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“Io commissario al Recovery Fund? Non so se ne serve un altro”. La reazione di Cottarelli

“Io commissario? Non so se sia utile. L’Italia prenda i fondi del Mes”.

E’ quanto dichiara in un’intervista al Corriere della Sera, Carlo Cottarelli, professore che si occupa dell’Osservatorio sui conti pubblici, commentando l’idea di essere nominato commissario per il Recovery fund: “Non me lo ha detto nessuno. Quindi credo che non sia vero”.

Quanto a una sua eventuale disponibilità: “Prima tutto bisognerebbe chiedersi se serve un altro commissario, tra l’altro per una cosa che dovrebbe gestire il governo. Insomma, andrebbe capito il ruolo di una eventuale figura del genere”.

All’obiezione del quotidiano di via Solferino secondo il quale gli interessi risparmiati prendendo i 36 miliardi del Mes valgono 9 volte il taglio dei parlamentari, Cottarelli risponde che intanto “li prenderei” e che se anche Il Mes “era stato creato per uno scopo diverso”, ora “serve proprio a far arrivare i soldi presto” e a tale proposito “sono state date assicurazioni che le parti di supervisione stretta sui bilanci pubblici non verrebbero applicate”.  

Pertanto, rileva Cottarelli, “non vedo perché non dovremmo chiedere questi prestiti” perché di fatto “36 miliardi a tassi quasi zero per 10 anni significa per l’Italia risparmiare 500 milioni all’anno, circa 9 volte più di quanto risparmierebbe col taglio dei parlamentari” e, tra l’altro, “la sorveglianza rafforzata sui bilanci puo’ partire, su iniziativa della commissione, anche senza aver chiesto prestiti al Mes”.

Per il professore che si occupa di monitorare i conti pubblici, la priorità è “far ripartire il Paese” ed è necessario farlo rilanciando “gli investimenti, con classiche politiche keynesiane” sbloccando “i 70 miliardi di opere pubbliche gia’ finanziate” e anche favorendo lo Stato azionista nelle aziende per salvarle, ma a un patto: “La parola chiave” e’ ingresso “temporaneo”, dice Cottarelli, e “se è così, va bene” ma se invece “si trattasse di un ingresso permanente mi preoccuperebbe”. Ad ogni modo, in questo senso – conclude il professore dei conti pubblici – “mi pare strana la norma del decreto Rilancio che prevede la creazione di ‘Patrimonio destinato’ in capo alla Cdp, con una dotazione di 44 miliardi, della durata di 12 anni; durata che può essere estesa con una semplice deliberazione della stessa Cdp, su proposta del ministero, senza interpellare il Parlamento”.

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