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Per la campagna dei vaccini, occorre compiere scelte eque, eticamente fondate e motivate in modo trasparente

Si è aperta in modo scomposto la discussione su chi vaccinare per primo, accompagnandosi a vergognosi attacchi al signore ultracentenario che si vaccina e alle denunce di vaccinazioni fatte ad amici e parenti.

Il fatto che ci sia una forte richiesta del vaccino è un fatto positivo. Però, anche se in questo momento la campagna vaccinale procede bene, vaccinare 50 milioni di persone richiede tempo e risorse, quindi siamo costretti a decidere un ordine di priorità. Occorre compiere scelte eque, eticamente fondate e trasparentemente motivate. Si rende dunque necessario che il Governo individui con più precisione le priorità e ne spieghi le ragioni o sarà preda delle pressioni di categoria, tutte motivate. È auspicabile che sia il Parlamento o almeno il Governo a decidere, non un Commissario e non ogni Regione, peraltro ognuna a modo suo.

Una prima decisione è già stata presa: il piano strategico vaccinale pubblicato in dicembre 2020 sul sito della Presidenza del Consiglio prevede, nella prima fase, la vaccinazione degli operatori sanitari e sociosanitari, nonché degli over 80, in prima luogo quelli ricoverati nelle RSA. Si tratta di una scelta condivisibile.

Si vaccinano i soldati chiamati a combattere, le persone che, pagando un alto prezzo di vite umane, in questi mesi hanno curato e accudito e senza le quali semplicemente la battaglia contro il virus non può essere combattuta. Insieme a loro si vaccina chi rischia la vita, la fascia d’età che è a maggior rischio di morte (l’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni), prima chi vive in comunità, poi chi vive in casa. La prima fase comporta, così, una platea potenziale di 6,4 milioni di persone. Come si può capire, se tutto va bene saremo già a fine marzo.

Gli stessi criteri ci dicono che si deve procedere a vaccinare le persone con meno di 80 anni, ma con disabilità o malattie croniche, purché la loro patologia ne permetta la vaccinazione. La vaccinazione dei grandi anziani e delle persone fragili avrebbe l’indubbia conseguenza positiva di ridurre non solo i decessi, ma anche i ricoveri, alleggerendo quindi la pressione sugli ospedali. Mettere al primo posto il valore della vita e la solidarietà con i più deboli è una scelta etica e, nel contempo, una scelta utile per il sistema sanitario.

È necessario poi individuare le categorie più a rischio di contagio personale per il tipo di lavoro (rischio diretto) e sono tutti coloro che, per lavoro, sono a contatto obbligato e frequente con il pubblico. Il piano nazionale indica i lavoratori dei servizi essenziali e gli insegnanti e li prevede nella terza fase, insieme agli over 60. Vorrei che la platea fosse individuata meglio elencando i servizi essenziali pubblici e privati, chiarendo che si vaccina chi corre dei rischi e non chi, pur lavorando in quel settore, è in smart working, considerando poi chi rischia molto anche se non ricompreso nei servizi pubblici, cassiere e trasportatori per esempio.

Non sappiamo, e al momento non è possibile sapere, se il vaccinato può essere o meno contagioso. Questo rende poco utile la vaccinazione dei giovani. È un elemento da tenere presente nella discussione sull’apertura delle scuole.

Se riteniamo che la riapertura delle scuole a garanzia del diritto all’istruzione sia un obiettivo, che il servizio scolastico sia il servizio più “essenziale” (e personalmente lo penso), allora bisogna anticipare la vaccinazione degli insegnanti delle scuole superiori e degli alunni over 16 alla fase due, a condizione che sia chiaro che tale scelta non risolve il problema della diffusione del contagio e che, quindi, devono essere mantenute tutte le precauzioni e che è necessario che insegnanti e studenti si vaccinino tutti, se no la scuola non potrà aprire. E bisogna spiegare, parlare, convincere e motivare ogni scelta, concordemente perché il vaccino non sia anche esso motivo di divisione o, peggio ancora, motivo di lotta politica.

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