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Franco Moscetti (presidente Oviesse): «Il divario tra lavoratori pubblici e privati dovrebbe essere sanato attraverso interventi a favore delle imprese labour-intensive»

I problemi atavici di questo paese non sono nati con il Covid, il Covid è stato il detonatore che ha fatto esplodere anche a livello mediatico tutta una serie di problematiche che ci portavamo già da anni.

Io non penso che in questa sala si possa dire che tutti i problemi della burocrazia, della giustizia, della fiscalità, della scuola, delle infrastrutture siano problemi nati con il Covid.

Direi piuttosto che il Covid ha dimostrato in maniera drammaticamente netta ed evidente quanto fossimo in ritardo su questi aspetti.

Mi sento il rappresentante di una generazione dirigenziale che ha fallito; poi a livello individuale ognuno ce l’ha messa per quanto ha potuto, ma complessivamente siamo una generazione che non ha saputo prevedere abbastanza, che ha trascurato le nuove generazioni.

Da questo punto di vista sono stato molto felice di aderire al Comitato di indirizzo di Riparte l’Italia proprio perché ritengo giusto trasferire una parte delle mie esperienze, della mia fortuna personale, in modo tale che questo Paese possa essere migliorato.

Oggi il Covid ha peraltro drammaticamente sottolineato l’importanza del lavoro, perché se da un lato è evidente che dobbiamo occuparci in maniera primaria, senza se e senza ma, senza discussioni di parte, della salute dei cittadini, è altrettanto vero che dobbiamo trovare un trade off per cui poi i cittadini che salviamo non abbiano le risorse necessarie per continuare a vivere dignitosamente.

Un esempio dell’Italia che ci ha sorpreso in senso positivo è quello delle cassiere dell’Oviesse che hanno ripreso subito a lavorare senza inviare certificati medici.

Questo è un esempio della responsabilità sociale dei cittadini, dell’impresa e anche della solidarietà che deve contraddistinguere un momento del genere. Sono particolarmente orgoglioso di essere presidente di quest’Azienda che peraltro è un’Azienda labour-intensive, quindi non dimentichiamo questo aspetto, che le Aziende labour-intensive dovrebbero, in un momento in cui c’è necessità di lavoro, essere un pochino più protette rispetto alle altre.

Direi che oggi le nostre cassiere sono anche una sorta di assistenti sociali, noi abbiamo vissuto drammaticamente i mesi di aprile e di maggio con i negozi chiusi, poi il 18 maggio ci è stato consentito di riaprire la parte bambino e questo ci ha dato respiro anche perché è facilmente intuibile che i bambini crescono e quini hanno necessità di abiti nuovi.

Siamo stati i primi che hanno ricevuto 100 milioni di prestito garantito dalla Sace.

Ora il mercato è ripartito, ma non bisogna farsi illusioni in questo senso. Infatti il mercato è ripartito perché la maggioranza degli italiani non è andata all’estero, e quindi il fatto che siano rimasti in Italia con i loro bambini e con le loro famiglia ha fatto sì che nella seconda metà di luglio e nel mese di agosto ha aiutato i risultati, portandoci a fare il 25% in più rispetto al mese di agosto dello scorso anno.

Nel mondo del lavoro attuale, la dicotomia pubblico-privato rischia di esplodere, quando scadranno gli obblighi di licenziamento. Se pensiamo che tra qualche mese ci possono essere tante persone senza lavoro c’è il rischio che questi accetteranno sempre meno il fatto che dall’altra parte ci sia un gruppo di persone che viceversa sia garantita, a volte super-garantita, visto il contesto.

Oggi si dice che i dipendenti pubblici possano stare a casa, abbiano riconosciuto il ticket per il pranzo anche se non vanno a lavoro, ricevano l’indennità di trasferimento. Io non sono un giudice e neanche un magistrato, non è questo il tema, il tema è che se le cose vanno come speriamo non vadano questa situazione potrebbe diventare esplosiva. È una contraddizione che non potrà durare a lungo.

Cosa possiamo fare? Quello che va fatto è stimolare le aziende, che hanno avuto un senso di responsabilità forte anche se in Italia c’è questo sentimento anti-impresa, ma quando ci sono delle difficoltà il senso di responsabilità è molto, molto elevato.

Non credo che il lavoro si crei per decreto, ma bisogna sviluppare e aiutare quelle attività che sono people-intensive perché c’è bisogno che la gente lavori, che lavorando abbia un reddito adeguato per alimentare i consumi, perché poi l’economia di libero mercato è alimentata dai consumi, non è alimentata dai decreti né dalle leggi che vietano qualcosa.

È un tema che va sicuramente affrontato.

Certo, se oggi dovessi indicare la priorità numero uno è certamente la salute, poi la numero due è la scuola. Non possiamo immaginare che con la scuola facciamo un altro lockdown e rimandiamo i ragazzi a casa.

Tutto questo per dire che quello che mi stupisce di questo paese è che ogni tema viene affrontato nella sua individualità secondo interessi di parte. Io credo che dovremo abituarci ad affrontare i temi in maniera sistemica avendo come priorità i superiori interessi del Paese.

Poi facciamo una competizione straordinaria per chi meglio riesce a garantire l’interesse del Paese. Dobbiamo passare dalla massimizzazione del profitto tanto cara ad alcune istituzioni finanziarie a un miglioramento del profitto, ma anche ad un miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini che abitano questo Paese.

Se incontrassi Conte gli chiederei innanzitutto un atteggiamento di non lavorare per la ricerca del consenso, ma di prendere delle decisioni chiare, definite, implementabili, nel rispetto del superiore interesse del Paese.

All’interno del superiore interesse del Paese credo che vada presa come priorità l’interesse per le nuove generazioni.

Noi abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente; nel manifesto di Riparte l’Italia c’è anche la necessità di dare delle borse di studio ai migliori studenti delle migliori università nelle diverse specializzazioni in modo tale da consentirgli di diventare classe dirigente futura, perché secondo me un Paese che non pensa ai giovani è un Paese morto.

E io questo rischio non lo voglio correre.

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