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Intelligenza artificiale dove ci porti | Dialogo di Benedetta Cosmi con Antonio Montesano, Head of Digital di OMD

«Ho cominciato questo lavoro quando il digital aveva ancora una penetrazione contenuta, con quote marginali della torta pubblicitaria» – sono in dialogo con Antonio Montesano – «vi porto in un futuro non troppo lontano, molto più vicino di quello che possiamo immaginare».

«Quello che a me interessa è l’impatto di questa innovazione nelle nostre vite e nel nostro lavoro (il mio in particolare)».

Tu, Antonio, hai entusiasmo e visione, aiutami a trasmetterli, parlavamo di capitale umano e Pmi…

Grazie, credo che l’entusiasmo sia fondamentale per affrontare il cambiamento.

Quando ci si confronta con argomenti legati all’innovazione e alle nuove tecnologie, c’è sempre il rischio di una percezione «distopica» o dell’effetto Terminator, che alimenta la paura che le macchine possano prendere il controllo su di noi. Personalmente non ritengo che una tecnologia sia intrinsecamente buona o cattiva, è l’uso che se ne fa a determinarne la valenza.

Quindi l’entusiasmo può solo essere foriero di buoni auspici e aiutarci a guidare queste tecnologie verso un loro utilizzo proficuo, capace di generare valore per noi, per la società e per le nostre aziende e organizzazioni.

Ritengo che l’introduzione del machine learning rappresenti un’opportunità straordinaria per l’Italia e per il nostro sistema economico, principalmente composto da piccole e medie imprese. Il machine learning permetterà a queste aziende, spesso con risorse umane limitate, di competere con grandi imprese e multinazionali, massimizzando l’efficacia del lavoro e sfruttando appieno le potenzialità offerte dalla tecnologia.

Tra Web 3, Blockchain e NFT dove ci porti?

Il cambiamento ha sempre preoccupato l’essere umano, forse perché ogni volta che qualcosa cambia siamo chiamati a riconsiderare e modificare le abitudini che ci eravamo creati, e la visione del mondo che sostanziava queste abitudini. Eppure siamo noi stessi i promotori di questo cambiamento, è come se ci fossero due forze contrapposte che agiscono in noi: una che ci porta a innovare costantemente per migliorare la nostra vita e la nostra simbiosi col mondo che ci circonda, l’altra che ci spinge a ripetere azioni e sedimentare convinzioni, nella speranza che una visione totale e cristallizzata della realtà ci protegga dall’incognito (e dall’inaspettato) che tuttavia non possiamo evitare.

Negli ultimi vent’ anni abbiamo vissuto un cambiamento tecnologico che, per gli impatti sociali ed economici che ha avuto e che avrà, è pari alle grandi rivoluzioni che hanno totalmente modificato le nostre vite nei secoli scorsi. La crescita esponenziale delle tecnologie digitali, la loro pervasività in tutti gli ambiti della nostra vita, l’affermazione del digitale come realtà a sé stante sono tutti elementi che stanno cambiando e cambieranno sempre di più le organizzazioni sociali ed economiche in cui siamo inseriti e il modo in cui ci rapportiamo col mondo.

A pensarci bene, il primo iPhone è apparso solo nel 2007, oggi è un oggetto comune delle nostre vite, al pari di una forchetta. Il digitale ha attraversato un percorso evolutivo incredibile che lo sta portando ad uscire dagli schermi e a fondersi con la realtà. Dai supercomputer, grandi come stanze, siamo passati ai desktop, poi ai laptop che ci consentivano di avere il digitale con noi passando da una stanza all’altra e poi agli smartphone che lo hanno portato per le strade e l’hanno reso «ubiquo». Il prossimo passaggio sarà quello della mixed reality, degli smart glasses che ci consentiranno di averlo sempre con noi e di proiettare entità digitali nella realtà fisica che ci circonda.

Certo, ci saranno sempre un device che ci consentirà di «proiettarlo» (che siano le lenti degli occhiali, lenti a contatto o chip impiantati nelle nostre retine) o laser che proietteranno immagini con cui potremo interagire, come il prototipo di Humana) e server che immagazzineranno questa mole incredibile di dati (negli abissi degli oceani o perfino sulla Luna). È come se in questo momento noi avessimo creato un nuovo stato della materia: il digitale si va ad aggiungere ai classici stati, liquido, solido e gassoso.

