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La rete idrica italiana è in affanno: perdite record e riuso al palo | L’analisi

Servono 60 miliardi di ulteriori investimenti per fronteggiare il crescente deficit idrico dell’Italia che deve fare i conti con perdite record (il 45% nel civile) per la rete nazionale, ben al di sopra della media Ue (10%), percentuali troppo risicate di riuso dell’acqua depurata (appena il 5% rispetto al 20% del resto d’Europa) e un prezzo dell’acqua potabile del 30% inferiore a quello che si registra nel Vecchio Continente e che, unito a tariffe di autoprelievo agricolo/industriale, pari a 0,04 euro per metro cubo, non risulta adeguato a stimolare comportamenti virtuosi.

Poco diffusi anche a livello di consumi se si considerano i 220 litri di fabbisogno giornaliero pro capite a fronte dei 134 litri di media Ue con Spagna e Germania che si collocano anche al di sotto di questa asticella (rispettivamente 127 e 134 litri al giorno).

A scattare la puntuale fotografia del sistema italiano è una ricerca realizzata da Bain & Company a valle di un incontro a porte chiuse che ha riunito attorno allo stesso tavolo istituzioni, autorità e aziende.

Obiettivo, scrive il Sole 24Ore, tracciare un quadro completo considerando che l’agricoltura rappresenta il 55% dei consumi idrici, seguito dal settore industriale con il 25%, mentre quello civile pesa solo per il 20 per cento.

Secondo il check di Bain & Company, le criticità attuali – e quelle future in assenza di interventi adeguati – derivano da un settore complesso e frammentato (quasi il 50% del sistema è gestito da piccoli operatori e gestioni in economia), in cui pesa ancora la scarsa industrializzazione (appena il 28% della torta complessiva è in mano a player industriali).

Ad aggravare la situazione, poi, c’è il rischio legato ai cambiamenti climatici che, con il continuo incremento delle temperature, renderà questa risorsa ancora più scarsa e preziosa, insieme all’aumento dei consumi (al 2050 previsto in crescita dell’8%) e alla riduzione dei deflussi idrici (-7% al 2050).

“Lo scenario deve essere affrontato senza esitazioni”, spiega al Sole 24 Ore Roberto Prioreschi, Semea Regional Managing Partner di Bain & Company, “individuando una strategia di lungo periodo e, parallelamente, implementando azioni coerenti e continuative.

Flessibilità del sistema, incremento delle fonti di approvvigionamento e riduzione dei consumi supportata da soluzioni tecnologiche come l’applicazione dell’intelligenza artificiale generativa, sono gli elementi chiave su cui concentrare gli sforzi per rispondere al trilemma del settore idrico, ossia circolarità, sicurezza delle forniture ed economicità”.

“È cruciale”, aggiunge, “sviluppare una vera e propria strategia idrica nazionale, ripensare il market design per gestire la pianificazione e l’allocazione delle risorse attraverso un’analisi strutturata del bilancio fonti-impieghi per bacino”, data la forte eterogeneità del territorio italiano, con il distretto Padano che emerge come il più critico, con precipitazioni insufficienti a coprire i consumi finali e il deflusso ecologico del bacino.

E il quadro non appare roseo nemmeno guardando ai prossimi mesi dal momento che le previsioni per agosto 2024 indicano deficit superiori al 2023 e l’indice di snow water equivalent, con cui si misura la quantità di acqua contenuta nella neve, è in deficit rispetto a serie storica del -64%.

Il rischio, quindi, è di andare incontro a una nuova crisi idrica – accelerata da un inasprimento del rapporto tra la maggiore domanda (2 miliardi di metri cubi l’anno) e una minore offerta (10 miliardi di metri cubi annui in meno), che genererà un fabbisogno di investimenti incrementale di circa 60 miliardi di euro.

“Suggeriamo quattro azioni pratiche”, prosegue Prioreschi, “da adottare nel breve termine, a cominciare dall’estensione sui consumi dei distretti idrografici della governance regolatoria”.

Che, vale la pena di ricordare, ha consentito nel tempo al settore di compiere un deciso salto in avanti, grazie all’introduzione di tutta una serie di leve tariffarie, da ultimo quella legata alla resilienza idrica, che hanno spinto gli operatori ad aumentare gli investimenti finalizzati ad ammodernare e potenziare reti e infrastrutture.

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