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Fulvio Gigliotti (consigliere Csm): «Troppo stretti i tempi previsti per i processi in Appello e Cassazione»

La riforma Cartabia, su cui il governo ha deciso di porre la fiducia, verrà votata alla Camera il 30 luglio. Dal Parlamento sono arrivati oltre 1600 emendamenti, la gran parte dei quali dal Movimento 5 stelle. La maggiore criticità, secondo Fulvio Gigliotti (M5S), consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, è da individuare nei tempi troppo stretti per i processi in Appello e Cassazione.

«Occorre prendere atto che ci sono sedi territoriali giudiziarie nelle quali, salvo deroghe, i tempi previsti certamente non basteranno per chiudere i processi». Lo afferma Gigliotti in un’intervista di Virginia Piccolillo per il Corriere della Sera.

Consigliere Gigliotti, la VI commissione del Csm che lei presiede, non ha dato parere favorevole alla Riforma Cartabia. Perché?

«Non abbiamo dato un giudizio complessivo. Ma abbiamo ritenuto di dover concentrare l’attenzione su alcuni profili. In particolare, l’improcedibilità».

E non avete ritenuto infondato l’allarme lanciato dal capo della Dna Cafiero De Raho e del procuratore Gratteri, sul fatto che manderà in fumo un gran numero di processi. Perché?

«Il parere contiene aspetti giuridici e pratici».

Partiamo da quelli pratici.

«Personalmente ritengo che occorra prendere atto che ci sono sedi territoriali giudiziarie nelle quali i due anni ipotizzati dalla riforma, per l’Appello e l’uno per la Cassazione, salvo deroghe certamente non basteranno per chiudere i processi. Lo dicono i dati statistici».

Dite che i tempi sono stretti ma anche che si viola la ragionevole durata del processo? Non è una contraddizione?

«Apparentemente. Ma la ragionevole durata del processo riguarda il processo dall’inizio alla sua estinzione. Nella norma si prende in analisi solo un pezzo: dall’Appello in poi. E si dà una regola unica per tutti i processi che non sono omogenei».

Ci sono deroghe per alcuni reati non bastano?

«Dipende dalla complessità degli accertamenti. Una cosa è fare un processo a un imputato, una cosa è farlo a 100. La tipologia di reato potrebbe essere la stessa, gli accertamenti no. Così come cambiano i tempi di accertamento se un imputato viene colto in flagranza di reato o lo è sulla base di sospetti. Ci sono casi in cui per forza di cose tempi sono dilatati e altri no. Ma la regola prevista è unica».

Si obietta che non si può essere imputati a vita.

«Che debba essere assicurata una durata ragionevole non c’è dubbio. Ma ci potrebbero essere altri sistemi. Ad esempio, in Germania, se dura troppo a lungo, anziché impedire di proseguire dettano soluzioni diverse».

Perché non avete fatto qualcosa prima?

«È un problema di strutture, uomini, mezzi e anche contesti. Quindi di risorse strutturali e di personale la cui carenza è notoria. Non spetta al Csm trovare una soluzione normativa».

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