L’avvento del Web 3, la blockchain e gli NFT stanno portando concetti caratteristici del mondo fisico anche in quello digitale, quali quelli di «possesso», «proprietà» ed «esclusività». Già oggi moltissime aziende del fashion (e del luxury soprattutto) stanno sperimentando prodotti di abbigliamento digitali, da indossare nei metaversi (che siano videogiochi o ambienti «social») e, con la mixed reality, molto probabilmente questi oggetti potranno essere utilizzati e «visti» anche nel mondo fisico. Le logiche che ci portano ad acquistare un brand fisico (apparenza e rappresentazione sociale nei confronti degli altri e di se stessi) saranno le stesse che ci porteranno sempre più spesso ad indossare oggetti digitali. E oltre agli oggetti, ad avere assistenti digitali visualizzabili nel mondo fisico. Pensiamo ai virtual trainer capaci di accompagnarci mentre facciamo jogging, a critici d’arte che ci guidano in una visita al museo, a medici che ci visitano a casa o a chef che ci consigliano come cucinare un piatto particolare.

Si rifletta su cosa ciò potrà significare nel mondo del lavoro: avremo assistenti in grado di potenziare incredibilmente le nostre attività e capacità, in tutti i settori, dalla medicina all’ingegneria, dalla comunicazione all’informatica. In tutto questo si inserisce l’evoluzione che il machine learning ha attraversato negli ultimi cinque anni. Spesso viene indicato come AI, Artificial Intelligence, sebbene non si tratti ancora di vere e proprie intelligenze poliedriche, come la nostra, bensì di intelligenze settoriali e ben delimitate a precisi campi di applicazione.

Il machine learning ha fatto passi da gigante e ha potenziato incredibilmente la capacità delle macchine di supportarci nell’innovazione tecnologica, scientifica e creativa. Basti pensare a soluzioni come Alpha Fold di Deep Mind (di Google) che ha consentito di predire la struttura delle proteine o GPT-3 e GPT-4, il modello linguistico autoregressivo creato da Open AI (organizzazione mondiale dedita alla diffusione dello sviluppo e conoscenza del machine learning) che consente di elaborare testi con qualità e caratteristiche simili a quelle della produzione umana!

Proprio lo sviluppo del machine learning in ambito creativo e produttivo è quello che mi interessa maggiormente, in quanto verrà applicato sempre di più al communication marketing, l’area in cui lavoro. Infatti non parliamo solo di testo. Già oggi sono disponibili sul mercato tool di machine learning che consentono di creare immagini eccezionali partendo dalla sola descrizione testuale di ciò che vorremmo fosse rappresentato nell’immagine (Dall E3, Stable Diffusion, Midjourney, Imagen di Google) o perfino video (Make a Video di Meta o Runway). Insomma, avremo a disposizione potentissimi assistenti tecnologici che rafforzeranno al massimo le nostre capacità, come è sempre avvenuto con qualsiasi tecnologia. L’uso che poi ne verrà fatto sarà sempre una questione umana: anche un coltello può servire a tagliare il pane o a ferire qualcuno…

Qual è il tuo lavoro? 

Sono l’Head of Digital di OMD, un’agenzia che si occupa di strategie di comunicazione (communication marketing in senso lato) e supervisiono tutto ciò che rientra nell’ambito digitale, gestendo risorse trasversali che vanno dal performance marketing al digital deployment, dall accounting alla visione strategica. In agenzia mi occupo anche di introdurre innovazione, sempre con l’obiettivo di portare valore ai nostri clienti (che supportiamo nell’impostazione, strutturazione e attivazione delle loro strategie di comunicazione) e veicolare i loro brand e prodotti al pubblico, per trasformare i prospect in customers e per aumentare loyalty e Lifetime Value della loro customer base.

Oggi il digital ha superato la televisione anche in Italia, ma soprattutto possiamo dire che presto sarà tutto digital, perché in fondo esso non è altro che un modo di trasmettere informazioni (la TV ormai è connessa, la radio idem e così anche l’affissione…) e la vera differenza è che amplia incredibilmente le possibilità di segmentare le audience che vogliamo raggiungere e di moltiplicare a dismisura la tipologia di messaggi da veicolare per ciascuna audience. Il limite, a oggi, è proprio la capacità di produrre questa molteplicità di contenuti, che spesso rischia di essere inefficiente.

