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[L’intervento] Francesco Pugliese (AD Conad): «La tempesta perfetta innescata dal boom dei prezzi arriverà a Pasqua»

«La tempesta perfetta sui prezzi deve ancora arrivare; è già violenta ora, ma il vero test sarà a Pasqua. Perché i rincari delle bollette da febbraio in avanti spingeranno le famiglie a tagliare la spesa». Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, colosso italiano della grande distribuzione, è tutt’altro che tranquillo. Intervistato nell’ambito del programma «Ceo Talks» su Class Cnbc (il video è disponibile su www. milanofinanza.it), lancia l’allarme sull’inverno dei consumi e invia un appello al governo.

«L’inflazione arriverà al 5%. Bene i sostegni alle famiglie, ma ora vanno difese le imprese dal caro-energia; altrimenti, se la corsa dei prezzi proseguirà, molte aziende finiranno fuori gioco e quest’anno ci potremo scordare una crescita del 4% del prodotto interno lordo».

Pugliese, quanto durerà l’inflazione. Pensa che siamo vicini al picco?

Voglio sperare che si raffreddi nel secondo semestre. E incrocio le dita nel dirlo, anche perché il peggio deve ancora arrivare.

Quando, secondo lei?

Secondo le nostre stime, a febbraio. E non sarà soltanto una tempesta, ma la tempesta perfetta. Perché dipenderà da un cumulo di diversi fattori che stanno portando gli incrementi a livelli difficilmente governabili da parte del settore produttivo e di quello distributivo.

Di quali livelli parliamo?

Al momento nel carrello della spesa registriamo un’inflazione del 2,4% contro un rialzo medio dei prezzi del 3,9%. Ma questo avviene soltanto perché stiamo mettendo in atto una serie di politiche di promozione. Presto tutti gli aumenti della catena si scaricheranno sull’utente finale. E si andrà ben oltre il 5%. L’impatto non sarà facile da gestire per le famiglie italiane.

Come affrontarlo?

Innanzitutto vorrei fare un appello al senso di responsabilità dell industria nazionale. Se si analizzano i bilanci degli ultimi due anni delle aziende produttrici, si nota che sono stati estremamente positivi. E adesso non è possibile scaricare tutti i costi sui consumatori, come forse pensano di fare alcuni. Questa mossa metterebbe al sicuro le imprese, ma frenerebbe i consumi in maniera importante. E gli effetti si ritorcerebbero contro tutti.

Tutta colpa dei rincari energetici?

L’energia costa alle imprese esattamente il 100% in più. E questo impatta in maniera violenta sui conti. Se poi si aggiungono gli aumenti della filiera agroalimentare e i costi della logistica, la situazione può essere definita grave. Voglio parlare in difesa delle aziende produttrici: se oggi non le si aiuta a difendere competitività e quote di mercato anche all’estero, sarà un problema per l’intero Paese.

Sui conti di Conad quanto incide questa situazione?

Dopo l’industria metalmeccanica la grande distribuzione organizzata è uno dei settori maggiormente energivori. Basta pensare al trasporto, alle spese generali, al confezionamento. Nei nostri costi abbiamo valutato un incremento dello 0,6%. Ma se si tiene conto che i margini di profitto della grande distribuzione vanno in media dallo 0,6 all’1%, allora appare ovvio che tanti siano in difficoltà.

Le soluzioni?

Mantenere i nervi saldi e non farsi prendere da risposte isteriche di marketing. Bisogna agire con senso di responsabilità ed evitare speculazioni.

Si riferisce ad Esselunga che dice: «II carovita sale, noi abbassiamo i prezzi»?

Anche, ma non è l’unica. Penso che non sia il momento di fare campagne di questa natura perché gli aumenti ci sono e sono reali. Bisogna invece agire anche sui fornitori, perché nella mia vita professionale ricordo un solo caso in cui un’azienda annunciò un calo dei prezzi: si trattava di Barilla, ma fu appunto un evento isolato. Una volta che i listini sono impostati, non calano mai.

Come stanno reagendo le famiglie italiane?

La faccenda più grave è che nessuno ancora se n’è veramente accorto. Perché gli aumenti sono ancora nell’ordine del 2 4% e il consumatore si sta rivolgendo alle categorie di prodotti in promozione. Le vere reazioni arriveranno dopo i rincari delle bollette. E il motivo è chiaro: quando si deve risparmiare subito, l’unica cosa che si può tagliare è la spesa sui prodotti di largo consumo. Perché è difficile stare senza energia, soprattutto in inverno. E quello che mi preoccupa è che a Pasqua ci sarà lo scarico di tutti gli incrementi citati, che sono importanti.

A tutto questo si aggiunge Omicron.

Sì. I numeri sono mostruosi e stanno mettendo in difficoltà la programmazione del lavoro. Il 15% dei nostri dipendenti oggi, sia della sede centrale che dei negozi, è in panchina. Su questo fronte condivido le scelte fatte dal governo per quanto riguarda l’obbligo vaccinale e la riduzione dei tempi di quarantena. Perché bisogna cercare di salvaguardare le attività complessive dell’impresa e di non bloccare il Paese.

Oltre i rincari, il Covid ha cambiato il modo di fare la spesa: negozi più vicini a casa, più online. Come cambia la vostra strategia?

Non abbiamo cambiato il nostro piano triennale, ma lo verifichiamo su base mensile e trimestrale. E’ vero che c’è un ritorno alla prossimità, ma questa deve essere qualificata anche in funzione delle differenze territoriali. Il punto di vendita Conad dovrà coprire i nuovi bisogni dei consumatori nelle aree benessere, salute, casa ed animali, ma anche assicurazioni e vendita di viaggi, in un sistema circolare che leghi il brand ai consumatori.

L’acquisizione di Auchan è stata pensata prima del Covid; è una mossa che rifarebbe?

La rifarei, anche con tutte le difficoltà comportate dal Covid. L’operazione di rilancio complessivo delle grandi strutture non è ancora completata, ma i dati sono positivi. Abbiamo ridotto i siti, portandoli a una dimensione più congeniale, e il mercato è andato meglio. Abbiamo chiuso, a parità di rete, con un +6% nelle grandi strutture, ma con un mese di dicembre a +11%. Guardiamo alla metà piena del bicchiere. Perché si parla sempre delle 3 mila uscite, ma non dei 13 mila che abbiamo assorbito e che hanno continuato ad avere un posto di lavoro. Auchan perdeva un milione di euro al giorno. Era un’azienda in crisi e ora è uscita dal tavolo di gestione delle crisi del ministero dello Sviluppo Economico, mentre tanti altri dossier oggi sono ancora in attesa di una soluzione.

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