Luigi Fiorentino, Capo di Gabinetto del Ministero dell’Istruzione, è stato intervistato in diretta per l’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia, da Elena Ugolini, Componente del Comitato di indirizzo dell’Osservatorio, già Sottosegretario alla Pubblica Istruzione. L’intervista ha affrontato un tema sempre più urgente e stringente per il mondo scolastico: “La scuola del futuro e il PNRR: educazione, formazione e organizzazione della scuola”.
Martedì scorso avete presentato le azioni del PNRR per la parte istruzione. Queste azioni coinvolgeranno tutti, le scuole centrali, quelle periferiche, i genitori, gli studenti. E’ bene quindi partire dagli elementi base: quali investimenti sono previsti per il settore di formazione e istruzione e quali sono gli ambiti di intervento?
Pensare a quello che è accaduto negli ultimi due anni è davvero incredibile. Si è stravolta la vita di tutti noi, è cambiato il ruolo delle istituzioni, il ruolo della scuola. In questi due anni è cambiato tutto. E visto che parliamo di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è opportuno dire che è cambiato anche il ruolo dell’Europa. Un piano di questo tipo, che si rivolge ai Paesi e chiede ai Paesi di colmare i gap che ci sono, e dice soprattutto ai Paesi di investire per il futuro, un’Europa che per la prima volta in maniera significativa fa debito comune, per consentire al nostro Paese e agli altri Paesi europei di intervenire in ambiti vitali per la vita delle persone, per la vita dei giovani, per il futuro, è assolutamente significativo.
Dieci anni fa, in un’epoca storica completamente diversa, non avevamo neanche i fondi per le spese di funzionamento delle scuole, i genitori venivano invitati dagli Istituti scolastici a contribuire per l’acquisto di tutto ciò che era necessario per il funzionamento minimo, ordinario, basilare della scuola.
Il Piano di Ripresa e Resilienza invece delinea proprio un cambiamento profondo, e ha un obiettivo di fondo. Questo obiettivo di fondo è da un lato intervenire con delle riforme in quegli ambiti su cui l’Europa nel corso degli anni ha sollecitato i Paesi in occasione del giudizio che annualmente l’Europa e la Commissione danno sulle manovre finanziarie indicando gli ambiti su cui ogni Paese deve crescere. Così è stato anche per il nostro Paese, con diverse richieste di riforma arrivate dall’Europa, tra cui appunto la riforma dell’Istruzione. Sono tutte riforme strategiche per il nostro Paese, e riforme su cui siamo stati sempre in ritardo e siamo ancora in ritardo.
Quindi con il Piano di Ripresa e Resilienza bisogna colmare questi gap, questi ritardi che abbiamo cumulato nel tempo.
Quali sono i principali ambiti di intervento del PNRR per il mondo dell’Istruzione?
I fondi del PNRR per l’Istruzione sono rappresentati da quasi 18 miliardi. Una parte significativa di questi interventi riguardano le infrastrutture, dove infrastruttura non significa soltanto edilizia scolastica tradizionale, cioè le scuole. Anche se ci sono interventi che riguardano le scuole, le scuole nuove, le scuole innovative, per una somma di 800 milioni che il Ministro ha presentato in conferenza proprio qualche giorno fa. Poi c’è l’intervento fondamentale, centrale, per il progresso civile del nostro Paese e mi riferisco in particolare al grande intervento a favore degli asili nido e della scuola dell’infanzia. Sono 3 miliardi, oltre ai 700 milioni ricevuti da un precedente intervento sempre nell’ambito del PNRR, ma fatto con regole diverse.
Quello degli asili nido e della scuola dell’infanzia era uno dei grandi gap che eravamo chiamati ad affrontare. Solo per gli asili nido sono stati stanzianti 2,4 miliardi di euro, questo perché ci sono alcune aree dove gli asili nido non ci sono, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia. I criteri che sono stati scelti mirano proprio a colmare questi gap: consentire a chi è più distante dall’obiettivo del 33% che è l’obiettivo di soddisfacimento della domanda potenziale stabilito nella dichiarazione di Barcellona, di colmare quel gap e rimuovere gli ostacoli che impediscono di giungere all’obiettivo.
