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L’incubo dell’accerchiamento dell’Ucraina | L’analisi di Rocco Cangelosi

Dopo due anni di guerra nulla fa sperare che si vada verso la fine del conflitto ucraino. Al contrario giungono segnali preoccupanti in senso opposto. L’uscita di Macron sull’ eventualità  di inviare contingenti militari “boots on the ground” in Ucraina scuote le cancellerie europee, l’Amministrazione Usa e la NATO.  Il diniego alla proposta francese è stato unanime, ma ciò non toglie che sussistano forti preoccupazioni sulle sorti della guerra in Ucraina e sulle capacità di difesa dei Paesi europei anche alla luce di quanto dichiarato da Trump nel caso in cui dovesse ridiventare Presidente degli USA.

Le preoccupazioni francesi, condivise da molti altri Paesi, derivano dalla constatazione che le sorti della guerra in Ucraina stanno volgendo al peggio per Zelensky e il suo esercito, con il rischio di un’ulteriore avanzata russa che potrebbe determinare un profondo sconvolgimento politico-militare nel governo di Kiev.

Immaginiamo che cosa potrebbe rappresentare per l’Ucraina e l’Europa la caduta di Odessa che continua  a costituire un obbiettivo prioritario sul quale è tornata a concentrarsi  con recenti attacchi di droni l’attenzione di Putin.

A ciò si aggiunga la possibilità che la Transnistria venga prima o poi incamerata, su sua richiesta, dalla Russia completando il quadro di accerchiamento dell’Ucraina.  Di fronte a un tale scenario l’Europa, con gli Stati Uniti sempre più distanti dalle vicende ucraine, si pone il problema  di come mettere a punto una strategia difensiva per evitare una vittoria russa che inevitabilmente segnerebbe la caduta di Zelensky e del suo governo. Per far questo tuttavia occorrono non solo adeguati armamenti altamente sofisticati, ma anche istruttori che insegnino ai soldati ucraini come usarli. La reazione di Mosca alle proposte francesi è  stata netta. L’invio ufficiale di uomini sul terreno(si sa infatti che molti volontari provenienti da vari Paesi europei  operano già nelle zone di guerra) equivarrebbe a una dichiarazione di guerra alla Russia, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.

Appare sempre più chiaro che Putin di fronte al disimpegno   americano che sembra delinearsi nel Congresso  voglia testare la reale capacità e volontà  di reazione dei Paesi europei di fronte a nuove violazioni  da parte russa come potrebbe essere l’occupazione del corridoio Suwalki, un lembo di terra lungo circa 65 chilometri, che collega la Polonia con gli Stati baltici e separa la Bielorussia e la regione di Kaliningrad della Federazione Russa Le proposte di Macron, al di là di ogni considerazione sulla loro effettiva praticabilità, segnalano comunque una situazione estremamente delicata che  richiede una presa di coscienza da parte delle opinioni pubbliche con adeguati dibattiti parlamentari. Il rischio è infatti che siano intraprese  unilateralmente e senza la dovuta trasparenza iniziative suscettibili di provocare l’allargamento  del conflitto.

Ne sono un esempio gli accordi bilaterali di mutua assistenza firmati da alcuni Paesi europei, tra i quali ultimamente anche l’Italia, che potrebbero contenere clausole che comportano interventi  automatici suscettibili di  determinare uno stato di guerra  diretto con la Russia.  La provocazione di Macron dovrebbe pertanto indurre NATO  e UE a una riflessione comune per stabilire “linee rosse” credibili, oltrepassate le quali Putin si troverebbe  a dover affrontare direttamente la NATO con le drammatiche conseguenze che ne potrebbero derivare. Parallelamente, dovrebbero essere esplorate le possibilità  di congelare il conflitto su una linea del fronte accettabile per le due parti.

Data la situazione  che si è  venuta a creare sul terreno al momento attuale appare prioritario  adottare una forte strategia difensiva che impedisca ulteriori avanzate russe. Ciò  non significa abbandonare al loro destino i territori occupati illegalmente da parte russa, che la Comunità internazionale non riconoscerà mai, ma porre le basi per un percorso, che dovrebbe portare, una volta scomparso Putin e l’attuale dirigenza del Cremlino, a ridefinire un equilibrio e una nuova architettura di sicurezza in Europa.

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