Riportiamo di seguito l’intervento che il Presidente degli Aeroporti di Roma, Claudio De Vincenti, ha rilasciato in esclusiva all’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia in occasione del webinar online dal titolo “La mobilità del futuro”. L’evento, moderato dal giornalista Luca Telese, ha visto tra gli ospiti anche Massimo Simonini (AD Anas) e Anna Masutti (Presidente RFI).
La situazione attuale del Trasporto Aereo
Sicuramente il trasporto aereo è uno dei settori che più ha risentito delle conseguenze della pandemia, perché di fatto si è fermato. Secondo le stime internazionali si ritiene che il traffico areo e il numero dei passeggeri mobilitati dal trasporto aereo torneranno ai numeri del 2019 non prima del 2024. Questa diventa quindi una fase in cui ragionare bene sulle cose che vanno fatte.
E’ anche probabile che in tutto il settore dei trasporti, grazie ai vaccini e alle azioni di contenimento dell’emergenza sanitaria, è probabile che assisteremo a una ripresa abbastanza consistente dei movimenti e della mobilità, a seguito delle riaperture a livello europeo. Qualche segnale comincia ad esserci, anche se è un po’ presto. Noi ci siamo attrezzati in modo da gestire il trasporto aereo con grande sicurezza. Potrà essere un rimbalzo abbastanza significativo, ma non tale da riportarci ai livelli del 2019, quindi bisogna prevedere per dopo un percorso graduale che avrà ritmi più lenti e andrà seguita con grande attenzione.
Cosa possiamo fare? Alcune cose le abbiamo già fatte, un po’ tutti gli aeroporti italiani si sono attrezzati per gestire in sicurezza l’ingresso dei passeggeri in aeroporto, l’uso dell’aereo, l’arrivo in aeroporto e così via. Le misure di sicurezza sono state molto attente, i percorsi che si sono creati e le attrezzature per gestire in sicurezza questa fase hanno funzionato. Abbiamo aggiunto a questo per quanto riguarda in particolare gli Stati Uniti, e ora la nuova circolare del Ministero della Salute consente di estenderla anche al Canada e al Giappone, i voli cosiddetti Covid-tested, ossia dei voli in cui si fa il tampone prima di partire, se ne fa un altro all’arrivo all’aeroporto e questa pratica sta dando dei risultati ottimi, in questo tipo di voli non ci sono casi significativi, meno di 1 per volo.
I controlli stringenti fatti prima e dopo il volo hanno scoraggiato ex ante il viaggio di persone che potessero essere contagiose, il risultato è che chi vola con questi voli ha una probabilità bassissima di contrarre il virus. Sicurezza in aeroporto, sicurezza in volo, ora con l’apertura dei voli intra-schengen sempre con grande cautela e attenzione alla prevenzione sanitaria, siamo in grado di gestire bene questa fase di ripartenza. Poi c’è altro da fare, al di là della stessa pandemia.
La sostenibilità nel trasporto aereo
In particolare c’è molto da fare sul versante della sostenibilità. Qui il sistema aeroportuale italiano è impegnato su una strada di investimenti, di sviluppo importante nell’abbattere le emissioni e l’inquinamento degli aeroporti. Per esempio noi come Aeroporti di Roma ci siamo dati un obiettivo vincolante di abbattimento a zero emissioni di CO2 entro il 2030, quindi con 20 anni anticipo rispetto alla road map della decarbonizzazione europea. Ed è un obiettivo vincolante perché abbiamo emesso titoli il cui rendimento a questi obiettivi, il che significa che se non li raggiungiamo quei titoli costano molto di più in termini di interesse.
Siamo il primo aeroporto che fa questo, il primo in Europa, terzo nel mondo, mi auguro che anche gli altri aeroporti italiani seguano questa direzione.
Poi c’è tutto il tema più ampio della riduzione delle emissioni del trasporto aereo in quanto tale, dal lato delle compagnie aeree. Anche qui noi come sistema aeroportuale possiamo dare un contributo importante sviluppando l’approvigionamento di carburanti che abbiano un contenuto verde sempre più elevato e una riduzione di apporto di fonti fossili, ovviamente in prospettiva.
