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La destra al governo difende gli interessi delle categorie alle quali sa parlare | L’analisi di Stefano Lepri

Proprio ora che si riaccende lo scontro su una delle più classiche contrapposizioni Destra/Sinistra del Novecento – pro o contro lo sciopero generale – la politica di questa destra – scrive sulla Stampa Stefano Lepri – sta prendendo contorni assai diversi dal passato. Non a caso alcune delle critiche più azzeccate alla legge di bilancio 2024 sono venute dagli industriali. Nella storia, l’astensione dal lavoro valeva come chiamata a raccolta della protesta dei deboli. Ma le misure decise dal governo Meloni non sembrano configurare un disegno di imporre privazioni alla parte più debole della nostra società. Piuttosto, seguono il contorno confuso degli interessi delle categorie alle quali l’attuale coalizione di governo sa parlare.

Si è formato un blocco di consenso che è conservatore, eppure non somiglia affatto alle stratificazioni classiste di un tempo. Il mondo cambiato troppo in fretta suscita la paura che ogni cambiamento intravisto in futuro sia per il peggio. Così chi difende privilegi piccoli non trova di meglio che allearsi con chi ne difende di grandi.

Dato che i conti dello Stato impedivano di realizzare le promesse elettorali, sono state fatte delle scelte che mostrano una tendenza. Si lavora a una riforma fiscale che promette di alleviare il carico per le imprese piccole (con più tolleranza per l’evasione, anche) e probabilmente lo appesantirà per le grandi; resteranno intoccabili le rendite immobiliari.

Le imprese non solo grandi perderanno ben 4,7 miliardi di euro con l’annunciata abolizione dell’Ace, normativa fiscale che le incentiva ad aprirsi a nuovi azionisti anche quotandosi in Borsa, facendole dipendere meno dalle banche. Emerge casomai la preferenza per le imprese con gruppi proprietari chiusi e ristretta base azionaria. Può darsi che il governo conceda in contraccambio sgravi sugli utili reinvestiti che in passato si sono rivelati complicati da applicare e talvolta distorsivi. Tratto distintivo dell’insieme delle misure è la «poca attenzione alla competitività del sistema produttivo», per dirla con la Confindustria.

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