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Federico Fubini (Corriere della Sera): «Il debito dovrebbe fermarsi al 158% del Pil, giusto sotto il record di un secolo fa»

“La «Nota di aggiornamento» di finanza pubblica approvata ieri dal governo informa che il debito dovrebbe fermarsi al 158% del Pil, giusto sotto il record di un secolo fa”.

Lo sottolinea Federico Fubini sul Corriere della Sera osservando che: “Eppure questa volta non usciamo da una guerra e Covid-19, per fortuna, non sembra aggressivo come la spagnola. Semplicemente, arriviamo a questa prova dopo un ventennio durante il quale l’economia — prima della catastrofe degli ultimi mesi — era cresciuta al ritmo premoderno dello 0,2% l’anno. Adesso siamo in una fase così delicata della vita del Paese che non ha senso pretendere una stretta di bilancio per rimettere a posto i conti. Nessuno sa dire oggi per quanto tempo ancora i governi europei dovranno (o potranno) continuare a sostenere i redditi di chi non lavora più o la liquidità di imprese che sarebbero state sane, se non fossero rimaste senza ordini.

Questi non sono tempi normali. Sono tempi nei quali pensare secondo la normalità di ieri sarebbe, quello sì, abnorme: la realtà è che gran parte d’Europa, Italia inclusa, dipende e continuerà a dipendere per un tempo oggi impossibile da misurare dalla Banca centrale europea. Solo dalla fine di febbraio fino a fine luglio la Bce, tramite Banca d’Italia, ha comprato 95,7 miliardi di euro di debito pubblico italiano. In sostanza, l’istituzione che emette l’euro ha finanziato l’intero sforzo di spesa discrezionale del governo per reagire alla pandemia.

È anche per questo che al governo italiano non si chiede di stringere la cinghia adesso. Non deve risanare i conti. Ha il compito però di dare da subito la massima credibilità per il momento possibile al cammino che ha in mente fino al 2023, alla fine della legislatura. A questo la Nota di aggiornamento approvata ieri cerca di rispondere, mettendo in programma —ameno di ricadute gravi del Covid — un calo abbastanza rapido del debito dal 158% del prodotto di adesso al 151,5% del 2023.

Già ma come? L’intera traiettoria calante prevista per il debito si basa sull’aspettativa di una crescita reale e nominale (cioè con l’aggiunta dell’inflazione, in realtà per ora sottozero) che dovrebbe diventare fortissima non solo nel 2021 ma anche negli anni seguenti. Ecco le previsioni ufficiali di crescita «programmata», quella che si dovrebbe raggiungere grazie alle misure del governo: più 6% nel 2021, più 3,8% nel 2022, più 2,5% nel 2023. Ma è lo scenario più probabile? È legittimo nutrire dei dubbi”.

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