Infine, stiamo lavorando sul miglioramento dei collegamenti tra le città e gli aeroporti che è un tema molto importante e si collega con RFI con cui abbiamo un dialogo aperto, perché dobbiamo migliorare il trasporto su ferro che collega gli aeroporti e le città, per spostare il traffico da gomma a ferro. Inoltre bisogna installare negli aeroporti le colonnine di ricarica elettrica e forniture di carburanti a minor impatto ambientale, in modo da spostare anche il trasporto su gomma sempre di più verso la sostenibilità.
Il tema è come riapriamo fino in fondo il trasporto in generale, il sistema dei trasporti, in modo che questa riapertura punti in maniera decisa verso la sostenibilità. Sarà decisiva in questa direzione l’intermodalità, ossia il pensare il sistema dei trasporti italiano ed europeo come un sistema integrato in cui ferro, gomma, aereo e trasporto marittimo possano avere un disegno unitario, che aiuti non solo a sviluppare la mobilità delle persone (che è un elemento chiavo delle relazioni umani) ma che lo faccia con una sempre più spinta delle emissioni.
Il Recovery Plan e la Struttura di Governance
Con riferimento al Recovery Plan, è sicuramente una grande occasione per l’Italia e per l’Europa, è la prima volta che l’Unione Europea si pone come soggetto di spinta della crescita, e questa è una cosa importantissima. Il nostro Paese è chiamato a giocare un ruolo molto importante, perché avendo alle spalle più di 20 anni di bassa crescita, di stagnazione, e quindi essendo da questo punto di vista un paese che ha faticato rispetto ad altri paese europei, rimettere in piedi, ricostruire delle basi strutturali della crescita italiana è una grande sfida per noi, ma è anche una grande sfida per l’Europa. E’ un passaggio chiave.
Non dobbiamo però pensare solo al Recovery Plan. Ci sono da mettere a sistema, oltre ai fondi del Recovery, i fondi nazionali, i fondi di coesione europa, una batteria di strumenti per mettere le basi della ricrescita italiana.
Il Piano di Ripresa e Resilienza che il governo Draghi ha presentato lo trovo irrobustito rispetto al piano precedente, perché meglio focalizzato sui fattori chiave di innesto della crescita. Da questo punto di vista c’è stato un passo avanti, forse ancora c’è da lavorare, soprattutto adesso che si è aperta questa interlocuzione con la commissione europea nel merito degli interventi da attuare. L’occasione è importante, perché permette di mettere meglio a fuoco i progetti e quindi rafforzare ulteriormente questa capacità di impatto degli interventi sulle basi strutturali della crescita.
Il secondo passaggio fondamentale nel Recovery presentato dal Governo Draghi è che vengono indicate delle riforme che sono quelle fondamentali, Pubblica Amministrazione, Giustizia, fisco. Bisognerà vedere come verranno attuate ed è un po’ presto per dirlo, però mi ha colpito in senso positivo il fatto che a questi tre capitoli il Piano del Governo dedica attenzione vera, significativa. Come pure al grande tema trasversale di recuperare il ritardo del Mezzogiorno, quindi il tema della coesione territoriale.
I primi passi ci sono, c’è tanto da fare e il tema della attuazione sarà il tema fondamentale su cui vinceremo o perderemo questa occasione. Questo è forse il punto su cui ho qualche preoccupazione: la governance dell’attuazione del piano. Su questo ancora vedo un po’ di timidezza, in parte con riferimento al rapporto Stato-Regioni, ma più in generale c’è il tema del governo multi-livello.
E’ giusto che siano più livelli, ma dipende da come li strutturi. E’ giusto che il MEF monitori l’andamento del piano, ma ho paura che tutto questo non basti. Bisogna riuscire a definire una catena di comando efficace ed efficiente dove il ruolo del Governo centrale, e in primis il ruolo della Presidenza del Consiglio, deve essere un ruolo decisivo, centrale, non di sostituzione ad altri livelli di amministrazione o di Governo, ma di capacità di incalzare gli altri livelli, supportarli, aiutarli, ma interagendo in maniera forte, in cui le risorse arrivano nel momento in cui ci sono i progetti e gli interventi da fare, non arrivano a prescindere.
