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Caiazza: «La ripresa stenta. Tribunali come granducati»

“Sono una monade che decide e fa  quello che crede”, dei “granducati in cui ognuno fissa i criteri  del proprio funzionamento” malgrado “una dichiarazione formale del ministro di ripresa delle attività anticipata al 30 giugno”.  E così la ripresa del comparto stenta. Il presidente delle Camere Penali d’Italia Gian Domenico Caiazza (nella foto), ha definito in questi termini la  situazione della macchina giudiziaria in Italia, durante un incontro all’Hotel Britannique di Napoli (trasmesso anche in diretta Fb) al quale hanno preso parte tutti i presidenti delle  camere penali del distretto di Corte d’Appello di Napoli, ospiti  del presidente della Camera Penale partenopea Ermanno Carnevale. 

Nel corso dell’intervento conclusivo, preceduto da quello  “piccato” di quasi tutti i rappresentanti delle Camere Penali  presenti, Caiazza ha ricordato il senso di responsabilità manifestato dagli avvocati i quali “hanno avanzato proposte per  la ripresa, in fase covid e post covid, che rappresentano dei passi in avanti coraggiosi”.

Proposte rimaste inascoltate,  però, ha detto ancora, nonostante lo stato di evidente “paralisi  della giustizia” paragonato al più importante servizio pubblico  dopo quello sanitario, “sul quale si stanno accumulando altre rovine”.  L’impressione del presidente delle Camera Penali italiane, in sostanza, è che “non sia stato condiviso il  senso di allarme degli avvocati per la paralisi della  giurisdizione” subordinato all’atteggiamento dei presidenti dei Tribunali che, “è evidente, sono terrorizzati, nella loro veste  di datori di lavoro, delle possibili iniziative che potrebbe  intraprendere un dipendente vittima di contagio”.  

Inoltre, ha detto ancora Caiazza, “in questa assurdità c’è una  costante: quella di considerare gli avvocati come degli ospiti  fastidiosi, petulanti, come se andassimo a casa del cancelliere  o del dirigente o del presidente del Tribunale all’ora di pranzo.  Come bene è stato ricordato da tutti, con la consueta  efficacia”, nei palazzi di giustizia  “noi siamo a casa nostra, non dobbiamo chiedere il permesso di  entrare e sicuramente questo permesso non lo possiamo ricevere  dal dirigente della cancelleria”. 

A chi li ha accusati di voler accelerare il rientro in tribunale unicamente perché preoccupati per le loro parcelle, Caiazza ha risposto in maniera piccata, per poi addolcire i toni:  “Interloquiamo con chi può stare anche tre anni senza tornare a  lavorare senza avere alcuna ricaduta sulla vita economica e  familiare. Ma il tribunale non è un percellificio, ma un luogo  dove si fanno i processi”. 

Il confronto con i sindacati del pubblico comparto va  affrontato, ha poi aggiunto il presidente delle Camere Penali  d’Italia, “i dipendenti del comparto avranno l’avvocatura e le sue espressioni politiche al fianco nella richiesta di dotazione  nei tribunali degli strumenti di tutela della salute personale”. “Ma non possiamo accettare chi dice: ‘non rispettate la  nostra salute’ perché se un cancelliere o un segretario non si infetta se va dal parrucchiere, se va in palestra, se va a  prendere l’aperitivo o al ristorante”, allora “non rischia di  infettarsi neppure se un avvocato gli chiede di poter ritirare  la copia di un fascicolo”.  

L’intervento di Caiazza si è poi concluso con la consegna di un documento da parte sottoscritto dalle Camere Penali del  distretto e l’assicurazione, da parte del presidente, che il rientro degli avvocati a settembre, scevro da condizionamenti e in piena “è un tema di assoluto rilievo nazionale, sul quale noi  intendiamo sviluppare e svolgere con tutta la forza possibile la nostra iniziativa politica affinché sia una ripresa senza  equivoci, ambiguità e sacche di privilegio”.

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