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[L’intervento] Stefano Laporta (Presidente Ispra): «L’era Biden e climate changes: nuovi scenari per l’Italia, l’Europa e il mondo»

Il ritorno degli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi in un momento così delicato, attraversato da una crisi pandemica che non accenna a finire e che purtroppo non terminerà a breve, dunque in un quadro complicato e sfidante al tempo stesso, costituisce sicuramente un grande passo in avanti.  Innanzitutto, occorre considerare come gli Stati Uniti siano uno dei principali emettitori mondiali di gas serra, quindi il loro maggiore coinvolgimento dà ancora più senso agli sforzi che l’Italia e l’UE si stanno preparando ad affrontare. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi dell’accordo è infatti necessario che tutti i Paesi siano coinvolti, ma soprattutto quelli più sviluppati.

Questo implica la necessità di coinvolgere attivamente i cittadini in questa trasformazione profonda degli stili di vita e dei meccanismi di produzione e consumo. Costituire un fronte comune fra tutti i Paesi più avanzati potrà favorire sia una maggiore accettabilità sociale, sia la nascita di un quadro chiaro ed uniforme per tutti gli operatori economici che agiscono su scala globale.

Gli Stati Uniti, inoltre, hanno un peso enorme sulla ricerca e l’innovazione tecnologica. Un impegno crescente in questi ambiti non può che avere un impatto positivo già nel breve periodo, vista la grande capacità di mobilizzazione di investimenti. Nuove tecnologie per la mobilità privata, per le batterie, per la produzione di elettricità e idrogeno da fonti rinnovabili, ma anche per la cattura e l’utilizzo della CO2 saranno sempre più necessarie negli anni a venire e la partecipazione attiva degli Stati Uniti a questi processi potrà fornire un apporto determinante al raggiungimento degli obiettivi globali di contrasto ai cambiamenti climatici.

Vista la portata della sfida, è necessario agire su tutti i settori e diversificare il ventaglio delle tecnologie, ma semplificando molto si possono individuare alcuni punti chiave: tecnologie per la produzione, la trasformazione, la trasmissione e lo stoccaggio di energia rinnovabile. In questo ambito, seppure molto sia già stato fatto, sarà essenziale avere tecnologie sempre più efficienti e sicure, poiché i temi della sicurezza e della povertà energetica saranno centrali negli anni a venire, in un quadro di distribuzione globale delle risorse molto diverso da quello attuale. Dovremo saper produrre più energia consumando meno risorse

Il nostro Paese si muove nell’ambito degli obiettivi e della  posizione dell’UE, ribadita con forza nel New Green Deal e dalla Presidente Van der Layen, di accrescere il livello di ambizione degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra. L’obiettivo di ridurle del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 è necessario se si vuole raggiungere un livello di emissioni nette nulle entro il 2050, cosa che l’Italia si è impegnata a fare.

Per “centrare” questi obiettivi è necessario da subito tracciare un percorso che includa sia una fortissima innovazione tecnologica, sia dei cambiamenti importanti negli stili di vita e nelle modalità di produzione e consumo. Per l’Italia sarà necessario investire molto nella produzione di energia da fonti rinnovabili, ma anche nelle tecnologie di distribuzione e stoccaggio dell’energia. Avere a disposizione tecnologie sempre più efficienti ed affidabili è fondamentale per garantire ai cittadini ed alle imprese la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e costi sostenibili.

La centralità di questi temi per l’Italia è resa evidente dal peso che hanno nella bozza di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che assegna circa 100 miliardi di Euro alla transizione ecologica (70 miliardi) e alla mobilità sostenibile (30 miliardi), poco meno del 50% del totale delle risorse previste per l’Italia dal New Generation EU. Tali risorse saranno necessarie per mettere in pratica quanto già stabilito dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC) che, sebbene predisposto oltre un anno fa – e quindi prima della pandemia e prima della definizione dei nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni del 55% – già individua una serie di interventi e di linee d’azione per i prossimi 10 anni che ora dovranno essere ulteriormente rafforzati.

Non è ancora del tutto chiaro quali saranno le ricadute in termini economici della pandemia negli anni a venire, l’Italia dovrà fare uno sforzo non indifferente anche per rivedere i piani e le strategie settoriali, ma è certo che quanto previsto dal PNIEC e dal PNRR costituisce la base su cui ricostruire le politiche di sviluppo del Paese affinché siano garantiti al tempo stesso la ripresa economica e la neutralità climatica.

Dovremo sicuramente aspettarci e favorire la crescita del fotovoltaico, dando la priorità alle aree già utilizzate o degradate (aree commerciali, distretti industriali, grandi infrastrutture, edifici pubblici e privati, siti industriali abbandonati, discariche ecc.)  – ciò anche per evitare il consumo del suolo – e dell’eolico anche attraverso la creazione di parchi off-shore, garantendo il rispetto e la tutela di tutte le componenti ambientali.

Ciò costituirà il cardine attorno al quale costruire tutta la strategia di decarbonizzazione della società. La produzione di grandi quantità di energia elettrica rinnovabile è fondamentale per intervenire su tutti i settori emissivi. Solo con queste premesse, ad esempio, sarà sensato spingere sull’elettrificazione dei trasporti, senza la quale al momento non sembra possibile immaginare una effettiva decarbonizzazione di questo settore, il cui peso in termini emissivi, se non si interviene tempestivamente, è destinato a crescere nei prossimi anni.

Anche i settori dell’agricoltura e delle foreste sono chiamati a giocare un ruolo di primo piano: è infatti necessario introdurre pratiche agricole più sostenibili, che possano ridurre le emissioni prodotte dalle coltivazioni e dagli allevamenti, ma anche aumentare la capacità di sequestro di carbonio all’interno dei suoli. L’agricoltura ha un ruolo importante anche nella produzione di bio-metano e nel fornire alcuni degli elementi necessari alla produzione di biocarburanti avanzati e di e-fuels. In questo senso, potranno diventare molto importanti le filiere che unisco questo settore con quello industriale anche in un ottica di circolarità dell’economia. Le foreste, dal canto loro, fondamentali per la cattura del carbonio, dovranno essere oggetto di tutela crescente per garantirne la gestione sostenibile, poiché possono costituire anche la fonte di biomassa destinata a sostituire, almeno in parte, materiali non rinnovabili.

La cosiddetta “era Biden” e l’ingresso degli Stati Uniti nella sfida ai cambiamenti climatici, è fonte di incoraggiamento per l’Europa e per il mondo intero, al netto degli equilibri geopolitici che si andranno a determinare anche nei rapporti con Cina e Russia. Il dialogo nuovamente intrapreso con i Paesi organizzatori della Cop 26 rappresenta infatti una svolta decisiva anche nei confronti di quelli meno orientati a combattere questa battaglia che non possiamo vincere da soli.

Su tutti questi temi il contributo degli Stati Uniti è stato importante e potrà essere determinante nei prossimi anni.

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