E’ questo il motivo per cui le regioni del mezzogiorno d’Italia, come la Campania, la Sicilia, la Puglia, ma anche la Lombardia, hanno avuto tante risorse, perché è stata valorizzata la capacità dei territori di riuscire a reagire all’assenza di questo tipo di servizi.
Questi fondi a chi andranno e per cosa saranno utilizzati?
Questi fondi andranno ai Comuni. I Comuni si dovranno candidare, e questo è un altro tema molto importante. Il problema vero è che i nostri comuni per tanti motivi non hanno le infrastrutture tecniche per rispondere in modo adeguato a questi bandi. Noi ne siamo consapevoli, e proprio per questo il Governo sta creando dei servizi di supporto per il territorio. Mi riferisco in particolare a una serie di convenzioni che si stanno stipulando con Cassa Depositi e Prestiti, per esempio, ma non solo, in modo che i Comuni siano supportati non solo nella fase successiva, quella della progettazione, ma già in questa fase, quella della candidatura.
Noi non vogliamo che i Comuni siano soli, ma vogliamo metterli nelle condizioni di poter partecipare, in maniera consapevole.
Sono fondi quindi che riguardano le strutture, ed è per questo motivo che le scuole d’infanzia paritarie, per esempio, sono escluse, proprio perché riguardano le strutture?
Sì, riguardano le strutture. Però voglio dire anche questo, le paritarie sono escluse da questi interventi sulle infrastrutture, ma fanno parte del sistema nazionale dell’istruzione, quindi per esempio gli insegnanti che lavorano nelle scuole paritarie potranno partecipare a tutto ciò che riguarderà la formazione e potranno accedere ai piani di formazione previsti dal PNRR.
Per quanto riguarda proprio la formazione degli insegnanti, una delle riforme previste dal PNRR riguarda proprio la fase di formazione e reclutamento del personale docente. A che punto siamo con queste riforme? E poi si parla anche di una scuola di alta formazione per i docenti: di cosa si tratta?
Bisogna chiarire che il PNRR, non solo per la missione dell’Istruzione, ma in generale comprende da un lato riforme e dall’altro degli investimenti. Questo perché da un lato dobbiamo colmare quei gap sui temi che la Commissione annualmente ci ha indicato e che sono appunto le riforme negli ambiti strategici per i vari Paesi, ma dall’altro ci sono gli investimenti, che possono aiutare il Paese a crescere nei vari ambiti, facendo quegli interventi che in passato, per mancanza di risorse, non sono stati fatti.
Sul reclutamento, qui noi abbiamo un’indicazione del Piano molto precisa, dobbiamo rivedere il sistema di reclutamento, costruendo uno che consenta al sistema Paese di reclutare gli insegnanti seguendo una programmazione, quindi facendo dei concorsi annuali. Bisogna però intervenire per coniugare meglio i percorsi universitari e il reclutamento. Questo è il nodo.
Qui c’è un problema forte legato all’Università, cioè come l’Università vuole programmare la formazione dei giovani che vogliono dedicarsi all’insegnamento. Non basta essere un buon chimico per essere un bravo professore di chimica, perché serve avere quelle capacità nelle metodologia didattica che consentano di insegnare quella determinata disciplina.
Per fare questo occorre collegare da un lato il percorso universitario dei giovani, dall’altro il reclutamento che viene svolto dal Ministero, e quindi la formazione on the job. E poi c’è l’ingresso nella carriera di docente. Stiamo pensando a un percorso che sostanzialmente mira molto a valorizzare sia la parte di formazione universitaria, sia la parte che viene subito dopo l’accesso. Non c’è ancora un testo definitivo, ma una delle ipotesi è quella di inserire il giovane con un contratto a tempo determinato per un anno, in quell’anno svolge formazione on the job, viene affiancato da un tutor, e alla fine del percorso svolge un esame vero, con un presidente esterno e solo dopo viene immesso a ruolo per quella determinata disciplina.
