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Il cambiamento climatico non ci assolve | L’analisi

«Il cambiamento climatico amplifica le conseguenze dei dissesti di un territorio molto fragile. Senza dimenticare gli errori legati a una gestione non attenta del territorio stesso a partire dalla insufficiente manutenzione dei corsi d’acqua fino all’eccessivo consumo di suolo». Lo dice all’AGI, Francesca Giordano, ricercatrice dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) commentando la strage del maltempo in Emilia-Romagna. «Dare la colpa solo al cambiamento climatico è un modo per non volerci prendere la responsabilità di quanto sta accadendo. Questi fenomeni derivano da una combinazione di eventi».

Per la ricercatrice «siccità e alluvioni sono due facce della stessa medaglia che non si annullano a vicenda, anzi, sono un moltiplicatore del rischio, quindi, devono essere affrontare con un approccio comune: ridurre il danno da una parte, nel caso di bombe d’acqua e immagazzinare la risorsa idrica, attraverso la creazione di nuovi invasi, per poi utilizzarla quando serve».

Non si parla di normalità ma l’evento “eccezionale” si svuota di significato visto che le forti precipitazioni degli ultimi due giorni sono gemelle (più aggressive) di quanto avvenuto sempre in Romagna lo scorso 2 e 3 maggio. «Sono eventi fuori dalle serie storiche che» avverte l’esperta «dobbiamo abituarci a non definire più “eccezionali” e quindi non possiamo nasconderci dietro un dito». Solo un paio di settimane di tregua poi una nuova valanga di pioggia.

«Senza il cambiamento climatico questi eventi si sarebbero ripetuti ogni 50, 100 anni. Invece ora sono più frequenti. Ma» rimarca la ricercatrice dell’Ispra «derivano da problemi pregressi come, ad esempio, una gestione del territorio non sempre oculata».

Sul banco degli imputati, secondo l’esperta c’è l’eccessiva cementificazione. «L’Emilia-Romagna» spiega Giordano «è una delle una delle regioni in Italia in cui sono più alti i valori di consumo di suolo anche nei territori a livello alto di pericolosità idraulica. Si costruisce ancora in zona pericolose andando a esporre le popolazioni a un rischio. Ci sono edifici, forse condonati nel tempo, che si trovano a essere a ridosso degli argini dei fiumi. L’impermeabilizzazione del suolo rende il territorio meno in grado di assorbire l’acqua».

La parola chiave è prevenzione. «Occorre aumentare le casse di espansione per contenere le piene dei fiumi, e rafforzare gli argini dei corsi d’acqua. Anche la comunicazione ha un ruolo fondamentale soprattutto rivolta alle persone fragili in modo da ridurre la loro esposizione ai rischi». Senza risorse è difficile fare cambiamenti strutturali. «I fondi del Pnrr» sottolinea Giordano «rappresentano una grande opportunità per finanziare le opere idriche. Dobbiamo prepararci al cambiamento climatico con strategie di adattamento sia sulle conseguenze degli eventi estremi e sia sulla mitigazione che agisce sulle cause». Per questo è necessario «fermare il consumo di suolo che» conclude la ricercatrice «determina l’impermeabilizzazione del suolo e occorre recuperare una risorsa preziosa come l’acqua con il sistema degli invasi. Oggi in Italia ne raccogliamo una percentuale bassissima ma questo non ce lo possiamo permettere».

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