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Ettore Prandini (presidente Coldiretti): «”Mucca pazza” fu spartiacque per nuovo modello di agroalimentare. Da quel momento il settore è diventato prima ricchezza del Paese»

Un’emergenza che fu di insegnamento. L’Italia già in passato prese come monito un’altra emergenza sanitaria: quella legata alla mucca pazza. In quel caso, dopo l’emergenza, il Paese è diventato il più green d’Europa nell’agroalimentare, che è oggi la prima ricchezza del Paese, con 538 miliardi di valore dai campi agli scaffali, fino alla ristorazione che garantisce 3,6 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil. Così Coldiretti ha voluto ricordare i dati del settore agroalimentare e i passi in avanti fatti dal Paese, ricordando quel 12 gennaio 2001, giorno in cui è stato individuato, nella provincia di Brescia, il primo bovino in Italia colpito dal cosiddetto morbo della mucca pazza, l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse), diagnosticata per la prima volta in un allevamento in Gran Bretagna nel 1985 e poi diffusa in tutta Europa.

Da quell’epidemia, l’ultima nella memoria degli italiani prima del Covid, nacque un’Italia migliore, grazie soprattutto alla scelta di investire su un progetto strutturale di rigenerazione, che ha consentito al Paese di conquistare primati europei dal punto di vista quantitativo e qualitativo. L’agricoltura italiana, infatti, a distanza di 20 anni è prima in Europa per valore aggiunto, ma soprattutto è anche la più green. Lo è grazie alle 311 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, ai 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, alla leadership nel biologico con oltre 70 mila aziende agricole bio. Senza considerare il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari. Queste realtà non si sono fermate nemmeno con il Covid, non facendo mai mancare beni essenziali nonostante le molteplici criticità.

A proposito il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini ha sottolineato l’importanza di questo settore, punto di forza da cui ripartire. «Bisogna dunque ripartire dai nostri punti di forza dell’Italia con l’agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte la crisi e può offrire con la rivoluzione verde un milione di preziosi posti di lavoro green nei prossimi dieci anni, come dimostra il boom del 14% di nascite di nuove imprese agricole under 35 negli ultimi 5 anni, in netta controtendenza rispetto agli altri settori».

Ai tempi, dopo la scoperta del primo caso di “mucca pazza”, l’Italia ha adottato drastiche misure di prevenzione che hanno portato da oltre un decennio alla scomparsa della Encefalopatia spongiforme bovina (Bse) dalle stalle nazionali, grazie proprio a quelle misure adottate per far fronte all’emergenza. Come, ad esempio, il monitoraggio di tutti gli animali macellati di età a rischio, il divieto dell’uso delle farine animali nell’alimentazione del bestiame e l’eliminazione degli organi a rischio Bse dalla catena alimentare. Ma soprattutto l’attenzione, sempre maggiore, alla qualità, alla sicurezza alimentare e alla trasparenza dell’informazione.

Un cambiamento che è avvenuto di pari passo con la crescente domanda degli italiani, che nel corso degli ultimi 20 anni hanno aumentato gli acquisti di prodotti tipici, di prodotti biologici e soprattutto di prodotti locali a chilometri zero direttamente dagli agricoltori. Difatti, l’Italia è l’unico Paese del mondo che può contare una rete organizzata di vendita diretta degli agricoltori con Campagna Amica, capace di mettere a disposizione delle famiglie circa 1.200 mercati contadini a livello nazionale, sia all’aperto che al chiuso. Espressione della qualità e della freschezza, con una varietà di prodotti che vanno dalla frutta alla verdura di stagione, dal pesce alla carne, dall’olio al vino, dal pane alla pizza, dai formaggi fino ai fiori. Prodotti che prima dell’emergenza pandemica, per una spesa annua ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro.

«La mucca pazza è stata uno spartiacque tra un modello di sviluppo dell’agroalimentare rivolto solo al contenimento dei costi ed uno attento alla qualità, all’ambiente e alla sicurezza alimentare e alla trasparenza dell’informazione ai consumatori», ha concluso il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

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