Voglio dire che il PNRR è sfidante anche per un altro motivo, perché l’Europa ci dice che te non devi modellare soltanto il nuovo meccanismo di formazione, ma pone anche un limite temporale, ossia entro il 2025 dovremo assumere 70 mila docenti con questo nuovo modello.
Quindi si sta pensando di semplificare il percorso di abilitazione dei docenti rendendolo contestuale alla laura specialistica dal concorso e rendere l’anno di prova previsto dal concorso uno strumento per capire se il futuro docente, oltre alle conoscenze, ha anche le competenze per dedicarsi alla didattica?
Sì, per fare il docente bisogna anche esserci portati. Bisogna avere delle abilità, che non sono soltanto le abilità della specifica disciplina, c’è molto di più. E quindi è giusto avere un anno a tempo determinato, avere un tutor che ti accompagna all’interno di questo percorso e poi alla fine del percorso avere un esame vero, ad esito del quale puoi entrare in ruolo.
Quindi il tema della formazione dei docenti risale in primo piano, non solo all’inizio della carriera, ma per tutto il percorso professionale.
Le risorse che ci sono nel PNRR per la formazione sul digitale, ma anche più in generale con la Scuola di Alta formazione, toccano degli aspetti fondamentali. Oggi la formazione deve essere continua, e non solo per i docenti, anche per chi lavora negli apparati pubblici o nelle società private. Ci deve essere una formazione on the job e il datore di lavoro, in questo caso lo Stato, ha interesse a che i docenti siano aggiornati e che abbiano una formazione continua.
Questo è il motivo per cui nel PNRR c’è il progetto della Scuola di Alta Formazione, che non è pensata per essere un carrozzone. Quella scuola deve avere un Board che aiuta il ministero a progettare formazione di qualità e che sia in linea con i tempi, che riesca ad aggiornare i docenti in maniera costante rispetto alle evoluzioni di sociali. E’ un Board, non è un istituto nel senso classico del termine, ed è un board che da un lato deve utilizzare gli strumenti pubblici che il Ministero già ha, Indire e Invalsi, e dall’altro deve riuscire a raccordare il sistema universitario, il sistema degli enti di ricerca, il sistema della formazione non accademica che è presente nel nostro Paese e anche all’estero.
A scuola la differenza la fanno i docenti e se non si investe su di loro, su chi cura la formazione dei nostri figli, non c’è speranza. Noi dobbiamo investire di più, dobbiamo fare il possibile affinché i docenti possano nel corso dei prossimi anni ritrovare quella centralità di prestigio. Oggi i docenti sono degli eroi, anche nella pandemia lo abbiamo visto tutto quello che hanno fatto, però devono ritrovare un ruolo sociale che sia riconosciuto dalle Istituzioni, questo penso che sia centrale.
Andando a riprendere un discorso di Draghi al meeting del 2020, prima che diventasse premier, lui diceva che privare un giovane del futuro è una delle più grandi forme di disuguaglianza. Ma noi dobbiamo dare ai giovani gli strumenti perché loro possano cambiarlo questo futuro, e su questo è centrale la scuola.
Qui è importante citare un’anomalia tutta italiana, che è il tema del precariato. E’ un tema molto sensibile, e noi dobbiamo affrontarlo con molta delicatezza. Dobbiamo re-inserire, come il ministro Bianchi sta facendo, i concorsi per la scuola. E dobbiamo tenere conto che c’è una parte dei candidati che ha già acquisito esperienza sul campo, e l’aver introdotto in uno dei decreti legge pre-estivi il fatto che a scuola si entra per concorso pubblico, ma c’è una quota riservata a chi ha esperienza è un fatto serio, che fa fare un salto rispetto a scelte precedenti di immissione in ruolo che erano di fatto sanatorie. Io non dico che siano giuste o sbagliate, ma effettivamente non sempre consentivano di fare una selezione che sia una selezione per merito.
