Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

[L’analisi] La grande paura dei mercati è la stagflazione, ma puntano su un rimbalzo

I mercati temono la stagflazione e s’interrogano sul prossimo futuro dell’economia globale. La guerra, l’alta inflazione e l’inasprimento delle politiche monetarie delle banche centrali stanno accelerando il rallentamento della crescita economica e alimentando la volatilità e le turbolenze dei mercati. Finora tutto ciò ha preso una strada ribassista, che potrebbe proseguire, con rapidi “relief” e cioè col contorno di brevi schiarite, anche la prossima settimana. Tuttavia, la sensazione è che i mercati potrebbero invece percepire di essere scesi troppo ultimamente e potrebbero rimbalzare in modo più duraturo e consistente.

Mare mosso

«C’è ancora mare mosso sui mercati» sostiene Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte «anche se personalmente credo che si stiano creando le basi per un rimbalzo, sebbene temporaneo. Me lo suggeriscono alcuni indicatori, come il Vix (un popolare indice della volatilità dei mercati, ndr.), che cominciano a essere storicamente in eccesso. Se questo eccesso la prossima settimana dovesse rafforzarsi e raggiungere un massimo, e ci siamo quasi, si potrebbe registrare un rimbalzo non di un giorno solo. Ma affinché ciò avvenga occorre tenere d’occhio queste condizioni estreme». 

Incubo margini e rischio stagflazione 

La settimana scorsa i mercati hanno avuto l’«incubo margini». C’è stata una ventata, peraltro in parte attesa, di notizie non buone per quanto riguarda alcuni grossi rivenditori al dettaglio Usa, in particolare Walmart e Target. I due colossi hanno ammesso che i costi, in particolare quelli per i carburanti e i trasporti, sono schizzati verso l’alto e che, per ammortizzarli, invece di rifarsi alzando i prezzi, molte aziende stanno scegliendo di ridurre i margini, cioè di rinunciare a parte dei guadagni. Questo perché l’alta inflazione sta riducendo il potere d’acquisto dei clienti e c’è il rischio che alzando troppo i prezzi delle merci i consumatori smettano di comprare. La riduzione dei margini dei big della grande distribuzione ha rappresentato un campanello d’allarme concreto per i mercati e ha aperto loro gli occhi sul rallentamento della crescita in corso, scatenando un’ondata di vendite.

È la domanda che fa il gioco 

«È la domanda» spiega Cesarano «che fa il gioco, minacciando un calo degli acquisti o riducendoli e spingendo così le aziende a far scendere i margini. Questo significa rallentamento della crescita e soprattutto un rallentamento che non può più contare sugli aiuti delle banche centrali. I banchieri centrali ammettono il rallentamento ma spiegano che la priorità è la lotta all’inflazione e che dunque occorre rialzare i tassi anche a costo di frenare la crescita economica». Risultato: i mercati, le borse in particolare, si spaventano e vanno in tilt.

«Questo» dice Cesarano «non succede all’obbligazionario, che già da marzo e aprile aveva segnalato il rischio recessione, con l’appiattimento e poi l’inversione della curva dei rendimenti, incorporando i rialzi dei tassi attesi di Bce e Fed. Adesso il mercato obbligazionario si è messo a lavorare su quello che succederà dopo, in un prossimo futuro, e quindi sulla probabile recessione americana del prossimo anno e sulle contromosse della Fed, che in caso di recessione dovrà nuovamente invertire l’orientamento di politica monetaria».

Per questo le borse vanno giù, mentre il valore dei Treasury, i titoli di Stato, sale e, di conseguenza i rendimenti calano, come dimostra il tasso sui T-bond a 10 anni, che è sceso dal 3,2% al 2,8%. Da segnalare che, oltre alla paura per la riduzione dei margini, la scorsa settimana a far crescere sui mercati la percezione di una stagnazione non più incombente ma sempre più concreta è arrivata una serie di tagli sulle stime di crescita degli Stati Uniti da parte di alcune grandi banche Usa, tra cui Goldman Sachs, Deutsche, JP Morgan e, ultima Bank of America, la quale per quest’anno prevede un aumento del Pil a stelle e strisce del 2,6% invece del 2,7% inizialmente stimato e per il 2023 dell’1,5% invece dell’1,8%.

Questa settimana potrebbe registrarsi un rimbalzo 

«Personalmente» dice Cesarano «credo che si stiano creando le basi per un rimbalzo. Me lo suggeriscono alcuni indicatori che cominciano a essere in eccesso». Tra quelli da tenere sotto osservazione c’è il Vix, l’indice di volatilità del Chicago Board Options Exchange, una misura popolare dell’aspettativa di volatilità del mercato azionario basata sulle opzioni dell’indice S&P 500. Adesso l’indice è alto e sta intorno a 30 punti.

«Se dovesse arrivare in area 35 punti» spiega Cesarano «considerando quello che è avvenuto storicamente in passato potremmo avere un segnale che i mercati stanno esagerando con la paura e dunque con la volatilità» e coi ribassi. Va comunque ricordato che durante la pandemia il Vix è arrivato anche oltre i 40 punti. Altri indici da tenere d’occhio sono quelli sulle “financial conditions”, indicatori sulle condizioni finanziarie, come il National Financial Conditions Index (Nfci) della Fed di Chicago.

Insomma, ci sono diversi indici che catturano gli “eccessi” di mercato e che vanno monitorati. «Se questi eccessi in settimana dovessero rafforzarsi e raggiungere un massimo, e ci siamo quasi, si potrebbe registrare un “relief”, un rimbalzo tecnico, o anche un po’ più prolungato, non di un giorno solo. Affinché ciò avvenga occorre tenere d’occhio queste condizioni estreme, a partire dal Vix».

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.