Qui ci vuole una capacità del Governo centrale nei confronti di un sistema che ormai da parecchio tempo ha perso coesione istituzionale. c’è un problema con le Regioni, c’è un problema anche con altri tipi di amministrazioni, non sempre i Ministeri vanno nella direzione giusta. C’è appunto un problema di catena di comando, nel senso che deve esserci un modo chiaro e univoco di trasmettere le cose da fare, la voglia di farle e di vincolare a farle. Questo nel nostro Paese non è scontato. Il Governo sta lavorando a definire la struttura di Governance e mi auguro che su questo si facciano dei passi avanti significativi.
Il Recovery e il Mezzogiorno
Per l’Italia quella del Recovery è una grande occasione anche per il Mezzogiorno. Combinando insieme le risorse del Recovery con gli altri fondi di coesione europei e nazionali, credo che le risorse per il Mezzogiorno non siano mai state così numerose. Ma non basta che ci siano le risorse, questo è quello che la storia del passato ci insegna. Abbiamo bisogno che quelle risorse vengano utilizzate per dare spazio alle energie positive del Sud, in modo che facciano rete, in modo che prevalgano.
Ce ne sono tante, purtroppo nella vulgata corrente il Sud viene visto come un luogo dove non si riesce ad investire e a crescere. Non è così, io conosco imprenditori, lavoratori, giovani, associazioni straordinari, ci sono potenzialità straordinari. Molte imprese del Sud competono a livello internazionale pur trovandosi in un contesto più difficile delle imprese del centro-nord, per esempio dal punto di vista infrastrutturale, e questo significa che quegli imprenditori e quei lavoratori sono veramente bravi.
Dobbiamo fare in modo che emergano queste forze positive e che vengano emarginati quegli interessi costituiti che hanno un po’ frenato in questi decenni la crescita del Sud.
Tutto questo significa che è necessario che ci sia quella coesione forte tra Governo centrale e istituzioni locali di cui parlavo prima, abbiamo bisogno che ci siano progetti su cui mettere le risorse, non si mettono le risorse senza progetti. Questo è un punto chiave, è un punto che riguarda tutti i livelli istituzionali, riguarda i ministeri, le Regioni e i comuni. Tutti devono muoversi in questa direzione.
Il problema non è la quota destinata al Sud, il problema è produrre i progetti per poter usare le risorse ed è una precisa responsabilità delle istituzioni pubbliche.
Il sostegno alle imprese e il superamento della cultura del sospetto
Il secondo passaggio è finanziare e sostenere quelle iniziative della società civile, delle imprese, del mondo dell’associazionismo, ma prima di tutto delle imprese che si muovono stando sulla frontiera della competitività internazionale. Oggi le filiere che legano le imprese del nord con le imprese del Sud sono importantissime, dobbiamo dare spazio alle imprese del Sud perché questo fa crescere anche le imprese del Nord. Oggi ci sono le energie per fare questo, ma ci vuole un uso rigoroso delle risorse. Il Sud ha bisogno dei progetti, e ha bisogno che questi soldi vadano ai progetti e alle imprese che sanno usarli per crescere.
Gli strumenti di politica economica li abbiamo costruiti in questi anni, anche nella passata legislatura, e nel PNRR del Governo ho trovato la voglia di riattivare quel tipo di strumenti, che sono strumenti che prima di tutto sollecitano le istituzioni a fare progetti e si rivolgono direttamente, senza intermediazioni di nessun tipo, alle forze produttive del Mezzogiorno d’Italia.
Il fattore tempo è un punto chiave per raggiungere questi scopi, e non sempre la Pubblica Amministrazione coglie a pieno quanto il fattore tempo conti. Inoltre le istituzioni devono avere la consapevolezza e la voglia di intraprendere un rapporto costruttivo con il mondo delle imprese. Purtroppo negli anni nel nostro Paese, che ha tanti capacità imprenditoriali diffuse, è andata crescendo una cultura del sospetto che poi contribuisce a frenare le amministrazioni stesse, la loro capacità per esempio di rispettare i tempi.
Non bisogna assolutamente abbassare la guardia contro i fenomeni corruttivi o contro comportamenti lesivi dell’ambiente, tutt’altro, bisogna volere proprio il contrario, più le procedure sono semplici, trasparenti, con una chiara attribuzione delle responsabilità, meno abusi ci sono. Le procedure diventano semplici se si esce dalla cultura del sospetto, perché si sono rese molto complicate anche per questo, c’è un apriori di sfiducia nel modo in cui le imprese lavorano. Il governo deve sollecitare le capacità delle imprese, non ostacolarle.