Il tema dei tempi è molto importante. Bisogna che ci sia connessione tra i tempi delle riforme e il raggiungimento degli obiettivi. Perché c’è così tanta preoccupazione sul rispetto dei tempi? Perché avete voluto aprire una piattaforma in cui far vedere giorno per giorno lo stato di avanzamento delle azioni che state portando avanti?
Il PNRR è sfidante per tanti motivi, ma una delle sfide più importanti è quella che il PNRR fa alle burocrazie nazionali, a noi come Stato, a noi come infrastruttura pubblica. Questo perché il PNRR fa fare un salto notevole alla Pubblica Amministrazione italiana. Negli anni la PA non sempre si è abituata ad agire per raggiungere degli obiettivi sfidanti in una tempistica definita. Ecco, il PNRR ribalta questa logica e chiede all’Italia di raggiungere determinati obiettivi entro tempi specifici. E non sono previste proroghe. Per ottenere una proroga o un cambiamento del PNRR è prevista una procedura che lo rende praticamente impossibile. Non è un PON (Piano Operativo Nazionale) qualsiasi, siamo in una logica completamente diversa.
Non solo, non basta spendere delle risorse, ma devi raggiungere degli obiettivi specifici. Per esempio, parlando di dispersione, a me non basta che fai i corsi agli insegnanti o i corsi di musica ai ragazzi o i corsi per far appassionare gli studenti a un’arte o un mestiere. Questo non basta più. L’Europa vuole che l’Italia, che ha un grande problema di dispersione scolastica, riesca a portare il livello di dispersione del singolo Paese a quella che era la media europea dello stesso anno.
In termini concreti questo significa che tu sistema Paese devi riportare in classe gli studenti che hanno lasciato già o che stanno per lasciare la scuola. Quello vuole l’Europa, e conoscendo la nostra pubblica amministrazione, questa è la sfida più grande che c’è. E’ una cosa giusta il voler riportare i ragazzi in aula, ma è una cosa molto difficile. Per raggiungere questo obiettivo devi avere un approccio direi “umano”, di Stato umano, che sappia riportare i ragazzi in classe.
L’Amministrazione, con le sue circolari e con le sue regole burocratiche, non ce la potrà mai fare. Ci sarà bisogno di una grande partnership con il Terzo Settore, con la Chiesa, con le Associazioni, con i maestri, con le Autonomie Locali. Ci sarà bisogno di un grande sforzo collettivo e ci sarà bisogno di un’Amministrazione diversa. Di un’Amministrazione che si deve reinventare sul campo, io direi quasi per disperazione.
Uno dei temi fondamentali riportati nel PNRR è quello del divario Nord-Sud, del divario tra i livelli di apprendimento degli studenti, della dispersione scolastica, del fenomeno dei ragazzi che non cercano il lavoro e non sono neanche in formazione. Si parla anche di un piano di interventi straordinari molto puntuali volti a ridurre i divari territoriali. Da chi verranno gestiti e che tempi avranno? Si parla di tutoraggio individuale, di migliaia di studenti coinvolti, e non riesco ad immaginare come si possa fare un piano strategico così ampio che ha l’obiettivo di coinvolgere migliaia e migliaia di ragazzi. Ci abbiamo sempre provato nel tempo, fin dal 2007. Perché adesso dovremmo riuscirci?
Dobbiamo riuscirci perché questa occasione è l’ultima. Dobbiamo assolutamente riuscire a realizzare questo piano in tempi rapidi e non solo per prendere le risorse perché come sappiamo l’Europa ci ha promesso quasi 200 miliardi, ma ce li darà solo dopo che avremo realizzato quegli obiettivi come ci chiede l’Europa e nella tempistica che l’Europa ci chiede. Questo è centrale, è fondamentale.
Dobbiamo riuscirci perché dopo questa iniziativa, se il Paese non ce la fa, non c’è un’altra iniziativa, non c’è una speranza futura. Questo è un Piano che può essere realizzato proprio perché c’è una grande pressione della comunità internazionale e dell’Europa in particolare sul nostro Paese e sugli altri Paesi europei. La tempistica è un dato di fondo essenziale. Questo non è un Piano che si può fare con proroghe, non ci sono proroghe, non sono proprio ammesse. Così come non è ammesso un cambiamento di obiettivo.
