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Crollano nel 2022 i rendimenti dei fondi pensione | L’analisi

Nel 2022, come conseguenza del calo dei mercati finanziari, sono scesi i rendimenti dei fondi pensione e sono diminuite le risorse accumulate da queste forme pensionistiche. È invece cresciuta la rivalutazione del Tfr, con quest’ultimo strumento che a fronte della crescita dei prezzi ha recuperato lo svantaggio cumulato negli ultimi dieci anni rispetto ai versamenti nella previdenza complementare. Alla fine dell’anno, secondo la Relazione presentata dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione, le risorse, a causa dell’andamento negativo dei mercati finanziari, i attestano a 205,6 miliardi di euro, in calo del 3,6% rispetto all’anno precedente.

In media nel 2022 il rendimento è stato negativo per il 9,8% per i fondi negoziali per il 10,7% per i fondi aperti e dell’11,5% e per i nuovi Pip (i piani individuali pensionistici). Nello stesso periodo il Tfr si è invece rivalutato dell’8,3%, un valore comunque inferiore all’aumento dei prezzi (11,3%). Se si considerano gli ultimi dieci anni però, periodo più adatto per valutare la performance del risparmio previdenziale, il rendimento netto medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato positivo e pari al 2,2%, quello dei fondi aperti del 2,5% e quello dei Pip del 2,9%.

Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr media annua è stata pari al 2,4% mentre l’inflazione è stata in media dell’1,7% annuo. Se si considera un periodo ancora più lungo e si guarda agli ultimi 20 anni i fondi negoziali registrano un +2,9% netto annuo e i fondi aperti un +2,7% netto annuo in media mentre il Tfr registra una rivalutazione media annua del 2,5% a fronte di un’inflazione media annua dell’1,9%.

Gli iscritti alle forme di previdenza complementare restano però una minoranza dei lavoratori e sono nella maggioranza dei casi uomini, nelle età intermedie e residenti al Nord. A fine 2022, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è di 9,2 milioni, in crescita del 5,4% rispetto all’anno precedente, per un tasso di copertura del 36,2% sul totale delle forze di lavoro. Coloro che hanno versato contributi nell’anno sono stati 6,6 milioni pari al 26,3% della forza lavoro. Le posizioni in essere (gli iscritti possono avere più posizioni in vari fondi) sono quasi 10,3 milioni con un aumento del 5,8%.

I contributi versati nel 2022 ammontano a 18.237 milioni con un aumento del 3,6%. I fondi negoziali contano 3,7 milioni di iscritti, quasi 1,8 milioni sono gli iscritti ai fondi aperti e 3,5 milioni ai nuovi Pip. Circa 650.000 sono gli iscritti ai fondi preesistenti. Gli uomini sono il 61,8% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali).

Si conferma anche un gap generazionale: la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 48,9% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 32,3% ha almeno 55 anni e solo il 18,8% è sotto i 35 anni. La maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57,1%). «Proprio le figure meno forti, per le quali sarebbe più pressante la necessità di un futuro previdenziale più solido» sottolinea la Covip «fanno più fatica a entrare nel mondo della previdenza complementare». 

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