte dalla Ue, è “più concretamente perseguibile soprattutto mediante l’introduzione di adeguate procedure deflattive in termini di risoluzione extragiudiziale delle controversie”. Come dire: più che la tecnologia moderna, servirebbero i mercanteggiamenti antichi.
Ma perché il processo telematico in Italia non ha dato i risultati sperati? La Corte punta il dito su di una “legislazione di riferimento troppo spesso episodica e poco organica”. Ma poi assolve in qualche modo l’amministrazione della giustizia, spiegando che il problema è più generale, e nasce dalla cronica arretratezza italiana in materia di digitale.
I giudici parlano di “criticità cosiddette esogene, in quanto caratterizzanti non tanto l’amministrazione di riferimento, quanto l’intero processo di digitalizzazione in atto, in ambito sia pubblico che privato, e che finiscono per collocare il sistema paese agli ultimi posti in Europa”.
Per la Corte “il processo telematico è ormai una solida e compiuta realtà in ambito civile, mentre appare ancora in ritardo la definitiva implementazione e diffusione di quello penale”.
Al di là dei problemi, i giudici sottolineano che i numeri del processo telematico “appaiono imponenti”: al 31 dicembre 2020 erano 1,2 milioni i professionisti attivi (avvocati, consulenti, periti), oltre 56 milioni gli atti telematici depositati, oltre 34 milioni i provvedimenti nativi digitali, 125 milioni le comunicazioni e notifiche telematiche.
La Corte ricorda che “la digitalizzazione dei fascicoli giudiziari in atto è oggi ulteriormente supportata anche dai fondi del Pnrr”, con un investimento di 133 milioni di euro.
L’obiettivo, fra gli altri, è di digitalizzare 10 milioni di fascicoli relativi ai 10 anni precedenti il 2026.