E’ lo Stato che ha scommesso su questo, è l’Europa che scommesso. Il dibattito che ha accompagnato i momenti prima dell’approvazione del PNRR, con i Paesi cosiddetti frugali che erano contrari all’emissione di debito comune, ha di fatto delineato una nuova Europa. Se l’Italia non ce la farà a realizzare il PNRR, e io non ci credo, non è un problema solo italiano, è un problema che mette in discussione il futuro dell’Europa e investe tutta l’Europa nel suo complesso.
Adesso noi ce la dobbiamo fare perché ne va del futuro del nostro Paese. E ce la dobbiamo fare perché il Paese si sta attrezzando, il governo Draghi sta facendo moltissimo da questo punto di vista. Il governo Draghi sta investendo sul futuro dello Stato, sta supportando le amministrazioni attraverso assunzioni dedicate al PNRR, con professionalità specifiche. In questo senso stiamo supportando anche gli enti locali.
Lo sforzo in questo momento non è solo nazionale, ma è sovranazionale, è europeo, affinché il PNRR venga realizzato. Perché l’Europa ha bisogno di un’anima, e l’anima è dalle politiche che emergono dal PNRR. La scuola è il futuro, la scuola sono i giovani. Il cambiamento climatico, il verde, il digitale… parliamo del futuro.
Diventa quindi fondamentale che tutti gli attori coinvolti lavorino insieme nella stessa direzione. Ma come si fa a dare ordine a questa situazione, con i divari che esistono oggi? Come state immaginando questa infrastruttura che avrà il compito di mettere insieme tutte le competenze del Paese a servizio dei bambini e dei ragazzi?
Questo è un piano sfidante perché l’Amministrazione Pubblica è ridotta ai minimi termini da anni di depauperazione dell’infrastruttura umana dell’Amministrazione. Gli esodi, il personale che invecchia, la mancanza di assunzione, tutto incide in negativo. Però voglio cogliere anche questa occasione per dire che un’inversione di tendenza c’è ed è importante. Sono molti i giovani che stanno entrando nell’Amministrazione. Domani, 7 dicembre, uscirà un bando per assumere 50 dottori di ricerca a tempo indeterminato nel Ministero.
Noi stiamo progettando le riforme, e progettare le riforme in questo Paese è sempre molto complicato. Gli attori, la varietà degli stakeholders è ampia, ti devi confrontare con tante persone, non solo con il Parlamento, con le organizzazioni sindacali, con le organizzazioni professionali, con chi opera nell’Economia. C’è una grande opera di condivisione, di capire quelle che sono le esigenze. Quindi sono riforme che in realtà nascono proprio nel modo più genuino, cioè con il confronto.
La tendenza del nostro Ministro è proprio questa, confrontarsi con gli attori che operano nel campo dell’Istruzione.
Le scuole come potranno seguire le evoluzioni del PNRR e capire quali sono le possibilità che hanno per fare dei progetti o delle attività per migliorare l’offerta normativa?
Diciamo due cose. La prima è che il Governo e il Ministero hanno strutturato una infrastruttura di Comunicazione, noi abbiamo un sito dedicato a questo dove appunto ci saranno non solo le comunicazioni di servizio ma anche quell’elaborazione che ha come obiettivo quello di far capire l’evoluzione e lo stato dell’arte, capire dove si sta operando e come. Una delle cose che ho avuto subito ben chiara e che ho cercato di trasmettere alle persone che lavorano con me è appunto questa, noi non dobbiamo più limitarci a dare notizie su quel segmento di attività che fa il Ministero. Per esempio, nell’edilizia scolastica gli interlocutori sono gli enti locali; ciò che interessa al cittadino e a chi opera nella scuola o anche a chi non opera nella scuola è di capire se quella infrastruttura si sta realizzando, cioè non vuole capire soltanto quello che ha fatto il Ministero, vuole capire l’iter nel suo complesso, vuole capire a che punto si è, quando la scuola sarà realizzata, se si è in tempo con gli obiettivi del PNRR.