E qui credo che il machine learning farà la differenza, consentendoci di rendere efficiente la produzione di contenuti, con la massima personalizzazione, aumentando la velocità di produzione creativa e semplificando il lavoro delle agenzie. Immaginiamo ad esempio un creativo che collabora su Photoshop con un tool di machine learning come Stable Diffusion (cosa già possibile peraltro), avvalendosi del supporto della macchina per rendere più veloce il suo lavoro, per aumentare le possibilità creative e ampliare la sua immaginazione. Oppure all’utilizzo di tool di machine learning testuale (come Jasper, Copy.ai o Lex) per scrivere copy e contenuti da diffondere, aumentando a dismisura le versioni possibili e abbattendo drasticamente i tempi di produzione (e la ripetitività di molti di questi compiti).

Quindi in cosa «fai la differenza» per la tua azienda e per i suoi clienti e stakeholder?

Nella nostra agenzia abbiamo già provato a sperimentare l’utilizzo del machine learning integrandolo nell’implementazione delle strategie SEO, grazie all’eccezionale lavoro della nostra unità di sviluppo tecnologico, Annalect. (SEO significa Search Engine Optimization e comprende tutte quelle attività orientate a migliorare l’indicizzazione e quindi il reperimento da parte degli utenti) dei contenuti pubblicati online. Abbiamo deciso di utilizzare la capacità del machine learning di interpretare e scrivere contenuto per migliorare il nostro supporto SEO, sia in termini di velocità che di qualità. Praticamente abbiamo creato un tool che sfrutta il machine learning per interpretare il contenuto come lo farebbe la macchina (Google in questo caso), identificare la rilevanza che il motore di ricerca darebbe a quel contenuto e riscriverlo per aumentare questa rilevanza.

Utilizziamo le regole che sottostanno all’algoritmo di indicizzazione di Google per fare in modo che il tool sfrutti l’NLU (il Natural Language Understanding) per interpretare i contenuti e definirne la rilevanza iniziale. Poi, individuate le aree più carenti in termini di indicizzazione, utilizziamo l’NLP (Natural Language Processing) per fare riscrivere al tool questi contenuti, sempre tenendo conto delle regole dell’algoritmo del motore di ricerca, necessarie per riscriverli in maniera tale da aumentare la rilevanza dei termini più importanti sui quali comparire nelle ricerche degli utenti. Il passo successivo consiste nell’analizzare nuovamente il testo riscritto con l’NLU, rivalutarlo e poi modificarlo ancora, con l’obiettivo di scrivere il miglior testo possibile dal punto di vista dell’indicizzazione.

Si tratta di un processo ricorsivo, continuativo, che ha l’obiettivo di migliorare costantemente i contenuti cercando di riflettere i cambiamenti che i motori di ricerca applicano agli algoritmi che usano e che gli utenti determinano modificando le parole che cercano. Questo semplice tool ci ha consentito di rendere più rapido un compito che prima richiedeva molte ore di lavoro, liberando il tempo dei nostri professionisti in attività più proficue legate a pensiero strategico e innovazione. Ed è solo l’inizio. Prevedo che nei prossimi anni, se non mesi, le applicazioni del machine learning nel nostro settore aumenteranno a dismisura, ottimizzando tempi e risultati sia delle attività interne che di quelle rivolte ai clienti. Si libererà così tempo da dedicare a pensiero strategico e creativo e si potranno sfruttare sempre meglio le quantità incredibili di dati, provenienti dalle fonti più svariate, che oggi abbiamo a disposizione.

Credo che oggi fare la differenza stia proprio nella capacità di decodificare i cambiamenti, interpretarli e cercare di conoscerli, senza paura, ma, al contrario, con la voglia di accoglierli e metterli al servizio del nostro lavoro. Mi entusiasma comunicare l’innovazione ai nostri clienti, cercando di semplificarla e renderla comprensibile. Il mio obiettivo è far loro cogliere il valore che può apportare alle loro realtà e stimolarne la curiosità, promuovendo così un meccanismo di diffusione e replicabilità dell’innovazione.

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