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La stabilità finanziaria migliora ma c’è rischio sul debito | L’analisi di Bankitalia

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Le guerre e le incertezze geopolitiche sono sempre lì che incombono, pronte a stravolgere ogni stima e scenario. Tuttavia, almeno dal punto di vista finanziario, l’Italia ha migliorato in stabilità negli ultimi mesi. Nel suo consueto rapporto, la Banca d’Italia elenca una serie di schiarite: un’economia che dopo lo stancamento di fine 2023 è tornata a crescere, l’inflazione in frenata, banche in buone condizioni e famiglie che hanno ripreso a risparmiare e beneficiare di un aumento del potere di acquisto.

Ma a parte i conflitti, sul nostro Paese incombe l’annoso problema del debito e soprattutto del suo rapporto con il Pil.

Scrivono gli esperti di Via Nazionale, che pure sottolineano il calo dello spread e quindi le condizioni abbastanza distese dei mercati verso il nostro Paese, come il rapporto debito pubblico/pil “su valori elevati rimane tuttavia un fattore di rischio”, specie se l’economia dovese subire un nuovo rallentamento. L’istituto centrale ricorda che per rispettare il patto Ue occorreranno tassi di crescita più elevati e “un miglioramento del disavanzo strutturale”. L’Italia insomma è obbligata a una crescita più robusta di quella asfittica degli scorsi anni pre pandemia e a mettere a segno avanzi primari per rispettare gli obiettivi di riduzione del debito.

Un debito che, vista la ritirata delle banche centrali dal quantitative easing, vede diminuire la quota appunto in mano alla Banca d’Italia. Chi compra, attratte dai buoni rendimenti spostando così la liquidità dai conti correnti, sono le famiglie (che oramai possiedono oltre il 10% dei titoli di stato) e i fondi esteri. Il successo del Btp Valore, che può beneficiare anche di una tassazione agevolata, è parte di questo generale andamento. Vendono invece i titoli italiani le banche e le assicurazioni.

Ancora le famiglie si trovano “in una situazione finanziaria nel complesso solida” grazie anche alla ripresa dei mercati che ha ridato valore agli attivi in portafoglio. Certo chi ha un mutuo a tasso variabile e non lo ha rinegoziato soffre di più.

Questi “hanno subito un deterioramento poco più marcato” rispetto al totale dei prestiti “e nel corso del 2023 la quota di famiglie con almeno una rata in ritardo è leggermente aumentata, sebbene si mantenga inferiore alla media degli ultimi dieci anni”.

Per via degli alti tassi nel 2023 famiglie (e anche imprese) hanno ridotto, fino ad azzerarne la crescita, le richieste di prestiti alle banche. Tuttavia il comparto del credito resta in buona salute. Il margine si sta riducendo ma resterà alto nel 2024 e potrà così affrontare l’aumento dei crediti non pagati previsto, il quale comunque si manterrà lontano dai picchi visti nella crisi finanziaria.

La nuova richiesta della vigilanza di costituire una riserva di capitale poi, anticipata dal governatore Panetta a febbraio, potrà essere coperta da quella già disposta dalle banche in alternativa al pagamento della tassa sugli extraprofitti. Una opzione introdotta come correzione al primo provvedimento del governo e adottata da tutti gli istituti di credito. Non a caso la misura varata dalla Banca d’Italia non ha suscitato forti reazioni nel mercato.

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