Noi attraverso il sito dobbiamo dare queste informazioni, dobbiamo darle contestualmente. Così come, per i progetti di cui saranno titolari le scuole, noi dobbiamo dare scuola per scuola quello che è lo Stato dell’Arte. Ci sono risorse molto importanti che le scuole non hanno mai visto in tanti anni, e sono risorse che hanno obiettivi specifici. Se per esempio vi sono delle risorse dedicate all’orientamento, magari insieme al Ministero dell’Università, quelle risorse sono assolutamente fondamentali ed è importante che le scuole e i genitori sappiano come si spendono quelle risorse.
Per fare questo è necessario che ci sia un’infrastruttura, e c’è, il Ministero dell’Istruzione l’ha già costruita e siamo tra i primi ad averlo fatto, un sito dedicato. Ci deve essere una comunicazione che non è soltanto comunicazione di servizio, deve essere un’informazione, deve essere un canale web del Ministero dell’Istruzione che informa costantemente sull’andamento delle azioni delle singole scuole, dei singoli comuni, in cui i singoli soggetti attuatori sono monitorati. Ma sono monitorati non soltanto per finalità amministrative, ma sono monitorati perché la gente sappia come si spendono queste risorse.
Quindi sarà un sito con una doppia entrata, da una parte il Ministero proporrà bandi, avvisi e informerà su come accedere ai fondi del PNRR, dall’altra parte sarà anche il luogo dove ogni soggetto, comune, città metropolitana o singola scuola potrà rendicontare e raccontare come sta spendendo quei fondi, anche i risultati che avrà?
Sì, assolutamente sì, e tutto deve essere fatto in un’ottica unitaria, non per quel segmento di amministrazione che è di competenza del Ministero dell’Istruzione, ma per tutto l’ambito, dall’azione che svolge il Ministero all’azione che compie il soggetto attuatore, che può essere la scuola, il comune, la provincia, e così via.
Siccome stiamo arrivando alla conclusione del nostro webinar, ti anticipo che mi piacerebbe fare degli approfondimenti, per esempio sugli ITS, sulla riforma scolastica, sull’orientamento…. ci sono dei temi importantissimi per la scuola del futuro. Prima di chiudere ti vorrei fare due domande. La cosa che ti fa più paura, che temi di più per la realizzazione del piano di Ripresa e Resilienza e la cosa che invece ti sta più a cuore, quella in cui vedi più futuro per tutti.
Questo è un piano che non ci consente di perder tempo, quindi qualsiasi cosa che ci porta a perder tempo, mi fa paura. E discutere non è un perder tempo, se poi alla discussione segue una decisione per l’azione. Una crisi di governo mi fa paura, ma perché sappiamo poi come funziona, ti blocca per 3 o 4 mesi, rallenta l’azione di realizzazione. In quel caso, per un piano di questo tipo che ha tempi molto contingentati, è pericoloso.
Invece il futuro, la speranza, è nella realizzazione. Immagino che in una zona ad alta densità criminale, camorristica o mafiosa, la costruzione di un asilo nido è molto importante, ti fa guardare al futuro, perché in quelle zone dove c’è la cappa della criminalità non c’è futuro. Dare alle mamme e ai papà di quelle aree la possibilità di avere un luogo dove lasciare i loro figli per permettere loro di cercare un lavoro è fondamentale, è un modo di guardare al futuro, è una speranza.
Apprezzo molto questo tipo di azioni che state facendo con Riparte l’Italia, perché il PNRR ha bisogno di un controllo sociale diffuso, di questo ne sono convinto, non deve essere soltanto delle burocrazie, degli apparati statali, ma ci deve essere un controllo continuo. Quindi quando vedo che l’Università di Napoli fa un suo Osservatorio, la Svimez fa un suo Osservatorio per valutare bene i gap sud-nord e così via, tutto questo è assolutamente fondamentale.
Penso che questo piano avrà più possibilità di essere realizzato con i tempi previsti se c’è un controllo sociale diffuso, dove controllo significa informazione, significa dibattito, significa occasioni come questa.